Profumo di mare: Terra, mare, natura, cambiamento climatico, biodiversità, transizione ecologica

  1. Puglia,Sicilia e Calabria: tre regioni ad alto rischio di sfruttamento energetico.

    By Filippo Foti il 26 July 2011
     
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    I mari italiani del Sud: un fronte comune per la loro difesa.



    di Guido Picchetti

    "Due immagini, un fronte comune… Certo è l’ultima spiaggia per i mari italiani del sud, l’ultima speranza che un impegno comune delle tre regioni italiane più minacciate da quanto sta accadendo in questi ultimi tempi nelle acque meridionali dello Stivale, valga a garantirne l’integrità ambientale marina davanti alle loro coste, per salvare quel turismo su cui tali regioni prevalentemente fondano, o meglio dovrebbero e vorrebbero fondare i propri interessi economici, e che invece vedono tali possibilità sempre più messe a rischio da iniziative industriali e pseudo industriali tutt’altro che vantaggiose, anche in prospettiva.
    Le tre regioni sono Puglie, Sicilia e Calabria. Tre regioni nelle cui acque territoriali si stanno addensando con ritmo esponenziale iniziative di sfruttamento energetico che, se apparentemente giustificate da una necessità di crescita e sviluppo dell’intero Paese, nell’attuale realtà in cui vengono realizzate, senza le opportune garanzie di VIA e di sicurezza necessarie, non offrono che ritorni economici minimi per le popolazioni locali, tali cioè da non giustificare minimamente i rischi ad esse legati…



    Per tale ragione offriamo ai lettori il contributo di queste due immagini. In questa in alto vediamo chiaramente indicata la vecchia linea di base che, unendo S. Maria di Leuca alla Calabria (a norma dell’art. 1 del D.P.R. del 26 aprile 1977, n. 816), ha fino ad ieri delimitato le acque del Golfo di Taranto, considerandole come acque interne italiane.
    Tale linea di base, secondo quanto prevede l’art. 3 comma 1 dell’allegato al decreto legislativo, già firmato dal Presidente Napolitano e prossimo in pubblicazione in G.U., (come comunica Greenpeace) da oggi a quanto pare perderà ogni valore ai fini delle prospezioni petrolifere nell’area marina interessata, stabilendo come unico vincolo quello fissato dal Decreto Prestigiacomo del Giugno scorso, che vieta attività off-shore di ricerca e sfruttamento di prodotti petroliferi unicamente entro le cinque miglia dalla costa.
    È una decisione, precisa ancora Greenpeace, che avverrebbe in accoglimento del rilievo espresso dalla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati (lett. g), e condiviso dalla Commissione Giustizia. Ciò in quanto la linea di base del precedente tracciato sarebbe un atto illegittimo che viola la “Legge del Mare” o Montego Bay Convention (o UNCLOS) !!! E allora una domanda sorge spontanea: ma i nostri onorevoli deputati che hanno evidenziato l’illegittimità di tale atto sono italiani o “amici del giaguaro” ???



    In quest'altra vediamo invece un estratto della mappa ufficiale dell’UNEP-MAP che evidenzia alcune 12 nuove SPA (Specialty Areas Protected) che un Convegno dell’UNEP-MAP svoltosi ad istambul nel Giugno dello scorso anno ha individuato nel Mediterraneo. Alcune di esse qui indicate sono aree che interessano direttamente tre nostre regioni meridionali: la Sicilia, la Calabria e le Puglie.
    Le aree n° 5 e n° 6 comprendono tutto lo Stretto di Sicilia (versanti nord e sud del Canale). L’area n° 8 comprende parte dello Ionio e l’intera area del Golfo di Taranto. Mentre l’area n° 9 interessa l’area marina antistante le coste occidentali della Grecia, anch’essa da non ignorare dopo le decisioni assunte di recente dal governo greco in fatto di concessioni petrolifere.
    Cosa dire di più? Le immagini parlano da sole. Il Movement Plan Action (MAP) dell’UNEP (United Nations Environment Program), è in altre parole il “Programma per la Protezione Ambientale del Mediterraneo delle Nazioni Unite”. E le aree marine individuate nel Mediterraneo dagli studiosi partecipanti al meeting di Istambul sono quelle che è necessario “proteggere” per la salvaguardia dell’intero bacino mediterraneo, gravemente minacciato da diversi fattori, che vanno dall’eccessivo sforzo di pesca allo sfruttamento di risorse energetiche off-shore; dall’assenza di misure precauzionali e di pronto intervento in caso di malaugurati incidenti nelle operazioni sulle piattaforme, ai riversamenti in mare di rifiuti di inquinanti di genere (sia provenienti dalla terraferma sia direttamente scaricati in mare, come anche quelli in gran parte conseguenti ai trasporti marittimi degli stessi prodotti energetici); dalla crescita delle popolazioni rivierasche del Mediterraneo agli insediamenti sempre più numerosi lungo le fasce costiere di questo mare, etc. etc. Minacce che sappiamo bene, sono state più volte descritte e documentate; che sono negli occhi e nella mente di tanti, anche se c’è qualcuno che ancora le ignora o preferisce ignorarlo…E SPA (Specially Protected Areas) sono state denominate quelle zone individuate dall’UNEP-MAP, come aree marine cui occorre assicurare una “speciale protezione”. Ignorare queste indicazioni, dopo che tutti i Paesi che lambiscono le coste del Mediterraneo hanno sottoscritto la “Convenzione di Barcellona”, impegnandosi al rispetto e all’osservanza dei protocolli e delle indicazioni che l’UNEP-MAP stessa avrebbe via via negli anni emanato, è, inutile dirlo, un fatto gravissimo, che non depone assolutamente a favore di quei governi che non rispettano gli impegni presi, e che danneggiano così, non solo l’immagine dei rispettivi Paesi, ma anche le future generazioni che da tali inosservanze potranno subire gravi e irreparabili conseguenze.
    D’altronde la via da seguire, lo mostra la seconda immagine, è chiara. Ed è l’ultima speranza. Ma occorre purtroppo che l’opinione pubblica eserciti la giusta pressione nei confronti di chi ci governa, affinchè quella via venga tempestivamente imboccata mettendo da parte compromessi più meno velati di ipocrisia, e prima che sia troppo tardi. Uomini politici che sentono l’urgenza di tali problemi e conoscono la strada da seguire, avendone anche la possibilità, non mancano certo. Valga un nome per tutti, e indipendentemente da ogni valutazione politica di parte. Ad esempio il senatore Antonio D’Alì, presidente della Commissione Ambiente del Senato, che, senza mezzi termini, non molto tempo fa si espresse chiaramente di fronte ad alcune dubbie prese di posizione dell’amministrazione comunale di Pantelleria in merito all’ Area Marina Protetta dell”isola, “istituenda” da oltre 20 anni, ma ancora da più d’uno illogicamente rifiutata…
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