Profumo di mare: Terra, mare, natura, cambiamento climatico, biodiversità, transizione ecologica


Ricerche petrolifere off-shore: documenti e osservazioni da Pantelleria.

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  1. Filippo Foti
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    CITAZIONE (coma66 @ 13/1/2011, 13:16) 
    Quindi non si dovrebbero trivellare i fondali dinanzi a Monopoli.....
    Ma io chiedo a chi si oppone di dirmi quale parte del mondo può essere trivellata senza rischio.
    In questo mondo che fìgira con il petrolio, bisognerà pur prenderlo da qualche parte o no?
    E se c'è in Italia, ben venga: Non ci possiamo permettere di fare gli schizzinosi e rinunciare ad un possibile introito.
    Daltronde se le trivellazioni sono fatte a modo, ( e questo dovrebbero controllare le associazioni ambientaliste) il rischio è nullo anzi in Adriatico le uniche isole ecologicamente sane sono quelle sotto i tralicci delle piazzole metanifere quindi io direi di smetterla di fare gli integralisti ed essere un filino piu realisti.......

    CITAZIONE (gpicchetti @ 13/1/2011, 15:10) 
    Un buon articolo sul Corriere del Mezzogiorno di oggi mi sembra sintetizzi bene i termini del problema... La soluzione è la rapida realizzazione delle aree marine protette mediterranee già previste dall'UNEP-MAP e dalla Convenzione di Barcellona, prima che sonar 3D e trivellazioni selvagge senza regole e controlli facciano danni irreparabili all'ambiente marino ...

    Amici, essendo il problema di grande rilevanza ci affidiamo alla cosiddetta "carta stampata" riportando un articolo che Guido cita e pertanto etica e normative editoriali ci obbligano a riportare la fonte.Comunque lo spirito di Coma io l'ho capito ed anche tu Guido l'avrai capito.Tutto dipende dall'angolazione con cui si osserva la problematica, se sotto l'aspetto socio-economico ovvero sotto l'aspetto naturalista.Entrambi avreste ragione.Io da naturalista dovrei essere a favore di Guido però, non per fare l'agnostico, Coma alla fine "la Sua" la dice... !!!
    Ecco il testo integrale:

    L'annuncio delle compagnie petrolifere americane di trivellazioni in aree protette



    Una piattaforma
    «off-shore»

    PALERMO - Le compagnie petrolifere americane non mollano la presa e tornano ad annunciare la caccia al petrolio nel Canale di Sicilia. Se sulla scia del disastro ecologico americano, causato da una piattaforma Bp nel Golfo del Messico, questa estate, la politica si era schierata per difendere a spada tratta il «mare Nostrum» e i siti patrimonio dell’Unesco come la Val di Noto, oggi sembrerebbe che nemmeno il decreto «anti-petrolio» , varato il 26 agosto scorso dal ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo riuscirà a proteggere l’area marina ricca di fauna, flora, vulcani sommersi e aree archeologiche. Secondo quanto riportato dai bollettini dell’inglese Northen Petroleum le piattaforme, installate a 13 miglia da Pantelleria, dovrebbero entrare in azione entro marzo 2011, nel rispetto del decreto che vieta le trivellazioni off-shore entro le 12 miglia dalla costa.

    «Un miglio a mare non sposta assolutamente nulla – spiega all’Italpress Mario Cavaleri dell’associazione Marevivo -. Noi siamo per una politica di riduzione dei consumi. Abbiamo posto la necessità di un accordo con tutti
    i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo che, in quanto mare chiuso, rischia un disastro ambientale molto più grosso di quello del Messico. Un incidente come quello – spiega Cavaleri - condannerebbe le sponde per decenni. La politica, per altro, nei convegni e nelle dichiarazioni di intenti che riguardano le trivellazioni vede tutti d’accordo, poi però, non si capisce come, si arriva ugualmente a «perforare». Il permesso della Petroleum, che scadeva nel 2010, a maggio è stato rinnovato dallo stesso ministero dello Sviluppo Economico che qualche tempo fa aveva negato l’autorizzazione ad una compagnia petrolifera citando il parere negativo dell’assessorato regionale all’Ambiente.

    L’assessore Gianmaria Sparma ribadisce la posizione del suo assessorato: «In gioco c’è il nostro ecosistema marino. Se questa volta la Northen dovesse entrare in azione guideremo l’espressione pubblica per fermare questo scempio». L’allarme degli ambientalisti si incentra soprattutto sulla sicurezza: nessuna tutela è stata pensata per evitare che piattaforme petrolifere possano nascere su pendici di vulcani, lungo faglie sismiche, banchi corallini, zone di riproduzione per migliaia di specie marine. La Hunt Oil Company ha avanzato una richiesta di permesso a poche miglia di uno dei paradisi dei sub: l’isola Ferdinandea, di cui ad agosto si è sentito parlare a causa dell’esplosione di una sacca di metano. Ancor più complessa, infatti, è la situazione del mare agrigentino. La vicenda legata alla Val di Noto ha avuto inizio nel 2004, quando la Regione siciliana, presieduta allora da Salvatore Cuffaro, concesse alla Panther Oil Company i permessi per le trivellazioni nella zona. Nel 2005 esplose la protesta dei residenti che portò il governo regionale a bloccare i permessi nelle aree Unesco, ma, a distanza di pochi mesi, il Tar accolse il ricorso degli americani. A seguito di un appello lanciato da Andrea Camilleri sul quotidiano la Repubblica, nell'estate del 2007, furono raccolte oltre trentamila firme di cittadini contrari alle speculazioni sul territorio. I petrolieri sembravano aver rinunciato all'affare, ma nel frattempo, ricorsero ancora una volta al Tar. Il 27 ottobre 2010 il Consiglio di giustizia amministrativa ha annullato il ricorso vinto in primo grado dall'amministrazione comunale per bloccare l'attività di ricerca della società texana dando il via libera, dunque, alle trivelle. La «ultima spiaggia» sembra essere il «Piano d’azione Mediterraneo» (Map) del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (Unep). Un piano per la creazione di una rete di aree marine protette nel Mediterraneo ratificato da 16 Paesi nel 1975, e rinnovato a distanza di 30 anni con la Convenzione di Barcellona, da 22 Paesi tra cui l’ Italia.

    Fonte Italpress
    13 gennaio 2011
     
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3 replies since 13/1/2011, 13:03   118 views
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