Profumo di mare: Terra, mare, natura, cambiamento climatico, biodiversità, transizione ecologica

Posts written by Filippo Foti

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    Il ripristino della natura su larga scala, basato su principi di rinaturalizzazione, è in Europa e in tutto il mondo uno dei modi migliori per affrontare le attuali emergenze climatiche e di biodiversità.


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    Il ruolo dell’Unione Europea nella risoluzione delle non poche problematiche che, al momento, la vedono molto concentrata sull’ambiente, è fondamentale per circa 447,7 milioni di abitanti che insistono su una superficie di 4 milioni di Km2. Uno dei più importanti problemi è quello di costruire un'Europa verde, equa, sociale e ad impatto climatico zero.

    Vitale per la nostra salute, l’ambiente naturale protetto rappresenta un importante punto di riferimento ed un riparo per la nostra economia, che stimola nuovi investimenti e crea altresì nuovi posti di lavoro. Dipendiamo dalla natura per cibo, energia, materie prime, aria e acqua. Ed è anche una preziosa fonte di ispirazione, di conoscenze, una parte importante del nostro patrimonio culturale che alimenta svago e turismo.

    Le coste ed i mari europei sono risorse chiave che contribuiscono in modo significativo all'economia dei Paesi del Mediterraneo e danno un vantaggio competitivo come destinazione turistica attraente. Tuttavia, in quanto mare semichiuso, il Mediterraneo sta diventando sempre più vulnerabile agli impatti delle attività economiche, incluso l’ambiente. È probabile che il cambiamento climatico aggraverà ulteriormente questi effetti.

    Per l’Europa investire in un'economia blu sostenibile - per mantenere il capitale naturale costiero e marino nella strategia di sviluppo della crescita verde dei Paesi, nonché nelle sue risposte di adattamento e mitigazione del clima - diventa pertanto essenziale. La "crescita blu" implica lo sviluppo di politiche integrate che promuovano un quadro ambientale sostenibile. Le innovazioni ambientali possono essere implementate ed esportate, rendendo l'Europa più competitiva e migliorando la qualità della vita dei cittadini europei.

    Un modello di economia blu, è bene ribadirlo, prevede l'uso sostenibile delle risorse marittime per la crescita economica e il miglioramento dei mezzi di sussistenza e dei posti di lavoro, preservando al contempo il capitale naturale degli oceani, dei mari e delle coste. Il modello "Blue Economy" è in prima linea nell'agenda della sostenibilità a livello globale e fa parte del "Green Deal europeo" (Accordo verde europeo), volto ad aiutare i membri dell'Unione a soddisfare i loro bisogni economici mentre affrontano i loro obiettivi di sostenibilità, compreso l'adattamento al cambiamento climatico.

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    Lanciato dalla Commissione Europea nel 2019, il Green Deal europeo è un meccanismo di supporto unico per affrontare obiettivi a breve termine le esigenze economiche in combinazione con la sostenibilità a lungo termine. Prezioso supporto finanziario per la ripresa dal COVID-19, offre la possibilità a tutti i Paesi membri di "crescere meglio e più verdi”. I risultati delle stime del “Cost of Environmental" (EGD), ovvero della (Stima dei costi del degrado ambientale), sostengono direttamente tre pilastri dell'EGD, che per i Paesi possono essere considerati una priorità.

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    Anche prima dell'inizio della pandemia, nessun Paese europeo era sulla buona strada per raggiungere tutti i “17 Sustainable Development Goals” entro il 2030. Nel complesso, i Paesi nordici stanno ottenendo i risultati migliori nell'indice SDG, una delle caratteristiche chiave incluse nel rapporto. La Finlandia è in cima all'indice SDG Europa 2020 seguita da Svezia e Danimarca, ma anche questi Paesi devono affrontare sfide importanti su diversi SDG.

    Per quanto attiene l’Agenda 2030, per la prima volta l’Europa rallenta nella marcia verso i 17 obiettivi Onu. È quanto emerge dal terzo rapporto di "Sdsn Europe" e "Institute for European Environmental Policy". La frenata si deve al Covid-19 del 2020. L'Europa affronta le sue maggiori sfide SDG nei settori dell'agricoltura e delle diete sostenibili, del clima e della biodiversità, e nel rafforzamento della convergenza degli standard di vita nei suoi Paesi e regioni.

    Oceani, mari e coste offrono grandi opportunità per una crescita economica sostenibile e inclusiva nella pesca, nell'acquacoltura, nella maricoltura, nel turismo costiero, nella biotecnologia marina e nelle energie rinnovabili", ha osservato Kseniya Lvovsky, leader dello Sviluppo sostenibile presso il Gruppo Banca Mondiale. “Svolgono anche un ruolo fondamentale nella riduzione delle emissioni di gas serra assorbendo il carbonio dall'atmosfera e nel migliorare la resilienza climatica delle aree costiere. La gestione sostenibile delle risorse marine e costiere richiede la collaborazione tra le industrie, i settori pubblico e privato e le nazioni", sostiene la Lvovsky.

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    Clicca l'immagine e scopri l'Atlante dei mari europeo.



    L'Atlante dei mari europeo fornisce informazioni sull'ambiente marino, attraverso cui i visitatori possono visualizzare mappe predefinite e pronte per l'uso, che trattano argomenti come ambiente, turismo, sicurezza, energia, trasporti, rifiuti, fondali marini, attività di pesca, acquacoltura e molto altro. Purtroppo mette anche in evidenza che 2.300 km della barriera corallina hanno visto cinque eventi di sbiancamento di massa – nel 1998, 2002, 2016, 2017 e 2020 – tutti causati dall'aumento delle temperature oceaniche determinato dal riscaldamento globale.

    I nostri mari e oceani offrono una vasta risorsa di energia rinnovabile, in particolare, ma non solo, lungo la costa atlantica. Le tecnologie energetiche oceaniche sono attualmente in fase di sviluppo per sfruttare il potenziale delle maree e delle onde, nonché le differenze di temperatura e salinità.

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    "Encore di Norwegian Cruise Line" è l'ultima nave da crociera della classe Breakaway Plus, capace di trasportare circa 4.000 passeggeri.



    I RIFIUTI MARINI

    I rifiuti marini sono un problema globale di enormi dimensioni. Si stima che ogni anno circa 8 milioni di tonnellate di plastica entrino negli oceani del mondo e che più di 150 milioni di tonnellate siano già nei nostri mari e oceani. I rifiuti marini di plastica pongono problemi ambientali, economici, sanitari ed estetici. L'UE svolge un ruolo fondamentale nell'affrontare il problema dei rifiuti marini e nell'impedire che penetrino nei nostri mari e oceani. La “Marine Strategy Framework Directive (MSFD)” (Direttiva Quadro sulla Strategia per l'Ambiente Marino) richiede agli Stati membri dell'UE il compito di garantire che "le proprietà e le quantità di rifiuti marini non causino danni all'ambiente costiero e marino". Sia la direttiva sulle materie plastiche monouso, che le direttive sugli impianti portuali di raccolta adottata nel 2019, contribuirà alla riduzione del volume dei rifiuti che finiscono nei nostri oceani. Ripulire gli oceani potrebbe non essere l’unico provvedimento dell’Europa, ma per sensibilizzare l'opinione pubblica, l'Unione Europea ha incoraggiato e collaborato con le persone a prendersi cura del nostro oceano e ripulire le spiagge.

    Uno degli ecosistemi più importanti ma vulnerabili del Mediterraneo sta inviando, da tempo, un SOS non solo in Europa, in quanto stabilizzano e mantengono il livello di salute dei fondali marini assorbendo fino a 83.000 tonnellate di anidride carbonica per chilometro quadrato quando una foresta terrestre può assorbirne fino a 30.000 tonnellate.

    IL TRASPORTO MARITTIMO

    Per l'Europa, il trasporto marittimo è stato un catalizzatore per lo sviluppo economico e la prosperità nel corso della sua storia, consentendo scambi e contatti tra tutte le nazioni europee. Garantisce la sicurezza dell'approvvigionamento di energia, cibo e materie prime e costituisce il principale veicolo per le importazioni e le esportazioni europee verso il resto del mondo. Quasi il 90% del commercio estero di merci dell'UE avviene via mare.

    LA SICUREZZA MARITTIMA

    L'UE ha sviluppato una strategia di sicurezza marittima lungimirante per proteggere questi interessi legati al mare. La concorrenza per lo spazio marittimo - per le apparecchiature relative all’energia rinnovabile, l'acquacoltura e altri usi - ha evidenziato la necessità di gestire le nostre acque in modo più coerente. Il “Maritime Spatial Planning” - (MSP), ovvero la (Pianificazione dello spazio marittimo) opera a livello transfrontaliero e settoriale per garantire che le attività umane in mare si svolgano in modo efficiente, sicuro e sostenibile. Ecco perché il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato una legislazione per creare un quadro comune per la pianificazione dello spazio marittimo in Europa.

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    LA VITA MARINA

    La vita marina, o vita oceanica, è costituita da piante, animali e altri organismi che vivono nell'acqua salata del mare o dell'oceano, o nell'acqua salmastra degli estuari costieri. Fondamentalmente, la vita marina aiuta a determinare la natura stessa del nostro pianeta. Gli organismi marini producono gran parte dell'ossigeno che respiriamo. Le coste sono in parte modellate e protette dalla vita marina e alcuni organismi marini aiutano persino a creare nuova terra.

    ALLEVAMENTO DEI PESCI

    L'allevamento di pesci, molluschi e piante acquatiche è uno dei settori alimentari in più rapida crescita al mondo. Fornisce già al pianeta circa la metà di tutto il pesce che mangiamo. In Europa, l'acquacoltura rappresenta circa il 20% della produzione ittica e impiega direttamente circa 85.000 persone. Il settore è composto principalmente da microimprese nelle zone costiere e rurali. L'acquacoltura dell'UE è rinomata per i suoi standard di alta qualità, sostenibilità e protezione dei consumatori.

    Blue Growth è la strategia a lungo termine per sostenere la crescita sostenibile nel settore marittimo e marittimo nel suo complesso. I mari e gli oceani sono motori dell'economia europea e hanno un grande potenziale di innovazione e crescita. È il contributo marittimo al raggiungimento degli “Objectives of the Europe 2020 strategy” (Obiettivi della Strategia Europa 2020) per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. L'economia "blu" rappresenta circa 5,4 milioni di posti di lavoro e genera un valore aggiunto lordo di quasi 500 miliardi di euro all'anno.

    I mezzi di sussistenza di molti cittadini dell'UE non dipendono solo dal mare e dalle sue risorse: pesce, ovviamente, ma anche dall’energia proveniente dai parchi eolici offshore e dai giacimenti di petrolio e gas. La flotta mercantile dell'UE dipende dagli oceani del mondo e le zone costiere sono calamite per i turisti, un'altra fonte di sostentamento. Con così tanto in gioco, dobbiamo essere responsabili nel nostro uso delle risorse dei mari, contrastare la pesca eccessiva e garantire che l'estrazione di petrolio e gas non danneggi l'ambiente marino o costiero.

    IMPARARE PER LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE

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    La proposta è stata elaborata a seguito di un'ampia consultazione pubblica, ed invita gli Stati membri a:

    - fornire agli studenti di tutte le età l'accesso a un'istruzione e a una formazione inclusiva e di alta qualità sul cambiamento climatico, la biodiversità e la sostenibilità;
    - stabilire l'apprendimento per la sostenibilità ambientale come un'area prioritaria nelle politiche e nei programmi di istruzione e formazione per sostenere e consentire al settore di contribuire alla transizione verde;
    - investire in attrezzature, risorse, edifici e terreni verdi e sostenibili per l'apprendimento, la socializzazione e la ricreazione per garantire ambienti di apprendimento sani e resilienti;
    - incoraggiare e sostenere gli approcci alla sostenibilità dell'intera istituzione che comprendono insegnamento e apprendimento, visione, pianificazione e governance;
    - coinvolgimento attivo degli studenti e del personale, gestione degli edifici, delle risorse e partenariati con le comunità locali e più ampie;
    - mobilitare fondi nazionali e dell'UE per investimenti in infrastrutture, formazione, strumenti e risorse per aumentare la resilienza e preparare l'istruzione e della formazione per la transizione verde.

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    Martedì, 01.02 c.a. , la presidenza del Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio su un progetto di regolamento che modifica il regolamento Europol. L'accordo provvisorio è soggetto all'approvazione, prima di passare alla procedura di adozione formale. L'obiettivo è il raggiungimento di un accordo sul testo durante la Presidenza francese del Consiglio dell'UE entro il 30 giugno 2022. A seguito dell'accordo, la Commissione sosterrà l'attuazione della futura raccomandazione del Consiglio attraverso il programma Erasmus+ e promuoverà la cooperazione e gli scambi tra gli Stati membri, le parti interessate e i Paesi partner.

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    Secondo il governo peruviano si stima che oltre 6.000 barili di greggio, a seguito di una fuoriuscita di petrolio causato dall'eruzione del vulcano Tonga, si sono riversati in un'area ricca di biodiversità nelle coste del Pacifico peruviano.


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    Il governo peruviano ha chiesto un sostegno internazionale per rispondere ad una fuoriuscita di petrolio causato dall'eruzione del vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Hàapai poiché il greggio della raffineria petrolifera spagnola Repsol si è riversato sulle spiagge dopo le onde innescate dall'eruzione, al largo della costa di Lima, avvenuto il 15 gennaio scorso. Il Ministero dell'Ambiente lo ha definito il "peggiore disastro ecologico" della città nella sua storia recente.

    Giovedì 20 gennaio, il Ministero della Salute ha avvertito che 21 spiagge sono "gravemente a rischio per la salute" ed ha esortato le autorità distrettuali a limitarne l'accesso. Il governo ha anche affermato che la chiazza di petrolio sulla superficie del mare si estendeva su un'area pari a 320 campi da calcio, protestando per un'operazione di pulizia ampiamente considerata inadeguata. Ha anche dichiarato che il governo ha chiesto agli esperti delle Nazioni Unite e del National Response Team di aiutare a garantire un'adeguata riparazione e compensazione da parte dell'azienda petrolifera spagnola Repsol. La fuoriuscita di petrolio, ha dichiarato un funzionario dell'azienda, è avvenuta quando una petroliera che scaricava greggio dalla sua raffineria è stata scossa da forti onde causate dalla suddetta eruzione vulcanica vicino a Tonga.

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    "Siamo di fronte a uno dei più grandi ecocidi sulla nostra costa", ha dichiarato il presidente Pedro Castillo in visita ad una spiaggia inquinata. “Lo Stato sta preparando sanzioni penali, civili e amministrative”.
    Il ministro dell'ambiente del Perù Rubén Ramírez, ha accusato di negligenza la Repsol che gestisce la raffineria di "La Pampilla" affermando che la società petrolifera potrebbe alla fine dover pagare multe per circa 36 milioni di dollari ed ha accusandola di non aver informato le autorità in tempo e di non aver descritto correttamente l'entità della fuoriuscita.

    Venerdì 21 gennaio la Repsol ha però dichiarato che stava conducendo un'indagine interna sulla fuoriuscita. "Riaffermiamo il nostro impegno a rispondere in modo efficace e trasparente al pubblico e alle autorità competenti, dando priorità alle persone e alle comunità", ha affermato la compagnia petrolifera spagnola in una nota. La fuoriuscita ha lasciato senza lavoro centinaia di poveri pescatori dei distretti costieri e minaccia due riserve marine protette dove gli isolotti rocciosi offrono rifugio alle lontre marine, ai pinguini di Humboldt e ai cormorani dalle zampe rosse.

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    Pinguini di Humboldt e cormorani dalle zampe rosse.


    Le acque del Pacifico del Perù sono notoriamente ricche di biodiversità, grazie alla fredda corrente di Humboldt piena di plancton che scorre lungo le sue coste, sostenendo una catena di ricca vita marina, da acciughe e delfini agli uccelli marini i cui escrementi, il guano, vengono raccolti e venduti come fertilizzante organico.

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    "Stiamo assistendo alla distruzione dell'ecosistema marino peruviano e dei mezzi di sussistenza di coloro che ne dipendono, giorno dopo giorno, ed è davvero terrificante", ha affermato Juan Carlos Rivero, biologo marino dell'organizzazione no profit ambientale Oceana Perù. "Perché né l'azienda né lo stato hanno la capacità di rispondere".

    La compagnia di navigazione italiana proprietaria della petroliera ha affermato che il gasdotto sottomarino al terminal di Pampilla si è improvvisamente rotto in conseguenza dell'eruzione del vulcano e del conseguente tsunami e il suo equipaggio ha prontamente chiuso le valvole. A differenza dei Paesi vicini Cile ed Ecuador, il Perù aveva escluso uno tsunami dall'eruzione del vulcano e, al momento dell'evento disastroso, le autorità preposte non hanno avvertito la popolazione della possibilità che si venissero a verificare onde potenzialmente pericolose, fino a quando non sono state segnalate inondazioni in diverse zone costiere. Nel nord del Perù, due donne sono annegate quando enormi onde hanno allagato una spiaggia e le hanno trascinate in mare aperto.

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    Juan Carlos Rivero


    Il giorno successivo alla eruzione, quando Repsol ha riconosciuto pubblicamente per la prima volta la fuoriuscita di petrolio, l'ha descritta come "limitata" ed ha affermato che era stata "contenuta" grazie al suo piano di emergenza. Ma lunedì 17 gennaio era chiaro che l'azienda ne aveva sottovalutato le dimensioni e l'impatto. In giornata una TV locale ha mostrato il greggio che lambisce le coste di diverse spiagge, con pinguini morti e altri uccelli marini ricoperti di petrolio.

    Venerdì 21 gennaio Repsol ha dichiarato che prevede di completare la pulizia delle spiagge colpite e della zona marittima entro la fine di febbraio. La società ha affermato di aver schierato 840 persone, oltre a società di pulizia e consulenti esterni, per aiutare a rimuovere la sabbia inquinata, con oltre 1.500 metri cubi rimossi già a partire dallo stesso giorno.

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    Il biologo marino di "Oceana Perù" Rivero, che questa settimana ha visitato le spiagge colpite, ha definito l'operazione di pulizia "tremendamente improvvisata". Ha detto di aver visto lavoratori assunti da Repsol che cercavano di usare paletti, secchi, carriole e sacchetti di plastica per rimuovere il greggio dalle spiagge. Mentre il governo ha affermato che Repsol si era offerta di assumere pescatori locali per aiutare nella pulizia. I volontari hanno fatto del loro meglio, ma molti non hanno un'adeguata protezione e le autorità hanno affermato che due sono stati ricoverati in ospedale. "Il petrolio rimarrà in mare per mesi", ha detto Rivero. “Influirà sulla nostra fauna, sul nostro cibo, sulla nostra salute e sulle nostre spiagge".

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    Un maggiore benessere dei popoli, secondo il pensiero espresso dallo scienziato del clima statunitense Michael E.Mann, avrà successo solo con la partecipazione attiva di tutti i cittadini del mondo che si devono unire alla lotta per salvare il pianeta.


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    Crisi climatica, pandemie, estinzione delle specie e i disastri naturali presentano enormi sfide, decisioni urgenti da prendere e la necessità di agire soprattutto da parte delle istituzioni politiche internazionali. È qui che entra in gioco l’intelligenza di ciascuno di noi, ma soprattutto quella delle sciagurate menti di chi remano contro una inversione di rotta. Come possiamo, dunque, salvare il nostro pianeta e garantire la sopravvivenza di noi umani e degli altri esseri viventi dagli effetti della crisi climatica globale? Conseguenze che stanno colpendo sempre di più non solo il nostro clima, la perdita di biodiversità i nostri oceani e le nostre foreste, ma anche molto direttamente la nostra salute (future pandemie), sia fisica che mentale.

    Solo uno sforzo congiunto in tutto il mondo con l'obiettivo di ristabilire l'equilibrio sul nostro pianeta è la base del successo che ancora è possibile ottenere. Molte persone credono ancora che il cambiamento climatico non esista, ma probabilmente tra queste non ci saranno i nostri lettori.

    Che potremmo fermare il cambiamento climatico anche adesso sarà certamente una impresa, ma non per lo scienziato del clima statunitense Michael E. Mann, climatologo e geofisico, professore di Scienze dell’Atmosfera presso l’Università della Pennsylvania, membro del Dipartimento di Geoscienze e dell’Earth and Environmental Systems Institute, nonché direttore del Penn State Earth System Science Center (ESSC). Su tutti spicca la figura di Mann, altamente considerato nel mondo, pur se odiato in alcuni Stati d’America. Nel terzo rapporto di valutazione scientifica del Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento climatico (IPCC) pubblicato nel 2001, è stato uno degli autori, sicuramente il principale sull’osservazione della variabilità del clima e il cambiamento climatico, assumendo la presidenza nel 2003 del comitato organizzatore per la National Academy of Sciences Frontiers of Science. Ha persino ricevuto minacce di morte per il suo accanimento contro i "padroni del vapore".

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    Mann, che ovviamente non ha gettato la spugna e non per vendere libri, ma per una sua convinzione che ancora lo porta a credere e sperare che sia possibile salvare il nostro pianeta da una prossima catastrofe climatica, l’anno scorso ha fatto pubblicare dall’agenzia di stampa tedesca “Heise Gruppe” il libro “Propagandaschlacht ums Klima. Wie wir die Anstifter klimapolitischer Untätigkeit besiegen” (Battaglia di propaganda sul clima. Come sconfiggiamo gli istigatori dell'inazione della politica climatica) (alias “The New Climate War”). A tale proposito, in seguito a nostre ricerche, c’è da dire che, come ha avuto modo di dichiarare recentemente Mann, la prima edizione del libro in inglese "The New Climate War" sul cambiamento climatico, nell’edizione in tedesco l'editore ha deciso di usare un titolo diverso. Quel titolo in inglese è stato sostituito appunto con “Propagandaschlacht ums Klima "(Battaglia di propaganda sul clima). La guerra è un argomento delicato ha pensato l’editore, ed è sempre rischioso quando gli argomenti riguardano un linguaggio di guerra e di militarismo. Ma la linea di fondo è quella, e siamo d’accordo con Mann quando sostiene: “Siamo in questa guerra, che ci piaccia o no, contro i potenti interessi acquisiti dall'industria dei baroni dei combustibili fossili, i politici ed i media di parte che sono 'fidanzati' da decenni".

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    La differenza tra 1,5°C, 2°C o 3-4°C di riscaldamento globale medio può sembrare uno scenario non eccessivamente pericoloso. Ma in effetti, per il futuro dell'umanità, potrebbe rappresentare situazioni ambientali molto diversi. La frequenza dei disastri, la sopravvivenza di piante e animali, la diffusione di malattie e la stabilità del nostro sistema climatico globale. In definitiva, la possibilità per l'umanità di sopravvivere su questo pianeta dipendono da questi pochi gradi.

    Oggi abbiamo ancora la possibilità di raggiungere l'obiettivo di 1,5°C? Possiamo ancora proteggerci dai peggiori impatti climatici e iniziare a plasmare un futuro più sano? Ma ci stiamo avvicinando rapidamente a punti di svolta climatici irreversibili. Ecco perché la conferenza sul clima COP26/FLOP26 di novembre '21 sarebbe stato un passo importante per la lotta globale al cambiamento climatico. I Paesi avrebbero dovuto concludere i punti in sospeso sull'attuazione dell'accordo di Parigi e gettare le basi per un decennio di trasformazione dell'azione per il clima negli anni ‘20.
    La differenza tra 1,5°C e 3°C di riscaldamento globale significa scenari molto diversi per il futuro. La nostra sopravvivenza su questo pianeta dipende da questi pochi gradi.

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    Secondo Mann la tecnologia c'è, e cita come esempio l’energia solare in Germania, "solo un esempio dove con 5 centesimi per kilowattora e lo stoccaggio (su questo aspetto però “C'è chi dice no, chi dice sì, chi dice nì.” che sarà anche molto economico in pochi anni, perché si dovrebbe ancora importare carbone dal Sud America, petrolio o gas da Russia? La risposta è semplice, afferma lo scienziato: “Perché ci sono poteri che vogliono continuare come prima, forze oscure che cospirano contro il clima”. Mann porta alla luce queste persone potenti. "E poi non sembrano affatto oscuri, sostiene lo scienziato, ma semplicemente avidi, mentalmente immobili, a volte pigri, spesso molto corruttibili. Un atteggiamento più efficace di quello dei negazionisti del cambiamento climatico“.

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    Altresì c'è il resoconto della guerra psicologica che le industrie del carbone e del petrolio stanno usando per manipolarci, e ciò è onestamente imbarazzante. Allo stesso tempo, bloccano gli sforzi per regolare o valutare le emissioni di carbonio, conducono campagne di pubbliche relazioni volte a screditare alternative praticabili sottraendosi alla responsabilità di risolvere il problema che creano. Il risultato è devastante per il nostro pianeta. Praticamente, dopo anni di negazione del cambiamento climatico per questi attori, ora che la negazione non funziona più di fronte a tutti gli eventi meteorologici estremi, si tratta di ritardare i cambiamenti necessari.

    Riciclare, volare di meno, mangiare meno carne, queste sono alcune delle azioni che i distruttori del clima ci dicono per rallentare il cambiamento climatico. Ma l'eccessiva enfasi sul comportamento individuale è il risultato di una campagna di marketing che è riuscita a porre la responsabilità di affrontare la minaccia del cambiamento climatico interamente sulle spalle degli individui. Bloccano gli sforzi per regolamentare o valutare le emissioni di carbonio, conducono campagne di pubbliche relazioni volte a screditare alternative praticabili e si sottraggono alle proprie responsabilità per risolvere il problema che creano. Il risultato è devastante per il nostro pianeta.

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    Con gli interessi dei distruttori del clima che difendono lo status quo dei combustibili fossili, un maggiore benessere dei popoli, secondo il pensiero espresso da Mann, avrà successo solo con la partecipazione attiva di tutti i cittadini del mondo che si devono unire alla lotta per salvare il pianeta.

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    Il pianeta Terra è un luogo straordinario dove è sbocciata la vita, ma dove gli abitanti stanno facendo del loro meglio per sfidare ed appassire la natura.

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    Ci sono voluti milioni di anni prima che l'uomo si evolvesse in un animale intelligente e imparasse qualcosa sul pianeta Terra per poterla sfruttare. Ci vorranno solo pochi anni in più, a partire dal nuovo millennio, per “friggere” il pianeta su cui viviamo, anche se sappiamo che la Luna e Marte non sono abitabili, né lo sono gli altri pianeti del nostro sistema solare.

    A partire dal 2001, alla riunione della COP7 a Marrakech, in Marocco, esattamente dal 29 ottobre al 10 novembre, i negoziatori conclusero il lavoro sul Piano d'azione di Buenos Aires - che definiva la strategia collettiva del G20, l’Organismo informale internazionale istituito nel 1999 in rappresentanza i diciannove Paesi più industrializzati del mondo (Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Messico, Russia, Arabia Saudita, Sudafrica, Corea del Sud, Turchia, Gran Bretagna e Stati Uniti) più l’Unione Europea, per raggiungere una crescita forte, sostenibile, equilibrata e inclusiva - definendo la maggior parte dei dettagli operativi e ponendo le basi per la ratifica del Protocollo di Kyoto da parte delle nazioni.
    La delegazione degli Stati Uniti mantenne il suo ruolo di osservatore, rifiutandosi di partecipare attivamente ai negoziati. Altri Paesi continuarono ad esprimere la speranza che gli Stati Uniti, a un certo punto, si sarebbero ripresi nel processo lavorando per ottenere la ratifica del Protocollo di Kyoto da parte del numero necessario di Paesi per metterlo in vigore (dovevano ratificarlo 55 Paesi, compresi quelli che rappresentavano il 55% delle emissioni di anidride carbonica dei paesi sviluppati nel 1990). Le entità statali firmatarie e ratificanti il protocollo di Kyoto nell'ottobre 2009 erano 186.

    Abbiamo centinaia di specie che ora si sono estinte perché abbiamo permesso ai nostri leader mondiali di prendere decisioni che non erano qualificati per prendere. Non sono scienziati, quindi avrebbero dovuto ascoltare gli esperti, leggere i rapporti e studiare le statistiche. Chiaramente, il denaro rende i politici sordi e muti quando vengono sollecitati alla moderazione e tendono anche a distrarsi su ciò che hanno promesso agli elettori per farsi eleggere e le loro politiche di crescita ci stanno portando a una brusca fine.

    La risposta è lo sviluppo sostenibile, in cui la crescita mal gestita viene sostituita da una tecnologia efficiente che consentirebbe di tornare a quei giorni pre-riscaldamento di un tempo. Tuttavia la crescita non può essere continua. Ci sono limiti naturali. Questi limiti sono già stati superati, ecco perché il nostro pianeta si sta riscaldando. Questa è la prova, questo è il motivo per cui stiamo creando deserti dove prima non esistevano, ed è per questo che i livelli degli oceani stanno aumentando mentre le nostre calotte polari si sciolgono.

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    Ciò di cui abbiamo bisogno è un sistema che risalga a un punto nel tempo in cui l'effetto umano era contenibile. Questa mossa incredibilmente audace, ma necessaria, dovrebbe essere emulata da tutti i membri delle Nazioni Unite con un dovere speciale per il restante gruppo del G20 di aiutare a mettere in moto la ripresa.

    I Paesi che prendono in giro il cambiamento climatico per aumentare l'inquinamento nocivo, potrebbero dover affrontare procedimenti penali tramite la Corte penale internazionale e i principi dello Statuto di Roma del 1998. Per cui è un reato penale causare danni a un altro essere umano, dall’azione o dalla incapacità di agire per prevenire danni. I leader mondiali più influenti sono pienamente consapevoli delle conseguenze di non agire in tempo utile per prevenire il genocidio. Secondo la Convenzione del 1948, Genocidio è un crimine. Qualsiasi persona o stato che sostiene politiche che non cercano di ridurre il riscaldamento climatico, è quindi logicamente criminale. La scusa che la loro economia potrebbe soffrire, non è una plausibile quando si tratta, in effetti, di uccidere altri gruppi di esseri umani. Ci deve essere tolleranza zero. È l'insaziabile brama di crescita economica che ha causato la morte di milioni di sfollati e di coloro che sono morti di cancro ai polmoni. Le agende delle nazioni colpevoli non sono così dissimili da quelle perseguite da regimi autoritari e devono essere vincolate per la protezione dei nostri gruppi più vulnerabili come i Paesi poveri che spesso coincidono con le nazioni insulari.

    Francamente, non ci si diverte. Le attuali promesse dei leader mondiali sono circa un terzo di quanto necessario per mantenere il pianeta al di sotto di 1,5 gradi di aumento della temperatura. Quindi, dobbiamo ritirare tutte le fermate delle lobby prima della COP27 in Egitto. In modo che i leader mondiali ricevano il messaggio, che non è più una strategia, stare a guardare 7-8 milioni di esseri umani che muoiono ogni anno per cancro ai polmoni e malattie respiratorie - affari come al solito - bla, bla, bla. È un macello e una morte estremamente dolorosa, su scala molto più grande degli omicidi di massa nei campi di concentramento, durante la seconda guerra mondiale, con, secondo le statistiche, aumenti di due miliardi dagli attuali 7,7 miliardi a 9,7 miliardi nel 2050, prima di raggiungere un picco di quasi 11 miliardi entro la fine del secolo. Potrebbero esserci fino a 300.000.000 milioni e più di vite in gioco, fino al 2050.

    CONSIDERAZIONI MENTRE ANDIAMO “IN ONDA”

    2020-2021: COP 26/CMP 16/CMA 5 - È ampiamente riportato che il grosso problema del "clima" nel 2021 è stato il “FLOP 26”. Rinviato dal 2020, è finalmente andato in “onda” nel novembre 2021. Giusto in tempo per rovinare il Natale per noi e per le prossime generazioni - mentre molti dei grandi attori hanno gridato, cercando di estendere gli obiettivi al 2060-2070, condannando nel contempo le persone meno fortunate a trattamenti disumani, con un seguito probabilmente di morti lente.

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    Se non agiamo ora per frenare il cambiamento climatico, possiamo dire addio al pianeta come lo conosciamo. Questo è ciò che la comunità scientifica onesta ci mette in guardia da anni. Ma i nostri leader si comportano ancora sordi e muti, mentre rastrellano i soldi. Eppure la tecnologia esiste e tutto ciò che devono i leader è quello di attuare più che misure per cambiare il clima, quelle per cambiare il "clima politico" per alleviare la sofferenza umana.

    Speriamo in qualcosa di meglio nel novembre 2022, e questo sarà presto alle porte, con segni di "dolore climatico" sotto forma di carenza di energia, benzina, elettricità, quando dovremmo spingere per idrogeno verde, energia solare ed eolica. Abbiamo solo 10 anni per cercare di invertire la tendenza al riscaldamento globale. Rimarranno 9 anni dopo quell'evento, augurandoci che non ne esca fuori l’ennesima FLOP27.

    I politici sono più preoccupati per la crescita economica, ma la crescita continua è un suicidio quando hai un solo pianeta per fornire cibo a una popolazione in continua crescita, nonostante i decessi causati dalla pandemia. Possiamo continuare a far crescere economie in un pianeta (terra e mare) che ha già superato la capacità sostenibile. Quindi, l'aumento della temperatura globale continua incontrollato a causa dei folli costruttori di imperi e di cartelli petroliferi, tutti scommettendo sulla continua dipendenza dai combustibili fossili, con la cooperazione di politici corrotti, acquistati presumibilmente dalle lobby!

    COP27/FLOP27, l'ennesima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamento climatico, si terrà a Sharm el-Sheikh in Egitto, probabilmente dal 7 al 18 novembre 2022. Il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry riceverà, sabato 15 gennaio '22, Alok Sharma, Presidente della Conferenza delle Parti ai Cambiamenti Climatici della COP26, presso la sede del Ministero degli Affari Esteri. La visita arriva per discutere la definizione della prossima agenda per la conferenza sul clima.

    Questo post segue i due precedenti in cui abbiamo discusso delle "Azioni per il clima dagli anni ’50 al 2021" qui e qui.

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  5. .

    Malgrado da oltre 3 decenni si sono succeduti parecchi ammonimenti da parte di uomini di scienza liberi, i "buoni" propositi di ridurre l'emissione antropica di CO2 e di altri gas ad effetto serra che provocano il cambiamento climatico, per adesso sonoalo


    cop_trasp


    Questa pubblicazione segue il primo segmento già proposto qui. Ci occuperemo della COP25/CMP 15/CMA 4 del 2019 che ha visto la inutile partecipazione di più di 26.700 persone, inclusi oltre 13.600 delegati dei governi, quasi 10.000 osservatori e oltre 3.000 membri dei media.

    Dopo il cambio di sede, dovuto alla precaria situazione politica in Cile, all’ultimo momento la Conferenza sul Cambiamento Climatico è stata spostata da Santiago (Cile) a Madrid (Spagna). È stata denominata Cile/Madrid e si è aperta il 2 dicembre con l'aspettativa che i delegati concludessero i negoziati su alcune questioni chiave, tra gli altri, la revisione del meccanismo internazionale di Varsavia sulle perdite e i danni associati agli impatti del cambiamento climatico. Nonostante la conferenza si è conclusa il 15 dicembre dopo quasi 44 ore di straordinario, tutto ciò non si verificherà. Evidenti sono state le disconnessioni - tra le richieste delle persone e della scienza e ciò che il processo avrebbe potuto offrire ai Paesi che vogliono guardare al futuro - e quelle delle nazioni concentrate sul passato.

    ANALISI DELLA CONFERENZA SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI CILE/MADRID

    Era impossibile negare l'atmosfera di delusione che ha seguito i delegati fuori dalla sala plenaria semivuota dopo la chiusura della conferenza Cile/Madrid. Molti hanno potuto solo indicare i risultati sostanzialmente come se avessero vinto "perdite e danni". Altri hanno affermato che nessun risultato, che riguarda i meccanismi per la mitigazione delle emissioni di gas serra, sarebbe stato migliore di uno con grandi lacune, in particolare sull'integrità ambientale. Ma queste conclusioni sono state, sotto tutti gli standard, al di sotto delle aspettative fissate per questo incontro della Conferenza delle Parti, e certamente molto preoccupanti dal punto di vista della prospettiva globale.

    COP25 aveva ambizioni relativamente modeste nel prosieguo del processo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico: il suo compito principale doveva essere quello di finalizzare il regolamento di Parigi in previsione del 2020, quando sarebbe dovuto entrare in vigore. Allo stesso tempo, la conferenza doveva rappresentare un momento per riflettere sui progressi compiuti e valutare se esistessero i meccanismi necessari affinché tutti i Paesi entrassero nel periodo post-2020. Nonostante alcuni progressi, i risultati finali sono stati accolti con reazioni in gran parte negative, con lo stesso Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres che ha dichiarato: "La comunità internazionale ha perso un'importante opportunità [...] per affrontare la crisi climatica".

    Questa analisi considera due grandi lacune che la COP ha tentato di colmare. La prima è il divario tra le richieste della scienza e della società civile per una risposta politica ambiziosa all'emergenza climatica, l’altra è rappresentata dai limiti dei comportamenti coordinati tra gli Stati (multilateralismo) nell'UNFCCC. Di non trascurabile importanza è il divario continuo tra coloro che guardano avanti all'era dell'accordo di Parigi e coloro che sono ancora concentrati sul passato. Queste lacune hanno indebolito i risultati di questo incontro ed avranno sicuramente successive implicazioni.

    Le emissioni di gas serra hanno raggiunto un livello record nel 2018 e i rapporti dell'UNFCCC hanno rivelato che i Paesi dell'allegato I (*), escluse le economie in transizione, hanno ridotto le proprie emissioni di appena l'1,8% tra il 1990 e il 2017. I 67 Paesi che hanno annunciato l'intenzione di aumentare i propri contributi determinati a livello nazionale (NDC) - al vertice sull'azione per il clima del Segretario generale delle Nazioni Unite nel settembre 2019 - rappresentano ancora solo l'8% delle emissioni globali di gas serra. Da settembre si sono aggiunti più Paesi, ma il silenzio di tutte le principali economie, ad eccezione dell'UE, è sorprendente.

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    (*) I Paesi dell'allegato I sono quelli industrializzati che erano membri dell'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) nel 1992, oltre ai Paesi con economie in transizione (EIT - Economies In Transition) e cioè quelle che includono privatizzazione, liberalizzazione, stabilizzazione macroeconomica, riforme legali e istituzionali.

    PAESI   DELL'ALLEGATO I   IN TRANSIZIONE

    I Paesi dell'allegato 1 sono chiamati ad adottare politiche nazionali che attengono alla mitigazione del cambiamento climatico limitando le loro emissioni antropogeniche di gas serra, nonché riferire sulle misure adottate con l'obiettivo di tornare, individualmente o congiuntamente, ai livelli di emissione del 1990.

    Le economie in transizione in Europa e nell'ex Unione Sovietica sono: Albania, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, FYR Macedonia, Ungheria, Polonia, Romania, Repubblica Slovacca, Slovenia; Paesi Baltici: Estonia, Lettonia, Lituania;

    Le Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) - un'organizzazione internazionale composta da nove delle quindici ex repubbliche sovietiche cui si aggiunge il Turkmenistan come membro associato - in transizione sono: Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Kazakistan, Repubblica del Kirghizistan, Moldavia, Russia, Tagikistan, Turkmenistan, Ucraina, Uzbekistan. Originariamente erano costituiti da 38 Stati, 13 dei quali appartenevano a Paesi dell'Europa orientale in transizione verso la democrazia e alle economie di mercato, e l'Unione Europea.

    In Asia le economie in transizione sono: Cambogia, Cina, Laos, Vietnam.

    Il 2019 è stato anche contrassegnato dai cupi messaggi della scienza, poiché gli ultimi rapporti del Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) (Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico), hanno mostrato che "gli impatti del riscaldamento globale saranno più gravi di quanto previsto in precedenza e che l'azione attuale non ci mette sulla strada giusta per limitare la media globale aumento della temperatura al livello concordato collettivamente ben al di sotto dei 2°"C. Informati e incoraggiati da questo consenso scientifico, gli appelli della società civile a "cambiare percorsi e aumentare l'ambizione", soprattutto in termini di riduzione delle emissioni, sono aumentati n modo esponenziale nel corso dell'anno con l'accrescere della copertura mediatica e ancora di più dato che "l'emergenza climatica" è entrata nel discorso pubblico in molti Paesi.

    NOAA

    Un collage di tipici eventi climatici e meteorologici:
    inondazioni, ondate di caldo, siccità, uragani, incendi e perdita di ghiaccio glaciale. (NOAA)

    I popoli indigeni hanno sottolineato di essere amministratori della natura ed esperti di clima e hanno invitato i delegati a "smetterla di occupare spazio con false soluzioni". I giovani delle ONG hanno esortato a rivedere gli NDC (Nationally Determined Contributions), ovvero i contributi determinati a livello nazionale sono al centro dell'accordo di Parigi e del raggiungimento di questi obiettivi a lungo termine sulla base della migliore scienza disponibile e di includere i giovani nel processo, e si sono lamentati del fatto che "La COP ha deluso le persone e il pianeta". Gli attivisti sono riusciti a radunare altri colleghi per unirsi a sempre più frequenti "scioperi per il clima". A metà della conferenza, mezzo milione di persone sono scese nelle strade di Madrid, rivolgendo direttamente le loro richieste di maggiore ambizione ai negoziatori della COP25.Infatti, le aspettative delle persone nei confronti dei negoziati annuali sul cambiamento climatico sono aumentate in modo esponenziale.

    Climate Action Network (Rete di azione per il clima) ha sostenuto i principi dell'integrità ambientale, dei diritti umani e dei diritti delle popolazioni indigene e delle comunità locali ed ha espresso preoccupazione per l'esclusione di alcuni Paesi dai negoziati. Climate Justice Now ! (Giustizia climatica ora!) si è lamentata del fatto che i governi abbiano "ignorato la soluzione chiara e semplice" di lasciare i combustibili fossili non sfruttati e hanno chiesto la fine dei sussidi ai combustibili fossili.

    In un commento diretto agli Stati Uniti, Ian Fry, il rappresentante di Tuvalu, uno Stato insulare polinesiano situato nell'oceano Pacifico a metà strada tra le isole Hawaii e l'Australia, ha dichiarato: "Ci sono milioni di persone in tutto il mondo che stanno già soffrendo per l'impatto del cambiamento climatico. Negare questo fatto potrebbe essere interpretato da alcuni come un crimine contro l'umanità”.

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    Ian Fry



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    EFFETTI DEL RISCALDAMENTO GLOBALE SULLA TERRA



    Sebbene siamo consapevoli dei vari effetti del riscaldamento globale sulla Terra, sembriamo essere decisi a sottovalutarli. Questi includono lo scioglimento dei ghiacciai, il cambiamento climatico, le estinzioni di massa e così via. Se si deve credere alle persone "istruite" dello United States Geological Survey (USGS), il famoso Glacier National Park negli Stati Uniti sarà lasciato senza ghiacciai entro il 2030! Negli ultimi 60 anni, l'Alaska si è riscaldata più del doppio rispetto al resto degli Stati Uniti. La minaccia del riscaldamento globale si è moltiplicata nel corso degli anni e, sfortunatamente, la situazione continua a degenerare con le nazioni sviluppate e quelle in via di sviluppo che si scontrano sulla questione dell'attuazione dei tagli alle emissioni. Il riscaldamento globale è senza dubbio un problema serio; tanto più perché il suo effetto sulla Terra innesca una serie di effetti negativi su altri componenti correlati. Lo scioglimento del ghiaccio polare, ad esempio, aumenta il livello dell'acqua del mare e questo, a sua volta, sommerge le zone basse del mondo.

    Chi è colpito dal riscaldamento globale?

    Umani, animali, piante, clima, Terra saranno influenzati dal riscaldamento globale. In effetti, alcune specie di piante e animali sono già sull'orlo dell'estinzione. Gli studi indicano che circa il 15-37 percento delle specie vegetali e animali sarà spazzato via dal pianeta entro il 2050. Al momento, se diamo uno sguardo più attento al nostro pianeta, si potrà notar che il cambiamento nel modello climatico è già diventato evidente, i ghiacciai si stanno sciogliendo, il livello del mare si sta alzando... per farla breve, siamo già sulla strada per l'inferno.

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    Edited by Filippo Foti - 12/1/2022, 16:12
  6. .

    I tentativi di ridurre le emissioni di carbonio, responsabili del riscaldamento globale che causano il cambiamento climatico, nonostante oltre 30 anni di avvertimenti da parte di scienziati e “sforzi” globali, al momento sono ancora in aumento.


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    Txai Suruí, un'attivista indigena brasiliana, alla conferenza delle Nazioni Unite sul clima a Glasgow.


    Note come COP (Conference of the parties - Conferenza delle Parti), dove le "parti" sono i Paesi che partecipano alle conferenze sul clima, nascono a Rio de Janeiro (Brasile) nel 1992, gli ultimi due passeranno alla storia come un fallimento per concretizzare l'ambizione di ridurre gli effetti del cambiamento climatico. In questo primo post faremo un ampio resoconto dell'azione per il clima dagli anni ’50 al decennio 1970. Seguiranno tutti gli eventi dal 1980, fino alla recente e inconcludente XXVI Conferenza delle Parti dell'UNFCCC che si è svolta a Glasgow dal 31 ottobre al 13 novembre 2021. Conosciuta anche come COP26, la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico si è svolta sotto la presidenza del Regno Unito.

    1958 - Premesso che il concetto di effetto serra, il fenomeno naturale che permette al nostro pianeta di mantenere le condizioni necessarie per ospitare la vita, fu proposto per la prima volta nel 1820 dal matematico e fisico francese Joseph Fourier (1768-1830), è stato Charles David Keeling che nel 1958 effettuò la prima lettura delle concentrazioni di anidride carbonica (CO2) atmosferica alle Hawaii e in Antartide. Tuttavia, l'azione umana ascrivibile all'industria, agricoltura e l'allevamento intensive o ai trasporti, ha aumentato la presenza di questi gas nell'atmosfera - principalmente, anidride carbonica e metano a causa della combustione di combustibili fossili come il carbone, petrolio o gas — inducendo la Terraa trattenere più calore e ad aumentare la sua temperatura. Questo è ciò che conosciamo come riscaldamento globale, un fenomeno del resto naturale lungi dall'essere un nostro grande alleato come in passato, rappresenta ora un rischio per la nostra sopravvivenza.

    Keeling a Mauna Loa (Hawaii) registrò valori di 313 ppm (parti per milione) fino a quando le interruzioni di corrente interruppero l'apparecchiatura tra maggio e luglio. Questi dati dei primi tre mesi mostrarono un aumento di concentrazioni progressivo di CO2. Successivamente a novembre, i livelli diminuirono per poi aumentare nei mesi successivi. Negli anni che seguirono, la sua ricerca rivelerà quella che oggi è conosciuta come la “curva di Keeling”, un grafico di misurazioni continue che mostra il rapido accumulo di anidride carbonica e che è considerata da molti scienziati una misura affidabile della CO2 negli strati intermedi della troposfera ed è stata interpretata da molti esperti del clima come un segnale di avvertimento del riscaldamento globale.

    Curva_di_Keeling


    1959 - Il fisico esperto di armi nucleari Edward Teller, in occasione del centenario dell'industria petrolifera americana di giorno 4, parlò dei "modelli energetici del futuro" e le sue parole portarono ad un avvertimento inaspettato: “Signore e signori, vi parlerò dell'energia in futuro. Inizierò col dirvi perché credo che le risorse energetiche del passato debbano essere integrate. Prima di tutto, queste risorse energetiche si esauriranno poiché utilizzeremo sempre più combustibili fossili. [....] Ma vorrei [...] citare un altro motivo per cui probabilmente dobbiamo cercare ulteriori rifornimenti di carburante. E questa, stranamente, è la questione della contaminazione dell'atmosfera. [....] Ogni volta che si brucia carburante convenzionale, si crea anidride carbonica. [....] L'anidride carbonica è invisibile, è trasparente, non si sente l'odore, non è dannosa per la salute, quindi perché preoccuparsi? L'anidride carbonica ha una strana proprietà. Trasmette luce visibile ma assorbe la radiazione infrarossa emessa dalla Terra. La sua presenza nell'atmosfera provoca un effetto serra [....] È stato calcolato che un aumento della temperatura corrispondente ad un aumento del 10% dell'anidride carbonica sarà sufficiente per sciogliere la calotta glaciale e sommergere New York. Tutte le città costiere sarebbero coperte e, poiché una percentuale considerevole della razza umana vive nelle regioni costiere, penso che questa contaminazione chimica sia più grave di quanto la maggior parte delle persone tenda a credere.

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    Rappresentazione a spirale del cambiamento della temperatura globale.


    DECENNIO 1960 – Negli anni '60, il movimento ambientalista concentrò la sua attenzione sull'inquinamento e fece pressioni con successo sul Congresso degli Stati Uniti, il ramo legislativo del governo federale che fa le leggi della nazione, affinché approvasse misure per promuovere aria e acqua più pulite. Durante gli anni '60, l'ambientalismo divenne un movimento sociale di massa. Attingendo ad una cultura di attivismo politico ispirata in parte dai movimenti per i diritti civili e contro la guerra, migliaia di cittadini, in particolare giovani uomini e donne bianchi della classe media, furono coinvolti nella politica ambientale.
    Nel 1962 Rachel Carson pubblicò “Silent Spring” (Primavera silenziosa) che rappresentò un indicatore utile per l'inizio del moderno movimento ambientalista americano. Il libro, che trascorse trentuno settimane nell'elenco dei best-seller del New York Times, allertò gli americani e non solo sugli effetti ambientali negativi dell’insetticida (DDT) - para-diclorodifeniltricloroetano, una potente sostanza usata per proteggere le piante dai parassiti che era stata utilizzata nell'agricoltura americana a partire dalla seconda guerra mondiale. La preoccupazione per l'uso del DDT portò John F. Kennedy ad istituire un comitato consultivo presidenziale sui pesticidi.

    Più significativamente, tuttavia, Silent Spring ha sollevato preoccupazioni sul fatto che la crescita incontrollata dell'industria avrebbe minacciato la salute umana e distrutto la vita animale: il titolo dell'opera si riferiva al timore di Carson che la continua distruzione dell'ambiente avrebbe alla fine estinto gli uccelli che cantavano fuori dalla sua finestra. Pertanto, Silent Spring ha trasmesso il messaggio ecologico che gli esseri umani stavano mettendo in pericolo il loro ambiente naturale ed avevano bisogno di trovare un modo per proteggersi dai rischi della società industriale. Insieme al problema della guerra nucleare, Carson affermò: "Il problema centrale della nostra epoca è [...] diventato la contaminazione dell'ambiente totale dell'uomo con [...] sostanze dall'incredibile potenziale dannoso".

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    DECENNIO 1970 - La popolarità dell'agenda ambientale si rese evidente in quel decennio. Il movimento affrontò sempre più le minacce ambientali create dallo smaltimento dei rifiuti tossici. L'ambientalismo si basava sulla diffusione di una coscienza ecologica che vedeva il mondo naturale un sistema biologico e geologico come un insieme interagente. Gli ecologisti sottolinearono la responsabilità umana per l'impatto della loro vita quotidiana su un mondo naturale più ampio, temendo che l'interruzione umana dell'ecosistema terrestre minacciasse la sopravvivenza del pianeta. In quel decennio, il 22 aprile, rispondendo a un appello del senatore democratico Gaylord Nelson, fu organizzata la prima “Giornata della Terra” per concentrare l'attenzione delle persone sulle minacce per l'ambiente. A New York City, 100.000 persone si accalcarono sulla “Fifth Avenue” per mostrare il loro sostegno alla protezione della Terra, ma si stima che circa venti milioni di americani, in qualche modo, parteciparono all'evento.

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    Gaylord Nelson


    Il 5 giugno del 1972 viene inaugurato a Nairobi (Kenya) il "Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente" (UNEP). Il cambiamento climatico non venne registrato nell'agenda, che si concentrò su questioni come l'inquinamento chimico, i test sulla bomba atomica e la caccia alle balene. Nel 1975 La popolazione umana raggiunse i tre miliardi. Alla fine degli anni '70, il movimento affrontò sempre più le minacce ambientali create dallo smaltimento dei rifiuti tossici. La diffusione della coscienza ecologica dal mondo scientifico al pubblico, in generale, si riflesse nelle metafore popolari del pianeta come “Astronave Terra” o “Madre Terra”. Ad esempio, Marvin Gaye nella sua canzone di successo che sarà pubblicata il 10 giugno 1971 e che fa parte del Il secondo singolo dell'LP, ufficialmente intitolato "Mercy Mercy Me (The Ecology), (Pietà, Pietà di me -L'ecologia) canterà:


    Ah, le cose non sono più come erano. - Dove sono finiti tutti i cieli blu? - Il veleno è il vento che soffia da nord, sud e est. - Ah, le cose non sono più come erano. - Petrolio sprecato nell'oceano e nei nostri mari. - Pesce pieno di mercurio. - Oh Gesù, sì, pietà, pietà, ah.[…] - Radiazioni nel sottosuolo e nel cielo. - Gli animali e gli uccelli che vivono nelle vicinanze stanno morendo. - Ehi, perdonami, perdonami, oh. […] - Che ne dici di questa Terra sovraffollata? - Quanti altri abusi da parte dell'uomo può sopportare?

    Miami

    Miami - Florida (Stati Uniti), diventerà la nuova Venezia del prossimo futuro?



    Vi aspetto, su questo argomento, al prossimo post che sarà pubblicato a breve.

    Tutti i post da noi pubblicati sull'azione per il clima li potete leggere qui:

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  7. .

    Molte epidemie o pandemie disastrose hanno avuto e hanno origine dal surriscaldamento della Terra, dalla nostra distruzione dell'ambiente e dall'invasione della fauna selvatica.


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    Con la devastazione causata dall’uomo dell'ambiente e l’incursione delle specie selvatiche sono apparsi in molti Paesi del nostro pianeta patologie come Ebola, Nipah, Zika, HIV e probabilmente anche il COVID-19. Ecohealth Alliance, una organizzazione non governativa con sede negli Stati Uniti con la missione dichiarata di proteggere le persone, gli animali e l'ambiente dalle malattie infettive emergenti, attribuisce circa un terzo delle malattie infettive emergenti alla trasformazione dell’uso del suolo, ovvero della sottrazione di superfici agricole, forestali e naturali.

    Rachel Harold, medico di sorveglianza del Dipartimento della Salute del Distretto di Columbia - Stati Uniti d'America, coincidente con la capitale Washington - in un suo studio ha esaminato alcune delle infezioni più comuni, come la gastroenterite, una delle principali cause di mortalità a livello globale, con 1,7 milioni di morti all'anno. Dallo studio è emerso che per ogni grado di aumento della temperatura, c'era un aumento dell'8% della diarrea.

    Nel presentare i suoi studi al Consorzio per il Clima e la Salute presso la “Medical Society”, affiliato della George Mason University, Harold ha descritto il cambiamento climatico come un "moltiplicatore di minacce". Ad esempio, le persone che sfollano a causa dei disastri climatici vanno incontro a dissenteria bacillare, la shigellosi, un'infezione acuta dell'intestino tenue causata dal Shigella (un batterio correlato con Escherichia coli), dando luogo ad epidemie o altre malattie legate ai servizi igienico-sanitari che colpiscono i campi profughi che non dispongono di adeguate risorse. Il suddetto Consorzio per il Clima e la Salute ha la missione di organizzare, potenziare ed aumentare la consapevolezza sull'impatto che il cambiamento climatico ha sulla salute delle persone e come il rallentamento dell’aumento delle temperature la miglioreranno.

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    Recentemente la professoressa Erin Mordecai, biologa presso lo “Stanford Woods Institute for the Environment”, ha dichiarato che: “Stiamo giocando a colpire una ‘talpa’ che sta conquistando da lungo tempo una posizione di rilievo all'interno delle difese di sicurezza di quasi tutti i Paesi del mondo, lottando per trovare vaccini e nuovi trattamenti per una varietà di agenti patogeni emergenti". La Mordecai, si occupa in particolare di come il clima e le interazioni tra specie e il cambiamento globale guidino le dinamiche delle malattie infettive negli esseri umani e negli ecosistemi naturali. Di recente è stata molto critica su Jair Bolsonaro per come le sue politiche anti-scientifiche abbiano alimentato il Covid-19 e che l’anno portato ad accuse di aver commesso crimini contro l'umanità.

    I MEDICI DI TUTTO IL MONDO CONDANNANO LA CONTINUA INIQUITÀ DEI VACCINI

    Intanto, con una nota del 2 dicembre 2021, la “World Medical Association – WMA-” (Associazione Medica Mondiale), in seguito all'emergere della nuova variante Omicron, ha fortemente criticato le nazioni più ricche per non aver fatto abbastanza per aiutare i Paesi a basso reddito a vaccinare le loro popolazioni. La presidente della WMA, la dott.ssa Heidi Stensmyren, ha dichiarato: "Questa palese iniquità equivale a un fallimento della leadership globale ed è profondamente deludente. Fino a quando non impareremo che questa pandemia non può essere contenuta da un solo Paese, continueremo tutti a soffrire. I Paesi sviluppati devono ora fare di più per abbracciare la cooperazione internazionale. Dobbiamo progredire insieme, non separatamente e questo non può aspettare che venga concluso con un nuovo trattato (o COP che dir si voglia ndr). Non possiamo permetterci di lasciare indietro nessuno”.

    Il 30 dicembre 2021, sottolineando che la variante Omicron sta infettando in tutto il mondo sia le persone vaccinate che quelle non vaccinate, il capo scienziato dell'OMS d.ssa Soumya Swaminathan ha affermato che sembra che i vaccini si stiano ancora dimostrando efficaci perché, anche se i numeri stanno aumentando esponenzialmente in molti Paesi, la gravità della malattia non è salita a un nuovo livello.

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  8. .

    Mia Amor Mottley, nei colloqui sul clima di Cop26 a Glasgow, ha ammonito i rappresentanti dei Paesi presenti che un mondo proiettato verso 2°C. è una condanna a morte per l’umanità.


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    Questa coraggiosa donna ha lasciato il segno nel corso dei colloqui sul clima di Cop26 a Glasgow. Con un discorso ardente ed appassionato ha ammonito i leader delle più grandi economie del mondo di "sforzarsi di più" per evitare il catastrofico cambiamento climatico, precisando che un mondo surriscaldato di 2°C. è una condanna a morte per l’umanità. “Il nostro mondo si trova a un bivio, uno non meno significativo di quando furono costituite le Nazioni Unite nel 1945. Ma allora la maggior parte dei paesi qui presenti non c'era, esistiamo e ci siamo ora. La differenza è che vogliamo esistere anche tra 100 anni", ha detto.

    Il primo ministro delle Barbados Mia Amor Mottley è la prima donna leader del suo paese che è riuscita a promuovere la conversione in repubblica della sua isola, 430 km² di superficie, con 287.371 (riferito al 2020) abitanti. Il 20 ottobre 2021 Camera e Senato si sono riuniti per eleggere il primo presidente delle Barbados Sandra Prunella Mason, un'altra pietra miliare storica sulla strada della repubblica, dopo aver abbandonato il Commonwealth britannico il 30 novembre scorso.

    Nel congratularsi con la Mason, che ha ricevuto la necessaria maggioranza dei due terzi nelle Camere del Parlamento, Mottley ha affermato che l'elezione di un presidente “è un momento fondamentale” nel cammino del Paese. Si è trattato della quarta ex colonia nell'area caraibica a compiere questo passo dopo la Guyana nel 1970, Trinidad e Tobago nel 1976 e Dominica nel 1978. Secondo fonti (ANSA) il prossimo Paese, stando ai sondaggi, a scegliere di diventare una repubblica potrebbe essere, la Giamaica. Secondo "The Nation News" di Bridgetown la capitale delle Barbados, la Mottley ha annunciato lo svolgimento di elezioni legislative, le prime da quando il Paese ha abbandonato la monarchia per trasformarsi in repubblica, per il 19 gennaio 2022.

    La sopravvivenza dei piccoli Stati insulari come le Barbados dipende dallo sblocco dei finanziamenti necessari per limitare l'aumento della temperatura globale a 1,5°C., l'obiettivo più ambizioso dell'accordo di Parigi. Per il primo ministro delle Barbados non farlo si traduce in vite spezzate per mancanza di mezzi di sussistenza nella loro comunità. Ma il suo impatto sulla conferenza sul clima è andato oltre le solite richieste di ambizione e sostegno. Armata di proposte concrete, Mottley con notevole autorevolezza, ha messo in rilievo discussioni traballanti sul sistema finanziario globale ad un livello politico più alto.

    La Mottley è stata in missione alla COP26 per cercare un nuovo accordo finanziario in modo tale che i Paesi più responsabili dei danni climatici dovrebbero risarcire quelli che risultano più esposti. I Paesi in via di sviluppo che avevano spinto per la creazione di una struttura per perdite e danni hanno lasciato Glasgow con solo una promessa per parlare di futuri accordi di finanziamento. Un fondo per perdite e danni è "imperativo", ha detto invece Mottley alla conferenza.

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    Durante la pandemia, Mottley ha sostenuto una richiesta di riduzione del debito verde per aiutare i piccoli Stati insulari carichi di debiti come le Barbados che non ammissibili per i prestiti a basso costo di cui godono le nazioni ricche e il finanziamento agevolato riservato ai Paesi a basso reddito. A Glasgow ha anche illustrato come potrebbero essere questi nuovi strumenti finanziari, ovvero 'nuovi strumenti flessibili di finanziamento dello sviluppo che supporteranno una crescita responsabile, resiliente e inclusiva'.

    Nel 2017, l'uragano Maria ha colpito la Dominica, un'isola nazione situata nel mar dei Caraibi, infliggendo all'isola un'incredibile perdita economica. "Quale risarcimento dovrebbero pagare i paesi ricchi per proteggerli da questi eventi”? Ha chiesto la Mottley nel suo intervento a Glasgow. Ha invece proposto che l'1% delle entrate derivanti dalla vendita di combustibili fossili, nei Paesi che hanno contribuito maggiormente al cambiamento climatico, vada in un fondo per perdite e danni. Questo genererebbe oltre 70 miliardi di dollari l'anno. L'accesso al fondo sarebbe limitato ai Paesi che subiscono disastri legati al clima e perdite superiori al 5% della loro economia.

    Nonostante un certo scetticismo, la proposta di Mottley ha trovato casa nel patto di Glasgow. L'esito finale dei colloqui Cop26 si riferisce specificamente all'uso dei “Special Drawing Rights” (SDRs), ovvero i (Diritti speciali di prelievo) per aumentare i finanziamenti per il clima, per la prima volta in una decisione delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico.

    Giorni dopo aver pronunciato il discorso, durante la sua visita a Bruxelles, Mottley ha discusso la suddetta proposta con il vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo Frans Timmermans che ha sostenuto l'idea a COP26. "Se vogliamo davvero essere sulla buona strada per l'1.5° C., avremo bisogno di molta più potenza finanziaria e rendo omaggio alla creatività di persone come il primo ministro Mia Mottley", ha detto ai diplomatici di COP26.

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    NOTTLEY UN FULGIDO ESEMPIO DI DONNA DETERMINATA: La popolarità della Mottley è iniziata quando è stata eletta primo ministro delle Barbados nel 2018, vincendo con oltre il 70% del voto popolare, prendendo tutti e 30 i seggi in parlamento con il suo partito politico socialdemocratico. La sua difesa per i Paesi più esposti al cambiamento climatico è andata presto oltre le coste dello stato insulare, facente parte delle Piccole Antille, parlando a favore dei Caraibi e dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo in tutto il mondo.

    "Chiunque l'abbia seguita o che la conosca capirà che se affronta un problema, come la questione finanziaria, lo seguirà senza paura fino alla sua conclusione", ha dichiarato a "Climate Home News" Bill Hare, CEO di Climate Analytics e consulente climatico di lunga data per gli Stati dei Caraibi.

    "Lei è il vero affare", ha detto Rachel Kyte, che ha trascorso anni alla Banca Mondiale e alle Nazioni Unite prima di diventare preside della "Fletcher Schoo" presso la "Tufts University". Kyte ha descritto Mottley come uno dei leader più "creativi" e "carismatici" sulla questione della finanza climatica.

    Comunque, le donne del Sud del mondo stanno avendo un impatto significativo nelle questioni climatiche e non solo a COP26. Ci riferiamo anche ai giovani attivisti Elizabeth Wathuti del Kenya e Brianna Fruean delle Samoa che stanno portando l'attenzione sulla situazione nei loro Paesi d'origine, in particolare sugli impatti dell'innalzamento del livello del mare e della siccità.

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    TRA IL SERIO E IL FACETO

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    Nel nostro mondo altamente incerto, ora c'è solo una certezza: la natura è su tutte le furie, dicendoci che ne ha abbastanza.


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    Gli ultimi due anni devono essere stati il ​​periodo più surreale della nostra vita. Un bel giorno all'inizio del 2020, ci siamo svegliati per renderci conto che un semplice virus ha fermato il nostro mondo. Abbiamo fatto cose incredibili. Abbiamo chiuso tutto, rinchiusi noi stessi, smesso di socializzare, ha reso le maschere una parte del nostro abbigliamento e abbiamo lavorato online. Il nostro mondo è crollato. Abbiamo vissuto l'inferno negli ultimi due anni, vedendo la morte e la disperazione come mai prima d'ora. L'esperienza è stata universale, sia per i ricchi che per i poveri.

    Poi abbiamo pensato che la fine fosse in vista: abbiamo sperato e pregato che il vaccino funzionasse. Esattamente un anno fa, questo miracolo della medicina moderna è arrivato nel nostro mondo. Sembrava chiaro che il peggio era alle nostre spalle. L'unica domanda era se il vaccino avrebbe raggiunto tutto il mondo. Molto è stato detto (non inteso) anche sulla necessità di garantire che tutti fossero vaccinati, altrimenti sarebbe emersa una nuova variante.

    Nella guerra contro la pandemia, è stata una gara tra la vaccinazione e il virus e le sue varianti. "Nessuno è al sicuro finché tutti non sono al sicuro". Questo slogan ci è arrivato come una rassicurazione di una vittoria. Abbiamo sentito queste sottigliezze dai leader mondiali del G7.

    Mentre ci preparavamo per entrare nel nuovo anno, sperando di tornare ai vecchi modi normali, la nuova variante - Omicron - ha colpito il mondo. Se il 2020 è stato l'anno del nuovo coronavirus e il 2021 della sua variante Delta, il 2022 ora rischia di essere quello di Omicron. Non sappiamo quanto sarà grave; sappiamo solo che questa variante è altamente mutata e altamente infettiva: rompe le barriere immunitarie, compreso ciò che abbiamo acquisito dai vaccini. Quindi, ora l'unica opzione è fornire colpi di "richiamo" ai già vaccinati in modo che Omicron diventi meno pericoloso.

    L'Organizzazione Mondiale della Sanità, che fino a poco tempo fa implorava i paesi "ricchi" di non optare per i booster (richiami dei vaccini) dicendo che dovrebbero invece metterli a disposizione delle nazioni più povere per fermare il virus, ora sta urlando "booster, booster, booster". Siamo stanchi. Temiamo che il 2022 sia una ripetizione dell'anno scorso, che abbiamo accolto con la speranza della normalità, ma che poi abbiamo dovuto sopportare un'altra ondata mortale della pandemia.

    La pandemia non è finita, per niente. Nella sua morsa c'è la nostra prossima generazione. Stiamo assistendo ai peggiori impatti di questo virus sui bambini. Questa è una generazione che sarà segnata da questo virus, indipendentemente dalla sua intrinseca resilienza e dal suo retroterra sociale.

    I bambini, credo, sono i più colpiti da questo virus, qualcosa di cui spesso non discutiamo. Sono loro che hanno perso tempo prezioso di stare a scuola per imparare e della gioia di vivere. Non basta dire che l'educazione è online, perché sappiamo cosa significa per i poveri. Non basta dire che il tempo in famiglia è aumentato perché sappiamo cosa significa per la loro salute mentale e il loro sviluppo non essere in grado di vivere la vita come “normale”.

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    Questo non è tutto. Sia chiaro che temiamo che il 2022 sia una ripetizione dell'anno scorso non è he sia passato tempo dalle epidemie del virus dell'influenza aviaria che ha colpito uccelli e pollame; dell'influenza suina africana che colpisce le popolazioni di suini in tutto il mondo; e delle infezioni virali nipah (da pipistrelli) e zika (da zanzare). Infatti, qualcuno di questi o altri virus zoonotici potrebbe diventare mortale o più mortale della nuova malattia da coronavirus - COVID-19? Noi non sappiamo. Nonostante tutte queste incertezze, ci rifiutiamo di riconoscere che non siamo in pace con la natura.

    Questo è ciò che dobbiamo ricordare nella battaglia contro il COVID-19. Sappiamo che le malattie che possono essere trasmesse direttamente o indirettamente tra gli animali e l'uomo sono in aumento a causa del nostro rapporto distopico con la natura spesso ambientata in un futuro prossimo nel quale le tendenze sociali sono portate ad estremi apocalittici e che possiamo risolverlo solo se riformuliamo i nostri sistemi alimentari. Ma stiamo cercando soluzioni rapide.

    Sappiamo che, a meno che tutti non siano vaccinati, rimaniamo vulnerabili. Eppure non ci stiamo mettendo d'accordo su questo. Abbiamo anche appreso negli ultimi due anni che il successo dei paesi nel contenere la virulenza della malattia risiede nel loro investimento nei sistemi sanitari pubblici a livello della società e che questi devono essere al livello primario, accessibili, disponibili e dotati di personale per soddisfare le esigenze di tutti. Questo è quindi il punto in cui deve essere l'attenzione, anche mentre passiamo alla variante successiva.

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  10. .

    La comunità scientifica di esperti ambientali produce numerosi studi per prevedere l'aumento del livello del mare, delle maree, mareggiate e inondazioni costiere e sulla terraferma. Ma le organizzazioni governative internazionali sono sempre inattive nel prendere provvedimenti, (bla bla bla, COP26 docet in attesa dell'apocalisse, ovvero della incipiente sesta estinzione di massa).


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    Il cambiamento climatico minaccia i popoli in tutto il mondo, ma in particolare nei luoghi in cui è prevedibile che le concentrazioni di persone si sovrappongano alla moltitudine dei rischi fisici, ed è probabile che le zone costiere contengano una quota sproporzionata e crescente di tali rischi. L'innalzamento del livello del mare e una maggiore prevalenza di eventi meteorologici aumentano le possibilità di inondazioni, erosione costiera, salinizzazione delle acque sotterranee e altri pericoli nelle basse aree costiere. Le persone, com’è noto, sono più concentrate in dette aree e ci si può aspettare che l'urbanizzazione aumenti questa concentrazione, a meno che i modelli di sviluppo urbano non cambino sostanzialmente.

    La necessità di continuo prelievo di acqua, può anche contribuire alla subsidenza dei terreni, specialmente nei delta dove spesso è già in atto una subsidenza naturale, in particolare nel fondo di un bacino sedimentario marino, laddove i detriti sono porosi e tendono a dirigersi verso il basso. Infatti, riducendosi di volume, tendono a sprofondare sotto l’azione di carichi forti ed estesi, anche aggravati dal cedimento del suolo ove questo si verifichi, dovuti all’attività dell’uomo che aggiunge ed amplifica i rischi associati all'innalzamento del livello del mare e agli eventi meteorologici estremi che sposteranno le coste dell'oceano e degli estuari inondando le pianure, smuovendo le zone umide e alterando l'escursione delle maree nei fiumi e nelle baie. Le mareggiate derivanti da eventi meteorologici più estremi possono aumentare le aree soggette a inondazioni periodiche.

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    Le inondazioni distruggono la biodiversità, le vite, i mezzi di sussistenza, le infrastrutture e altri beni. Possono anche aggravare i rischi per la salute, come il colera. In alcuni luoghi l'acqua stagnante può favorire la riproduzione di zanzare portatrici della malaria. Le ricorrenti inondazioni costiere possono causare impatti frequenti come chiusure di strade, ridotta capacità di drenaggio delle acque piovane e deterioramento delle infrastrutture non progettate per resistere a frequenti inondazioni o esposizione all'acqua salata. Le inondazioni costiere possono anche influire sulla salute umana, ad esempio aumentando il rischio che le infrastrutture per l'acqua potabile e le acque reflue si guastino, mettendo le persone a rischio di essere esposte ad agenti patogeni e sostanze chimiche dannose. La COP26 era stata annunciata, ahimè, come un'ultima possibilità di compiere progressi significativi nelle aree di mitigazione e adattamento delle alluvioni, come i sistemi di allarme rapido, purtroppo si è fatto poco o nulla.

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    Questo grafico mostra i cambiamenti complessivi del livello del mare per gli oceani del mondo dal 1880, sulla base di una combinazione di misurazioni mareografiche a lungo termine e recenti misurazioni satellitari che si basano esclusivamente misura sul livello del mare, mentre i dati dei mareografi a lungo termine includono un piccolo fattore di correzione perché le dimensioni e la forma degli oceani cambiano lentamente nel tempo. (In media, il fondale oceanico è andato progressivamente affondando dall'ultimo picco dell'era glaciale, 20.000 anni fa.) La banda ombreggiata mostra il probabile intervallo di valori, in base al numero di misurazioni raccolte e alla precisione dei metodi utilizzati.

    L'aumento della frequenza e dell'intensità delle precipitazioni può portare a un maggiore deflusso delle acque piovane, erosione e sedimentazione. Una maggiore introduzione di nutrienti, inquinamento e sedimenti in un estuario può minacciare la funzione del suo ecosistema. Al contrario, la diminuzione delle precipitazioni può anche influenzare la salinità delle acque costiere. Gli estuari richiedono un equilibrio naturale di acqua dolce e salata. La siccità riduce l'ingresso di acqua dolce nei fiumi e nelle baie di marea, il che aumenta la salinità negli estuari e consente all'acqua salata di mescolarsi più a monte. L'aumento della salinità negli ambienti di acqua salmastra, anche in questo caso, può degradare la salute dell'ecosistema e l'intrusione di acqua salata all'interno delle acque sotterranee, o più a monte, pone anche rischi per le infrastrutture costiere dell'acqua potabile.

    Pertanto, quantificare l'urbanizzazione all'interno delle zone costiere è importante per monitorare le fonti ed i percorsi che creano questi rischi. L’eventualità di subire un danno non solo minaccia direttamente la vita e il benessere umano, ma ha anche conseguenze negative per le abitazioni dei centri abitati, nonché per gli ecosistemi locali ed i servizi che forniscono. Ciò posto occorre delimitare le zone costiera a bassa quota identificando le vaste aree in cui è probabile che le persone siano ad alto rischio di esposizione, a rischi noti e quelle aggravate dal cambiamento climatico.

    Uno studio fondamentale sull'insediamento nelle zone costiere a livello globale ha rilevato che nell'anno 2000, le aree costiere con un'altitudine inferiore a 10 metri contenevano circa il 10% della popolazione mondiale e il 13% della loro popolazione urbana. Nel 2000, le popolazioni di questi paesi a bassa altitudine, stavano crescendo più velocemente che al di fuori. Da quello studio, sono stati sviluppati una serie di nuovi strumenti e set di dati, che consentono stime più raffinate di aree territoriali, aree edificate e popolazioni costiere e le loro mutevoli composizioni urbano-rurali per un certo numero di anni (1990 - 2015).

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    Le stime della popolazione urbana e dell'area territoriale costiera richiedono dati aggiuntivi sull'estensione spaziale e sulla densità delle aree urbane, comprendendo idealmente una intera successione continua urbano-rurale. Sebbene le conclusioni sull'osservazione diretta o indiretta dei fatti per tali stime sono migliorate notevolmente rispetto ad una prima analisi, c'è stata anche una proliferazione di nuovi dati disponibili a livello internazionale, fonti contenenti un'ampia gamma di stime della popolazione nelle aree costiere.

    Migliorare il processo decisionale richiede pertanto una migliore comprensione dei punti di forza e dei limiti di ciascun set di dati, delle applicazioni per le quali ciascuno è più adatto e del motivo per cui le stime variano così ampiamente. La comunità scientifica di modellisti che produce i numerosi set di dati e modelli rilevanti per prevedere il livello del mare, le maree, le mareggiate e altre inondazioni costiere è in grande crescita e le future stime dovrebbero essere sostanzialmente migliorate.


    CAMBIAMENTO CLIMATICO E PRECIPITAZIONI ESTREME IN TUTTO IL MONDO

    Consideriamo un caso che vale per altre situazioni che si verificano su tutto il pianeta, non fosse altro per gli studi che sono stati compiuti da due studiosi del clima. Le intense piogge cadute sulla Germania occidentale e meridionale nel mese di luglio 2021 sono state devastanti e storiche. In meno di 24 ore sono caduti fino a 203,2 mm di pioggia (altezza pluviometrica o altezza di pioggia), equivale a dire che su ogni area di 1 metro quadrato in quelle aree sono caduti 5 litri di pioggia, pari a 203,2 litri. Allagando le comunità hanno provocato oltre 200 vittime. In alcune zone si prevedevano precipitazioni così intense solo una volta ogni 500 anni.

    Ci sono ampie prove che il cambiamento climatico in tutto il mondo sta aumentando la frequenza e l'intensità degli eventi di precipitazioni estreme. Infatti, in seguito a numerosi studi condotti da Manuela I. Brunner (Università di Friburgo in Brisgovia - Germania) e Daniel L. Swain (Università della California, Los Angeles - Istituto per l'Ambiente e la Sostenibilità Scienze del Sistema Terrestre), insieme ai colleghi del Centro Nazionale per la Ricerca Atmosferica e dell'Università Ludwig-Maximilians di Monaco, è stata esaminata la relazione tra precipitazioni e inondazioni per 78 bacini idrografici in Baviera (Germania).

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    Il team, dal 1960 al 2099, ha eseguito per le proiezioni climatiche 50 simulazioni al computer, ipotizzando che le attuali emissioni di gas serra non sarebbero state ridotte fino alla fine del secolo. Ogni simulazione è stata alimentata con diverse condizioni iniziali e ha prodotto risultati diversi per variabili climatiche come precipitazioni, temperatura e vento. Queste variabili sono state quindi inserite in un modello idrologico per comprendere meglio le condizioni della superficie, che ha mostrato le fonti d'acqua sopra e sotto il suolo come il flusso dell'acqua in un ruscello o in un fiume, e ovviamente l'umidità della parte superficiale del terreno.

    In linea con una loro ricerca precedente, il team ha scoperto che le precipitazioni aumenteranno e si intensificheranno in un clima caldo. Entro la fine di questo secolo, gli autori hanno scoperto che gli eventi di precipitazioni intense, che in genere si verificavano due volte al secolo, ora si raddoppieranno.

    Oltre alle inondazioni di luglio in Germania, le devastanti inondazioni estive in Cina e nel Tennessee centrale sono state un evento che si verificava solo ogni 1.000 anni. Brunner ha anche affermato che le inondazioni estreme non richiedono una pioggia ogni 1.000 anni. Nello studio, hanno infatti scoperto che potrebbero verificarsi inondazioni estreme con inondazioni che si verificherebbero ogni 20-50 anni con il risultato che le persone, nella loro vita, potrebbero sperimentare questi disastrosi eventi almeno una o due volte.

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    PERCHÉ IL LIVELLO DEL MARE CAMBIA NEL TEMPO E COSA HA A CHE FARE IL LIVELLO DEL MARE CON IL CLIMA?

    In conclusione, ci sono una serie di fattori che contribuiscono alle variazioni a lungo ed a breve termine del livello del mare. Le variazioni a breve termine si verificano generalmente su base giornaliera e includono onde, maree o eventi alluvionali specifici, come quelli associati allo scioglimento delle nevi invernali, agli uragani o ad altre tempeste costiere. Le variazioni a lungo termine del livello del mare si verificano su varie scale temporali, da mensili a diversi anni, e possono essere cicli ripetibili, tendenze graduali o anomalie intermittenti. I modelli meteorologici stagionali, le variazioni della declinazione terrestre, i cambiamenti nella circolazione costiera e oceanica, le influenze antropiche (come il dragaggio), il movimento verticale del suolo e l'oscillazione meridionale di El Niño sono solo alcuni dei molti fattori che influenzano i cambiamenti nel livello del mare nel tempo.

    A proposito dell'azione di El Niño sull'Europa e sul Mediterraneo, in genere si fa sentire poco, anche se la temperatura della superficie del mare nel lontano Pacifico tropicale può influenzare il clima di novembre. Lo dimostra uno studio condotto da Martin King presso il Bjerknes Center e l'Uni Research. King e il suo team hanno studiato se le condizioni del Pacifico ci consentono di prevedere nei mesi a venire se l'autunno e l'inverno in Europa saranno caldi o freddi, asciutti o umidi, ma non va così in altre parti del mondo.

    Il ciclo tra le condizioni calde di El Niño e quelle fredde di La Niña nel Pacifico orientale (comunemente indicato come El Niño-Southern Oscillation, ENSO) è continuato senza grandi interruzioni per almeno gli ultimi 11.000 anni. Tuttavia la simulazione del riscaldamento globale, condotta il 29 agosto scorso presso l'Institute for Basic Science, rivela la possibile fine del ciclo di temperatura di El Niño/La Niña. Questo potrebbe cambiare in futuro secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista "Nature Climate Change" da un team di scienziati dell'IBS Center for Climate Physics (ICCP) della Pusan ​​National University in Corea del Sud, il Max Planck Institute of Meteorology, Amburgo, Germania, e l'Università delle Hawaii a Mānoa, USA. "Il risultato delle nostre simulazioni al computer è chiaro: l'aumento delle concentrazioni di CO2 indebolirà l'intensità del ciclo di temperatura ENSO,” ha affermato il dottor Christian Wengel, primo autore dello studio ed ex ricercatore post-dottorato presso l'ICCP, ora presso l'Istituto di meteorologia Max Planck di Amburgo in Germania.

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    Comprendere le tendenze del livello del mare, nonché la relazione tra il livello del mare globale e locale, fornisce informazioni critiche sugli impatti del clima terrestre sui nostri oceani e sulla nostra atmosfera. I cambiamenti del livello del mare sono direttamente collegati a una serie di processi atmosferici e oceanici. I cambiamenti nelle temperature globali, i cicli idrologici, la copertura di ghiacciai e calotte glaciali e la frequenza e l'intensità delle tempeste sono esempi di effetti noti di un clima che cambia, tutti direttamente correlati e catturati nei record a lungo termine del livello del mare. Questi dati forniscono una chiave importante per comprendere l'impatto del cambiamento climatico lungo le coste di tutto il mondo.

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    Uno dei sistemi più discussi per rimuovere l'anidride carbonica dall'atmosfera è pomparla nel sottosuolo. Però, c'è chi dice no, chi dice sì, chi dice nì.


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    C'è chi dice no, chi dice sì, chi dice nì... .


    Nello stoccaggio del carbonio nel sottosuolo l'anidride carbonica può reagire con alcune rocce, convertendo il gas in minerali solidi. Infatti, l’esperimento che più sotto accenneremo è lo studio di come alcuni tipi di rocce, come il granito del mantello terrestre, possono combinarsi con la CO2 per formare minerali di carbonato che, a temperatura ambiente, si presentano come dei solidi bianchi poco solubili in acqua. Tuttavia, gli scienziati devono ancora rispondere a molte domande prima di implementare questa pratica su larga scala. Una di queste, a cui la ricerca deve fornire una risposta, è cosa succede mentre il processo di mineralizzazione del carbonio progredisce. I minerali di nuova formazione ostruiscono i pori della roccia e impediscono un ulteriore ingresso di anidride carbonica (CO2)? O altri minerali romperanno le rocce circostanti, aprendo nuove aree in cui può entrare più anidride carbonica, reagire ed essere immagazzinata?

    Probabilmente i risultati di nuovi studi condotti in laboratorio e presentati lunedì 13 dicembre 2021 alla conferenza dell'American Geophysical Union (AGU), che si è tenuta virtualmente a New Orleans (Los Angeles), dal 13 al 17 dicembre 2021, potrebbero aver risolto il caso. Infatti dalle prove e valutazioni condotte in laboratorio, si è potuto constatare che nel tempo, mentre si verificano intasamenti significativi, si formano anche crepe e la reazione può continuare a procedere in un ciclo autosufficiente. Gli studi sono stati condotti dalla ricercatrice Catalina Sancheth-Roa della “Associate Research Scientist at LDEO - Columbia University”, esperta nel valutare la resistenza e la stabilità meccanica delle rocce in condizioni fisico-chimiche mutevoli e, in particolare, verificare i cambiamenti dei minerali che si verificano a seguito di gradienti di temperatura e pressione nelle faglie e nelle zone fratturate.

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    Infatti, secondo la ricercatrice, la cattura e lo stoccaggio del carbonio sono l'unica tecnologia in grado di ridurre le concentrazioni atmosferiche di CO2 che portano al cambiamento climatico, convinta com’è che la mineralizzazione del carbonio è uno dei modi più sicuri per immagazzinare la CO2 sfruttando i processi naturali.

    Sanchez-Roa e i suoi colleghi hanno iniziato l’esperimento con un campione di granito. Il team lo ha schiacciato riducendolo in polvere e l'ha pressato per formare un campione tubolare. Successivamente, lo hanno messo in una macchina chiamata deformatore triassiale che può utilizzare un mezzo di confinamento (cherosene o argon) per applicare una pressione uniforme. Ciò simula le condizioni di temperatura e pressione che si possono trovare al di sotto dell'effettivo serbatoio di roccia in cui è interessato lo stoccaggio del carbonio. La macchina ha anche una varietà di sensori che misurano come cambiano le proprietà della roccia quando i ricercatori iniettano ripetutamente CO2 per 35 giorni.

    La macchina ha anche misurato alcune emissioni acustiche impreviste, indicando che nel campione si erano formate delle crepe in combinazione con altre misurazioni come la riduzione della pressione interstiziale dell'acqua e l'aumento del volume. Col termine pressione interstiziale dell'acqua ci si riferisce alla pressione delle acque sotterranee all'interno di un terreno o roccia, in spazi vuoti tra le particelle. Questa è la prima prova sperimentale condotta per registrare fratturazioni durante il processo di mineralizzazione, ovvero la conversione di carbonio (C), azoto (N), fosforo (P) e zolfo organico (S) in forme minerali, che aiuta a mantenere la permeabilità.

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    Utilizzando questa tecnica il team ha scoperto che la densità del campione aumentava nel tempo e la sua permeabilità diminuiva. Ciò significa che si sono verificati alcuni intasamenti mentre l'anidride carbonica è stata trasformata in magnesite, quarzo, silice e carbonio elementare (più noto con il termine inglese “black carbon”).


    Secondo i ricercatori questi risultati mostrano lo stoccaggio geologico del carbonio che è il processo di base per la sua mineralizzazione in situ. La “Cattura e stoccaggio del carbonio”, CCS (Carbon Capture and Storage) ha lo scopo di togliere dall'atmosfera l'anidride carbonica (CO2) prodotta da industrie e centrali elettriche e depositarla nel sottosuolo, prima che venga emessa nell’atmosfera e, quindi, prevenendo un suo futuro accumulo. Questo processo pare possa catturare fino al 90% dell’anidride carbonica generata che, una volta catturata, viene stoccata, come opzione industriale economicamente sostenibile e sicura per confinamento della CO2nel sottosuolo .

    Carbfix imita e accelera i processi naturali, in cui l'anidride carbonica viene disciolta in acqua e interagisce con le formazioni rocciose reattive per formare minerali stabili che forniscono un pozzo di carbonio permanente e sicuro.



    Pertanto, pur se nelle profondità della Terra l’erosione delle rocce aumenta con lo stoccaggio del carbonio organico, i ricercatori sperano di continuare a sperimentare non con il granito ridotto in polvere, bensì con la roccia intatta per trovare condizioni di temperatura e pressione ottimali per incoraggiare il “cracking”, ovvero per favorire le crepe. Comunque, secondo Catalina Sanchez Roa, la mineralizzazione del carbonio, è un metodo potenzialmente sicuro e a basso costo di cattura e stoccaggio della CO2 che ha la capacità di mitigare e persino ridurre le concentrazioni atmosferiche di gas serra che portano appunto al cambiamento climatico. Tuttavia, l'evoluzione della permeabilità del serbatoio durante la mineralizzazione del carbonio è ancora in gran parte sconosciuta a causa di complessi feedback chemio-meccanici.

    PERÒ CI SONO PAURE MA ANCHE IMPLEMENTAZIONI TECNICHE

    Ma se stoccare l'anidride carbonica nel sottosuolo è una tecnologia ecologica per ridurre la quantità di gas nell'atmosfera, ha affermato Parisa Shokouhi, professoressa del dipartimento di Ingegneria, Scienza e Meccanica della Pennsylvania State University, la struttura geologica può essere sfavorevole all'iniezione di anidride carbonica. Ad esempio, se la pressione supera un certo limite, possono verificarsi fratture, perdite di gas e terremoti, e se si inietta troppo gas, si possono avere problemi simili".

    Simulazioni numeriche, modelli complessi e dettagliati utilizzati per aiutare a comprendere un problema che non può essere facilmente definito altrimenti, sono stati utilizzati per prevedere la risposta di un potenziale sito all'iniezione di anidride carbonica. Queste simulazioni, tuttavia, possono essere notevolmente costose e richiedere molto tempo per l'esecuzione. E per ogni nuovo sito esplorato, come candidato a un sito di stoccaggio, è necessario eseguire nuovamente una nuova simulazione. Il pompaggio di anidride carbonica nel sottosuolo può aiutare a combattere il riscaldamento dell'atmosfera, ma trovare siti sotterranei appropriati che potrebbero fungere in sicurezza da serbatoi può essere complicato.

    Lo sviluppo di una strategia conveniente per gestire i siti di stoccaggio della CO2 richiede la conoscenza e la comprensione della risposta del sito alla sua iniezione considerando le incertezze nella caratterizzazione delle formazioni geologiche.
    Per evitare i costi e l'impegno in termini di tempo richiesti da numerose simulazioni, Parisa Shokouhi e il suo team di ricerca ha pubblicato i risultati nel “Journal of Contaminant Hydrology”. Il team ha formato degli algoritmi per un approfondito apprendimento allo scopo di fare previsioni accurate in una varietà di scenari. "Imparando" dai dati prodotti da scenari simulati di anidride carbonica in un giacimento profondo circa tre chilometri, gli algoritmi sono stati in grado di prevedere come si comporteranno la saturazione e la pressione dell'anidride carbonica nei nuovi sistemi simulati.

    I dati provenienti dalle simulazioni approssimano le prestazioni di un sistema, da cui gli algoritmi identificano i modelli che si possono utilizzare per fare stime sul comportamento futuro, ma questi non obbediscono sempre alle leggi della fisica. Sebbene guidati dai dati, i modelli possono fare previsioni imprecise per un sistema per molte ragioni, incluse imprecisioni nei dati. Infatti dati limitati possono portare a stime troppo specificamente adattate al set di dati, un problema noto come errore di modellazione in quanto un modello statistico molto complesso si adatta ai dati osservati in quanto ha un numero eccessivo di parametri rispetto al numero di osservazioni.

    shokouhi_parisa_0

    La cattura e il sequestro del carbonio possono aiutare a ridurre le emissioni di CO2 nell'atmosfera e un team di ricerca guidato dalla Pennsylvania State University (Penn State University) ha sviluppato una tecnica di modellizzazione che può rendere l'identificazione dei siti di stoccaggio più semplice ed economica.
    I ricercatori hanno affrontato questa lacuna incorporando la fisica per perfezionare le previsioni degli algoritmi di apprendimento profondo, sviluppando modelli vincolati da principi fisici fondamentali, come i movimenti naturali dei liquidi sotterranei o per la legge di conservazione della massa. Questa è una reazione chimica che è uguale alla somma delle masse delle sostanze prodotte. La legge della conservazione della massa afferma, indirettamente, che in una reazione chimica la materia non può essere creata o distrutta ma può solo trasformarsi. Ad esempio, dati 10 grammi di carbonio (C) e 30 grammi di ossigeno (O2) come reagenti, la reazione chimica produce 40 grammi di diossido di carbonio (CO2) come prodotto. Pertanto, quando si sono verificate discrepanze basate sulla fisica, il team ha aggiunto una penalità per aiutare l'algoritmo a imparare a correggere l'errore.

    Questo approccio ha portato ad un modello che era ancora meno costoso e più veloce da usare rispetto a una simulazione convenzionale sui dati, ma più accurato dei modelli basati sui dati e potenzialmente più generalizzabile, secondo Shokouhi. "L'utilizzo di un approccio basato sulla fisica rende il modello più versatile, ha affermato la ricercatrice. Utilizzare solo un modello basato sui dati renderebbe le previsioni molto specifiche per un dominio, ma il nostro metodo ci consente di ottenere risultati molto accurati anche se utilizzi il modello su un sito su cui non è stato formato".

    La ricerca potrebbe consentire un software di previsione affidabile per l'uso da parte di scienziati o per operatori sul campo. Un utente può effettuare selezioni per diverse opzioni di iniezione e, a seconda della macchina utilizzata, visualizzare le previsioni del comportamento dell'anidride carbonica in pochi secondi. "Siamo stati in grado di ottenere modelli di previsione molto precisi e veloci, ha affermato Shokouhi. Un giorno, un operatore o un sismologo potrebbe utilizzare questi modelli per essere informato su come prendere decisioni rapide e in tempo reale sull'iniezione di anidride carbonica nel terreno".

    WWF INTERVIENE NEL DIBATTITO

    Nel mese di novembre scorso diversi quotidiani hanno riportato dichiarazioni del WWF definendo lo stoccaggio del carbonio come una strategia “più rischiosa che utile”. Per la maggiore associazione ambientalista italiana WWF, che fa parte del network dedicato alla conservazione della natura dal 1998, la cattura e lo stoccaggio del carbonio non costituisce un’opzione significativa nella strategia di mitigazione del cambiamento climatico. L’organizzazione l’ha ribadito lo scorso 25 ottobre - in occasione della presentazione dello studio di un gruppo di esperti indipendente, realizzato insieme a Energia per l’Italia, sulla “Ambiguità, rischi e illusione della Carbon Capture and Storage (Cattura e stoccaggio del carbonio - CCS) – Carbon Capture Usage and Storage -CCUS-“ (Utilizzo e stoccaggio della cattura del carbonio) - focalizzando le criticità connesse allo sviluppo in Italia di una tecnologia più rischiosa che utile e arrivando al risultato che non è una tecnologia efficiente, soprattutto nell’attuale contesto della transizione energetica.

    Michele Governatori, co-autore del report commissionato dal WWF, ha recentemente dichiarato: “Ecco, quando viene invocata la CCS si tende a dimenticare che non è una cosa nuova, ma esiste almeno da cinquant’anni ed è tuttora legata all'ambito petrolifero e si intende l'insieme dei processi operativi da cui ha origine l'attività di produzione di gas naturale, olio combustibile e petrolio. Sostanzialmente, l’industria petrolifera usa la CCS per coprire una parte non risolutiva delle emissioni, inoltre è una tecnologia associata a un mondo destinato a comprimersi e a finire, affinché ci sia una transizione ordinata”.

    EMISSIONI DI GAS SERRA OBIETTIVO DELL'AGENDA 2030 PER SVILUPPO SOSTENIBILE

    Ontario



    L'Ontario, una delle tredici province del Canada, ha fissato un obiettivo a lungo termine: ridurre le emissioni di gas serra dell'80% al di sotto dei livelli del 1990 entro il 2050. Per aiutare a segnare i progressi e tenere il passo, hanno fissato due obiettivi a medio termine: 15% al di sotto dei livelli del 1990 entro il 2020 e il 37% al di sotto dei livelli del 1990 entro il 2030.

    Altro punto emerso durante la presentazione del report sulle criticità di questa tecnica è che non risolverebbe il problema delle emissioni riferite ai soli gas serra la cui concentrazione in atmosfera è direttamente legata ad influenze antropiche ma, semplicemente, lo nasconderebbe. “Se confiniamo l’anidride carbonica sottoterra, qualcuno dovrà poi controllare che i giacimenti siano presidiati e che non sussistano delle fuoriuscite, ha spiegato Michele Governatori. Inoltre, l’operazione di conservazione della CO2 stoccata dovrà essere condotta a tempo indeterminato. Per servirci ancora dei combustibili fossili scegliamo una tecnologia che ci imporrà una eredità potenzialmente dannosa da tenere sottoterra e da gestire per il resto della vita del genere umano. Non è una questione tanto dissimile dalla gestione e dallo stoccaggio delle scorte radioattive del nucleare civile”.

    Per Federico Butera, professore emerito di fisica e tecnica ambientale al Politecnico di Milano, la CCS porta con sé una serie di altri elementi oltre la CO2: “Continuare a posporre il momento in cui usciamo dalla logica lineare per entrare in quella circolare non ci permette di andare lontano. Inoltre, che sia fra 100 o 500 anni, a un certo punto i luoghi in cui confinare l’anidride carbonica finiranno. In più, dovremo anche considerate gli eventuali impatti di questa tecnologia sugli ecosistemi”.

    Butera:"Diciamo che nel 2075 bisognerà che il mondo vada ad emissioni zero cioè bisogna completamente eliminare qualsiasi emissione di gas climalterante, e non solo[...]".


    Butera fa anche una critica dal punto di vista dell’economia circolare che si ispira al principio di produrre qualsiasi cosa minimizzando il rifiuto finale, imitando i processi naturali. “Nel caso della CCS, le cose non stanno così, prosegue Butera, perché io prelevo, dopodiché il prodotto non viene rimesso nel ciclo per essere riutilizzato, ma viene semplicemente nascosto e bloccato e questo non è affatto circolare. Siamo lontani con questo approccio dal modello che dobbiamo seguire in termini di CO2 energetici, ma anche in termini di legame alla circolarità, che non viene assolutamente presa in considerazione. Inoltre, la CCS si porta dietro il problema che dobbiamo abbandonare una certa logica per adottarne un’altra. Poi, l’impatto ambientale della CCS sugli ecosistemi è notevole perché bisogna fare una rete di tubazioni analoga a quella del gas, in quanto i pozzi di CO2 non sono prossimi, perciò va prelevata e portata da un’altra parte, devastando e costruendo ancora. Ecco che allora, siamo lontani e non c’è alcuna ragionevolezza in questa tecnologia”.

    sismicita_indotta

    Rapporto interessante che fornisce una fotografia aggiornata, completa e coordinata delle competenze e conoscenze delle istituzioni italiane coinvolte, relativamente alla relazione tra attività antropiche e attività sismica.


    SISMICITÀ INDOTTA DOVUTA ALL’UTILIZZO E STOCCAGGIO DELLA CATTURA DEL CARBONE

    Massimiliano Varriale, consulente energia del WWF Italia, dichiara che il sottosuolo, dal punto di vista geologico, è estremamente complesso e non lo conosciamo completamente, però si sospetta che, così come per il fracking, anche per il CCS possa esserci un legame con la sismicità indotta. “Esiste una casistica di studi abbastanza ampia che conferma come una qualsiasi attività di ingenti reiniezioni di fluidi, a prescindere dal settore, determini fenomeni di sismicità indotta o innescata. Quindi, quando si vanno a iniettare grandi quantitativi di gas o fluidi, si possono andare ad innescare fenomeni sismici, laddove vi sono delle faglie attive. È stato dimostrato ampiamente negli ultimi anni nel comparto geotermico, vicino a Strasburgo, dove sono state registrate delle attività relative all’iniezione dei fluidi”, precisa Varriale.

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    Edited by Filippo Foti - 2/2/2022, 22:34
  12. .

    Dagli scenari catastrofici della crisi climatica, alle associazioni complottiste del clima di oggi totalmente estraniati dalla realtà, alcuni ricercatori evidenziano le strategie dei negazionisti per diffondere false notizie per prevenire e influenzare la politica sul clima.


    green_deal


    Gli autori di questi studi, che sinteticamente vi proponiamo, sono la giornalista e fotografa Stella Levantesi dell'Università di Cambridge che - attraverso un giornalismo investigativo incisivo - sta facendo il giro il mondo alla ricerca di storie da raccontare sul clima en recente autrice del libro “I bugiardi del clima”; e Giulio Corsi che effettua ricerche presso nella medesima università e che indaga chi e come sta influenzando il discorso sui cambiamenti climatici, con un focus sulla circolazione della disinformazione. Prenderemo in considerazione anche alcuni suggerimenti che arrivano da John Cook, ricercatore presso il "Climate Change Communication Research Hub" della "Monash University".

    Quando decenni fa, sostengono gli autori di questi studi, le aziende di combustibili fossili hanno scoperto il legame tra il loro prodotto e il cambiamento climatico, hanno fatto tutto il possibile per nasconderlo. Hanno mentito, manipolato e ingannato. Oggi, negare la realtà del cambiamento climatico non è così facile, ed è certamente più controverso. Ma ciò non significa che i negazionisti del clima – aziende di combustibili fossili, lobbisti e i loro alleati contrari all'azione per il clima – abbiano terminato di dire e scrivere bugie.

    eranza


    Poiché gli incendi catastrofici si diffondono in tutto il mondo e vaste aree del pianeta sono inondate da eventi meteorologici estremi (termine troppo abusato, sarebbe meglio ‘eventi di routine’) o minacciate dall'innalzamento del livello del mare, si è scoperto che la negazione del clima si è evoluta in un tipo di disinformazione più morbida e insidiosa, che si concentra sulla negazione dell'urgenza e dell'azione e che prende di mira le soluzioni più di ogni altra cosa.

    Gli elementi chiave di questa strategia complottista includono la promozione della confusione, le prospettive del (è tutto destinato), le teorie della cospirazione e la costruzione di bugie per convincere il pubblico che non c'è un reale bisogno di una politica sul cambiamento climatico, certamente non al livello di ciò che gli scienziati dicono sia necessario per evitare impatti catastrofici e, fondamentalmente, sostenendo qualsiasi sforzo per posticipare o fermare un'azione ambiziosa per il clima e, come di consueto, proteggere le loro attività lucrose.

    Secondo John Cook, che conduce ricerche sociali e progetti incentrati sull'impatto per costruire media e infrastrutture politiche che affrontino adeguatamente il cambiamento climatico, la disinformazione climatica era prima più focalizzata sull'indebolimento della scienza, ma nel tempo le strategie si sono spostate maggiormente verso soluzioni di attacco e creazione di paura, oltre a propendere verso una disinformazione di tipo “guerra culturale”. "Si tratta di spaventare le persone in modo tale che si preoccupino del cambiamento climatico o che sono preoccupate per il cambiamento del clima e che chiedono l'azione", afferma Cook.

    "La strategia generale contro qualsiasi forma di disinformazione è spiegare alle persone come vengono fuorviate perché, indipendentemente da dove siedono nello scenario politico, tutti sono contrari a essere ingannati. A nessuno piace essere ingannato, quindi, se spieghi perché esiste una strategia che viene utilizzata per manipolarti, puoi neutralizzare la strategia stessa", sostiene Cook.

    John-Cook



    QUESTO NUOVO APPROCCIO SI BASA SULLA PAURA

    Quando il 6 agosto 2021 l'IPCC ha pubblicato il suo ultimo rapporto, la macchina del negazionismo climatico ha tentato di ridimensionare l'urgenza e la gravità del rapporto stesso promuovendo l'importanza dei combustibili fossili, ovvero la ricchezza che ha fornito il petrolio e la migliore qualità della vita, sostenendo altresì che vietando i combustibili fossili si mette solo in pericolo l’umanità e "la riporta ai tempi medievali". In quel periodo le prime pagine dei giornali britannici dopo la pubblicazione del rapporto hanno invece affermato che i cambiamenti climatici globali sono ora inevitabili e irreversibili ovvero senza speranza.

    L’attenzione della strategia della disinformazione è quella di erodere la comprensione pubblica e l'azione politica per affrontare sfide sociali critiche, come soddisfare le esigenze energetiche mondiali, affrontare il razzismo ambientale e garantire una giusta transizione verso un paradigma economico sostenibile.

    Attraverso la disinformazione e le tattiche intimidatorie, i negazionisti del cambiamento climatico cercano di esercitare, oltre ad un senso di paura e insicurezza attorno alle politiche climatiche, il convincimento che costeranno troppo e richiederanno la rinuncia alle libertà. I negazionisti del cambiamento climatico hanno collegato l'azione politica sul clima alla scomparsa dei valori conservatori e, in casi estremi, alle teorie del complotto globale. Questo approccio crea un irrazionale senso di paura intorno a idee politiche come il "Green New Deal", ovvero il piano di riforme economiche e sociali inizialmente promulgato negli Stati Uniti, incentrate sul cambiamento climatico e le disuguaglianze economiche e sociali.

    giornali_britannici


    Un ultimo filone di scenari apocalittici basati sulle narrazioni dei "costi più elevati" ruota attorno ai blackout e alla carenza di energia nel tentativo di convincere il pubblico che se la società si allontana dai combustibili fossili rischiano di perdere l'accesso a fonti di energia elettrica più affidabili, mentre i sistemi energetici basati sulle rinnovabili, hanno dimostrato di essere perfettamente in grado di fornire energia pulita a prezzi accessibili.

    IL GREEN DEAL, IL RECOVERY FUND E IL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA

    L'11 dicembre 2019, la Commissione Europea ha pubblicato la comunicazione del " Green Deal Europeo" (GDE) (Bruxelles, 11.12.2019 COM (2019) 640 final). Il documento ha riformulato, su nuove basi, l'impegno ad affrontare i problemi legati al clima e all'ambiente ed, in tal senso, è finalizzato ad incidere sui target della Strategia per l'energia ed il clima, già fissati a livello legislativo nel “Clean energy for all Europeans package” (Pacchetto energia pulita per tutti gli europei).

    TRASFORMARE UNA SFIDA PRESSANTE IN UN'OPPORTUNITÀ UNICA

    La suddetto documento affronta i problemi legati al clima e all'ambiente. Ogni anno che passa l'atmosfera si riscalda e il clima cambia. Dei quasi otto milioni di specie presenti sul pianeta un milione è a rischio di estinzione. Assistiamo all'inquinamento e alla distruzione di foreste e oceani. Il (GDE) è la risposta a queste sfide. Si tratta di una nuova strategia di crescita mirata a trasformare l'UE in una società giusta e prospera, dotata di un'economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas ad effetto serra e in cui la crescita economica sarà dissociata dall'uso delle risorse.

    Essa mira inoltre a proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell'UE e a proteggere la salute e il benessere dei cittadini dai rischi di natura ambientale e dalle relative conseguenze. Allo stesso tempo, tale transizione dev’essere giusta ed inclusiva. Deve mettere al primo posto le persone e tributare particolare attenzione alle regioni, alle industrie e ai lavoratori che dovranno affrontare i problemi maggiori. Poiché la transizione determinerà cambiamenti sostanziali, la partecipazione attiva dei cittadini e la fiducia nella transizione sono fondamentali affinché le politiche possano funzionare e siano accettate. È necessario un nuovo patto che riunisca i cittadini, con tutte le loro diversità, le autorità nazionali, regionali, locali, la società civile e l'industria, in stretta collaborazione con le istituzioni e gli organi consultivi dell'UE.

    i-bugiardi-del-clima


    L'ambizione ambientale del (GDE) non potrà essere concretizzata dall'Europa, se essa agirà da sola. I fattori alla base dei cambiamenti climatici e della perdita di biodiversità hanno dimensione mondiale e non si arrestano ai confini nazionali (se l'UE allude a quella ecologica sarà probabilmente un'utopia?!). Il (GDE) viene indicato come funzionale all'attuazione dell'Agenda 2030 e degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
    Approfondimento FOCUS 13 dicembre 2021 Green Deal Europeo

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    Edited by Filippo Foti - 27/12/2021, 22:33
  13. .

    Una recente animazione rilasciata dai ricercatori della Nasa mostra come la plastica, che viene scaricata negli oceani, si muove in tutto il mondo.


    CYGNSS_in_orbita

    CYGNSS in orbita.


    Secondo una recente animazione dell'Earth Observatory della Nasa, la posizione e la concentrazione della plastica che galleggia negli oceani tra l'aprile del 2017 e settembre 2018 è un prezioso avvertimento di come la plastica che viene scaricata in mare si muove in tutto il mondo. Questo post segue ed aggiorna quello pubblicato di recente e dà ancora risalto di, come ogni anno, un inquietante volume di spazzatura, pari a otto milioni di tonnellate di plastica, scorre dai fiumi e dalle spiagge negli oceani.

    È noto che le concentrazioni di microplastiche oceaniche variano in modo significativo in base alla località, con livelli particolarmente elevati nei vortici del Nord Atlantico e del Nord Pacifico. La maggior parte delle misurazioni dirette proviene da reti a strascico che ovviamente mancano misurazioni globali della distribuzione della microplastica e della sua variabilità temporale. Si rendeva necessario, pertanto, un nuovo metodo per rilevare e visualizzare la distribuzione globale delle microplastiche oceaniche dallo spazio.

    The_Ocean_Cleanup

    Il dispositivo che è stato sviluppato da "The Ocean Cleanup".


    Ciò è stato ampiamente dimostrato dal video animato che segue realizzato dalla Nasa - la prima del suo genere su scala globale – che mostra la posizione e la concentrazione della plastica galleggiante per un periodo di diciotto mesi.
    Come già sapete, nel tempo, questa plastica viene scomposta in microplastiche grazie agli agenti atmosferici chimici, fisici e biologi (correnti oceaniche e luce solare). Gli scienziati di solito misurano le macchie di immondizia marina - aree nell'oceano dove si raccolgono i detriti - trascinando le reti dietro le barche. Ma questo metodo di campionamento è "geograficamente sparso e non dà ai ricercatori un'idea di quanto le concentrazioni di plastica cambino nel tempo", secondo una dichiarazione dell'Earth Observatory della Nasa.

    Degna di nota la missione del capitano Charles Moore che nel 1999 utilizzò un protocollo di campionamento progettato statisticamente per determinare la quantità di rifiuti delle civiltà irrecuperabili in quell'area conosciuta come il vortice subtropicale del Pacifico settentrionale. Percependo la potenziale minaccia per l'ambiente marino, decise di dedicare le sue risorse e il suo tempo alla comprensione e alla sensibilizzazione sull'inquinamento da plastica degli oceani e intraprese la sua prima spedizione per studiare questa stessa area. I risultati di quel viaggio iniziale del 1999 portarono ad accertare che la plastica superava lo zooplancton di un fattore da sei a uno. Ma quella stima si basava appunto sulla pesca a strascico della spazzatura con le reti. Durante una sua recente missione, Moore ha fatto addirittura una rete a strascico di 7,2 chilometri.

    image-asset

    Charles Moore


    Dopo un po’ di storia che, grazie al capitano Moore, ha segnato l’inizio di una maggiore consapevolezza dell’inquinamento da plastica negli oceani, descriviamo il lavoro dei ricercatori dell'Università del Michigan Chris Ruf e della sua preziosa assistente di ricerca Madeline Evans. Autori del progetto che utilizza il sistema satellitare di navigazione globale Cyclone della NASA per monitorare l'inquinamento da microplastiche che danneggia gli ecosistemi marini – i due ricercatori hanno recentemente sviluppato un nuovo metodo per mappare le microplastiche oceaniche in tutto il mondo. La Nasa, da parte sua, ha affermato di aver utilizzato i dati di otto microsatelliti che fanno parte della missione Cyclone Global Navigation Satellite System (CYGNSS). "I segnali radio dei satelliti GPS si riflettono sulla superficie dell'oceano e i satelliti CYGNSS rilevano quei riflessi", ha affermato la Nasa.


    L'animazione e le immagini, di cui sopra, mostrano la posizione e la concentrazione della plastica galleggiante tra aprile 2017 e settembre 2018. I dati sono stati raccolti tra circa 38 gradi nord e 38 gradi sud di latitudine, il raggio di osservazione per la missione CYGNSS. Il set di dati sulle microplastiche è stato recentemente pubblicato dal Physical Oceanography Distributed Active Archive Center (PO.DAAC) della NASA.

    Ruf ed Evans che hanno utilizzato questi dati per mappare le concentrazioni di microplastiche nell'oceano per più di un anno, sono i primi ricercatori a mappare le microplastiche oceaniche su un'area così ampia e su scala giornaliera. I loro dati rivelano alcune variazioni stagionali nelle concentrazioni di microplastiche. Nel Great Pacific Garbage Patch, ad esempio, le concentrazioni di microplastiche appaiono maggiori in estate e minori in inverno, forse a causa del rimescolamento più verticale dell'oceano quando le temperature sono più fresche.

    I due ricercatori hanno anche creato viste "time-lapse" di tutti i principali fiumi del mondo, rilevando quantità particolarmente elevate di microplastiche provenienti dal fiume della Cina Yangtze e dal Gange in India. Si tratta di pezzettini minuscoli di buste, tappi e di altri rifiuti: grandi anche meno di cinque mm. È quello che, ad esempio, è stato trovato nello stomaco di tonni e pesci spada nel mar Mediterraneo che i pesci lo scambiano per plancton o cibo.

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    Il Time-Lapse, dall’inglese “Tempo” e “Intervallo”, viene spesso utilizzato per riprendere fenomeni naturali e consiste in delle fotografie con la stessa inquadratura realizzate ad esempio (uno scatto ogni 7 secondi) che in seguito vanno montati in successione, in modo tale da ottenere un filmato accelerato.

    Gli scienziati hanno analizzato questi segnali e misurato la rugosità della superficie oceanica, che li ha poi aiutati a scoprire la velocità del vento oceanico. "Si scopre che i segnali rivelano anche la presenza di plastica", hanno detto i ricercatori.
    Chris Ruf ha spiegato che quando sono presenti plastica o altri detriti sulla superficie dell'acqua, la superficie del mare non è così ruvida come sarebbe altrimenti. “In acque più pulite, ha detto, c'è un alto grado di accordo tra la ruvidità dell'oceano e la velocità del vento. Ma mentre ti dirigi verso il Great Pacific Garbage Patch, tra la California e le Hawaii, vedi una discrepanza maggiore tra le misurazioni della velocità del vento e la ruvidità della superficie".

    Dispositivo_time-lapse

    Dispositivo time-lapse.


    "L'obiettivo è capire meglio dove le microplastiche entrano nell'oceano e dove vanno da lì", afferma Evans. "Gli oceani sono semplicemente giganti e la nostra tecnica potrebbe aiutare a indirizzare gli sforzi di pulizia mostrando dove si trovano i maggiori punti di ingresso e siti di accumulo. CYGNSS ha una copertura spaziale e temporale davvero eccezionale, Puoi vedere il mondo intero in quasi un giorno o due, quindi è adatto a questa applicazione".

    "Ho sempre voluto fare qualcosa di buono per il mondo, dice Evans. La portata di questo problema richiederà molte soluzioni diverse. È stato un po' surreale vederlo funzionare davvero e vedere le microplastiche muoversi. Questa è la prima volta che siamo stati in grado di monitorare quanto siano dinamici i cambiamenti, specialmente nel corso delle stagioni".

    I dati hanno aiutato i ricercatori a comprendere alcune variazioni stagionali nelle concentrazioni di microplastiche. "Nel Great Pacific Garbage Patch, ad esempio, le concentrazioni di microplastiche appaiono maggiori in estate e inferiori in inverno, forse a causa della maggiore miscelazione verticale dell'oceano quando le temperature sono più fresche", hanno affermato gli esperti della Nasa nella loro dichiarazione.

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  14. .

    Come risolvere il problema dell'inquinamento da plastica e pesca eccessiva, non sostenibili e interconnessi, negli oceani e sulla terra ferma.


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    In questo post tratteremo il problema dell’inquinamento da plastica, anche se è bene precisare che questa monnezza non è altro che uno dei tanti problemi che affligge gli oceani che sta portando alcune specie marine verso l'estinzione, cambiando irreparabilmente gli ecosistemi, danneggiando milioni di animali marini ogni anno e mettendo a repentaglio il benessere delle persone che dipendono dall'oceano per cibo o lavoro.

    PLASTICA E PESCA ECCESSIVA NEGLI OCEANI: DUE PROBLEMI INTERCONNESSI

    Inquinamento da plastica e pesca eccessiva non sostenibili possono sembrare problemi isolati, ma sicuramente si influenzano a vicenda. Man mano che i nutrienti scorrono dai terreni agricoli (fosfati e nitrati) e attraverso gli dagli scarichi diretti delle industrie (metalli pesanti), e finiscono in mare, unitamente alla plastica, influiscono sulle condizioni di cui i pesci hanno bisogno per prosperare negli oceani e mari. Tutti questi stress sono amplificati dal riscaldamento globale tanto che è voce comune che le generazioni future troveranno più monnezza che pesci.

    L'oceano ha agito da decenni come un serbatoio per le emissioni di CO2 e del calore in eccesso, ma in maniera smisurata, tanto che gli ecosistemi marini crollano in quanto non possono assorbire tutto. E non dovremmo pensare che questi problemi non ci riguarderanno. Infatti si verificano spesso tempeste sempre più forti, alimentate da acque oceaniche più calde.

    È nell'interesse di tutti proteggere l'oceano. Mari più puliti sarebbero più redditizi e la ricerca suggerisce che una pesca meglio gestita potrebbe generare sei volte più cibo di quanto non si fa attualmente. Le zone economiche esclusive degli Stati costieri sarebbero più produttive se ogni paese accettasse di proteggere l'alto mare.

    INQUINAMENTO DA PLASTICA

    L’inquinamento da plastica, in questa trattazione ne diamo maggiore risalto, è causato dall’accumulo nell’ambiente di prodotti sintetici che sono arrivati al punto di creare problemi alla fauna selvatica e al loro habitat, nonché alle popolazioni umane. Nel 1907 l'invenzione della bachelite determinò una rivoluzione nei materiali introducendo le resine nel commercio mondiale. Alla fine del XX secolo, tuttavia, si è scoperto che la plastica inquina persistentemente molte nicchie ambientali, dal Monte Everest fino al fondo del mare. Che si tratti di essere scambiato per cibo dagli animali, di inondare le aree basse ostruendo i sistemi di drenaggio, o semplicemente causa di un significativo deterioramento estetico, la plastica sta attirando una crescente attenzione come inquinante su larga scala.

    La plastica è un prodotto polimerico, ovvero un materiale le cui molecole sono molto grandi, spesso simili a lunghe catene costituite da una serie apparentemente infinita di collegamenti interconnessi. I polimeri naturali come la gomma e la seta esistono in abbondanza, ma le “plastiche” naturali non sono implicate nell'inquinamento ambientale, perché non persistono nell'ambiente. Oggi, tuttavia, il consumatore medio entra in contatto quotidiano con tutti i tipi di materiali plastici che sono stati sviluppati appositamente per sconfiggere i processi di decadimento naturali, materiali derivati principalmente dal petrolio che può essere modellato, fuso, filato o applicato come rivestimento.

    Poiché le plastiche sintetiche sono in gran parte non biodegradabili, occorrono dai 10 ai 30 anni per decomporsi, tendono a persistere negli ambienti naturali. Inoltre, molti prodotti di plastica monouso leggeri e materiali di imballaggio, che rappresentano circa il 50% di tutta la plastica prodotta, non vengono depositati in contenitori per la successiva rimozione in discariche, centri di riciclaggio o inceneritori. Invece, vengono smaltiti in modo improprio presso o vicino al luogo in cui terminano la loro utilità per il consumatore. Gettate dal finestrino di un'auto, ammucchiate su un bidone della spazzatura già pieno, o inavvertitamente portate via da una raffica di vento, iniziano subito ad inquinare l'ambiente. In effetti, i paesaggi disseminati di plastica - attualmente le mascherine anti Covid-19 sono un esempio eclatante - sono diventati comuni in molte parti del mondo. Gli studi effettuati da diversi scienziati non hanno dimostrato un determinato paese o gruppi demografici che sono più responsabili, anche se centri di popolazione generano più rifiuti. Le cause e gli effetti dell'inquinamento da plastica sono davvero mondiali.

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    POLIMERI NATURALI VS SINTETICI: POLIMERI NATURALI E POLIMERI SINTETICI (ARTIFICIALI)

    Esistono due tipi di polimeri: sintetici e naturali. Quelli sintetici sono derivati dal petrolio. Esempi di polimeri sintetici includono nylon, polietilene, poliestere, teflon ed epossidica, ovvero resine termoindurenti con reazione a freddo. I polimeri naturali si trovano in natura, possono essere estratti e sono spesso a base d'acqua. La pectina è un polimero naturale che si trova in molte piante e ha la funzione di agire come una sorta di “colla” cellulare. Esempi di polimeri naturali sono seta, lana, cellulosa e proteine. Ad esempio, la gomma vulcanizzata - processo mediante il quale la gomma viene riscaldata in presenza di zolfo, per migliorarne la resilienza, l'elasticità e la durata - è un polimero sintetico (artificiale). Questo processo cambia la superficie del materiale da molto appiccicosa a una superficie liscia e morbida che non aderisce a substrati metallici o plastici.

    La gomma può essere trovata in natura e raccolta come lattice proveniente da diversi tipi di alberi, però non ha proprietà o durata molto buone (marcisce), né si maneggia facilmente è (appiccicosa), ma può essere prodotta (sintetizzata) anche dall'uomo. La gomma sintetica è preferibile perché diversi monomeri - tipi di molecole che hanno la capacità di legarsi chimicamente con altre molecole in una lunga catena - possono essere miscelati in varie proporzioni determinando un'ampia gamma di proprietà fisiche, meccaniche e chimiche. I monomeri possono essere prodotti puri e l'aggiunta di impurezze o additivi può essere controllata in base alla progettazione per conferire proprietà ottimali.

    Gran parte dei rifiuti di plastica generati sulla terraferma vanno a finire nel mare e ogni anno finiscono negli oceani. Si tratta di diversi milioni di tonnellate di detriti e gran parte di questi sono rifiuti di plastica scartati in modo improprio. Il primo studio oceanografico per esaminare la quantità di detriti di plastica vicino alla superficie negli oceani del mondo è stato pubblicato nel 2014. Si è stimato che almeno 5.25 trilioni di singole particelle di plastica, del peso di circa 244.000 tonnellate, galleggino sopra o vicino alla superficie. Uno dei tanti studi, il più recente pubblicato su Nature Sustainability il 09 dicembre 2021, ha stabilito che il 44% dei detriti di plastica nei fiumi, negli oceani e sulle coste è costituito da borse, bottiglie e articoli relativi ai pasti da asporto. E non solo!

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    L'emergere di rifiuti legati al COVID-19, come prodotti per la pulizia personale come salviette umidificate disinfettanti e guanti, è una potenziale fonte di fibre microplastiche nell'ambiente. Durante le fasi iniziali della pandemia (da febbraio a maggio 2020), sono emerse varie segnalazioni delle autorità internazionali competenti di un aumento dei rifiuti. Pur non potendo differenziare i principali fattori che causano le differenze tra le nazioni, che possono essere basati sul comportamento della popolazione (influenzato da valori regionali, atteggiamenti e norme culturali/sociali), il problema è molto preoccupante.

    Una volta nell'ambiente, gli oggetti gettati possono continuare ad avere gli impatti sopra menzionati, oltre a diventare vettori di altri agenti patogeni e inquinanti. Gli agenti atmosferici chimici, fisici e biologici romperanno gli oggetti sporchi di macroplastiche (>5 mm) in microplastiche (<0,5 mm) e nanoplastiche (<100 nm) che hanno il potenziale di entrare, ad esempio, nella catena alimentare più bassa, il regno degli organismi autotrofi, capaci di compiere la fotosintesi e che sono considerati i produttori primari di energia. Si trovano all'interno di grandi specchi d'acqua, inclusi oceani e sistemi di acqua dolce - e hanno effetti tossicologici compresa la lisciviazione dei metalli, che consiste essenzialmente nella separazione di uno o di più componenti solubili da una miscela solida.

    L'inquinamento da plastica è stato notato per la prima volta nell'oceano dagli scienziati che effettuavano lo studio del plancton tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, e gli oceani e le spiagge ricevono ancora la maggior parte dell'attenzione di coloro che studiano e lavorano per ridurre l'inquinamento da plastica. È stato dimostrato che i rifiuti di plastica galleggiante si accumulano in cinque vortici subtropicali che coprono il 40% degli oceani del mondo.

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    IL NOSTRO OCEANO È UNA RETE DI CORRENTI CHE FANNO CIRCOLARE L'ACQUA IN TUTTO IL MONDO, CHIAMATI GYRLS

    Situati alle medie latitudini della Terra, ci sono dunque un totale di cinque gyrls (spirali) subtropicali (Nord Pacifico, Nord Atlantico, Sud Pacifico, Sud Atlantico, Oceano Indiano), costituiti da correnti oceaniche che si collegano mentre seguono le coste dei continenti della Terra. Questi cinque enormi mulinelli a rotazione lenta accumulano detriti marini e soprattutto plastica che non si consumano; si rompono semplicemente in pezzi sempre più piccoli, che rimarranno nell'oceano per decenni o più.

    Nell'oceano, l'inquinamento da plastica può uccidere i mammiferi marini direttamente, impigliandosi in oggetti come gli attrezzi da pesca, ma può anche ucciderli per ingestione, essendo scambiati per cibo. Gli studi hanno trovato che tutti i tipi di specie, come grandi cetacei, la maggior parte uccelli marini e le tartarughe, si nutrono filtrando l'acqua ingerendo facilmente pezzi di plastica e spazzatura come sigarette, accendini, sacchetti di plastica e tappi per bottiglie. In questo modo, quindi, ingeriscono involontariamente anche detta sostanza che ormai contamina gran parte degli oceani.

    SCOMPOSIZIONE DELL'INQUINAMENTO DA PLASTICA IN MICROPLASTICHE

    L’indebolimento della plastica e l'eventuale scomposizione di oggetti più grandi in microplastica rende disponibile la plastica allo zooplancton e ad altri piccoli animali marini. Tali piccoli pezzi di plastica, lunghi meno di 5 mm, costituiscono una frazione considerevole dei rifiuti negli oceani.

    Nel 2018 sono state trovate microplastiche negli organi di oltre 114 specie acquatiche, comprese alcune specie trovate solo nelle fosse oceaniche più profonde. Nel 2020, gli scienziati hanno stimato che almeno 14 milioni di tonnellate di particelle di microplastica giacciono sul fondo dell'oceano, e altre ricerche hanno rivelato che il movimento delle correnti marine profonde sta creando "punti caldi" di microplastica come in alcune parti degli oceani e mari, come quella situata nel Mar Tirreno che contiene quasi due milioni di pezzi di microplastica per metro quadrato. A scoprirlo sono stati i ricercatori delle Università di Manchester, Durham e Brema, insieme al "National Oceanography Centre" (Noc) e all’Istituto francese di ricerca per lo sfruttamento del mare (Ifremer). Ovviamente, oltre a non essere nutritiva e indigeribile, è stato dimostrato che la plastica concentra gli inquinanti fino a un milione di volte il loro livello nell'acqua di mare circostante e poi la consegna alle specie che le ingeriscono.

    RIFIUTI DI PLASTICA NELL'AMBIENTE TERRESTRE

    Ci sono anche aspetti terrestri dell'inquinamento da plastica. I sistemi di drenaggio si intasano con sacchetti, pellicole e altri oggetti, causando allagamenti. Uccelli terrestri, come il reintrodotto Condor della California, che ha rischiato di estinguersi, sono stati trovati con plastica nello stomaco. Come tutti gli avvoltoi, sono mangiatori di carogne, non predatori. Mangiano tutto ciò che è già morto, di dimensioni variabili dai topi alle balene spiaggiate, ma nutrendosi anche nelle discariche, se sono affamati la famigerata plastica per loro è l’ultima spiaggia. Come altri “spazzini”, i condor fanno parte della squadra di pulizia della natura e sono una parte importante dell'ecosistema.

    Anche le vacche sacre dell'India, hanno avuto ostruzioni intestinali dovute agli imballaggi di plastica. E ciò si deve al fatto che, per utilizzare le loro deiezioni (molto appetite per curare molte malattie), devono necessariamente pascolare in libertà. Lo sterco di vacca nell'agricoltura biologica è molto usato, infatti utilizzandolo come concime i terreni quasi raddoppiano la loro resa in diverse colture. Secondo alcune ricerche il “gaumutra” (l'urina di mucca), o se volete definirlo in maniera più soft come “un sottoprodotto liquido del metabolismo delle mucche” è una medicina molto potente per curare diverse patologie ed è usato anche in Nigeria e Myanmar.

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    La massa della plastica non è maggiore di quella degli altri principali componenti dei rifiuti, ma occupa un volume sproporzionatamente grande. Man mano che le discariche si espandono nelle aree residenziali, i poveri che cercano cibo si trovano spesso a vivere vicino o addirittura su cumuli di plastica residua.

    Data la scala globale dell'inquinamento da plastica, il costo della rimozione dall'ambiente è proibitivo. La maggior parte delle soluzioni al problema di questo inquinamento si concentra quindi, in primo luogo, sulla prevenzione dello smaltimento improprio o addirittura sulla limitazione dell'uso di determinati articoli. Le multe per i rifiuti si sono rivelate difficili da applicare, ma ora sono comuni varie tasse o divieti assoluti sui contenitori per alimenti e sui sacchetti di plastica, così come i depositi riscattati portando le bottiglie di bevande ai centri di riciclaggio. La consapevolezza delle gravi conseguenze dell'inquinamento da plastica è in aumento e i governi e il pubblico stanno abbracciando nuove soluzioni, compreso l'uso crescente di plastica biodegradabile e una filosofia chiamata “zero waste”, ovvero "zero rifiuti".

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    Scienziati australiani stanno costruendo una scatola nera "indistruttibile", ciò che potremmo definire come la "scatola della vergogna" per registrare e documentare le azioni dell'umanità contro la Terra.


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    Per registrare e documentare le nostre azioni che incidono sul cambiamento del clima del nostro pianeta, presto l'umanità avrà a disposizione un dispositivo indistruttibile che fornirà informazioni alla civiltà futura, i futuri sopravvissuti se ancora ce ne saranno, nel caso in cui una catastrofe climatica distruggesse la nostra. Infatti, è attualmente in lavorazione una scatola nera che dovrebbe registrare le azioni dell'umanità nell'affrontare o contribuire, nella migliore ipotesi, a frenare il cambiamento climatico. Il dispositivo, così come è stato concepito, potrebbe consentire - “ai posteri l'ardua sentenza?” – per evitare loro di ripetere i nostri errori. Per il raggiungimento di questo obiettivo un team composto da scienziati e artisti australiani sta lavorando per realizzarlo allo scopo di registrare la gestione dell'umanità della crisi climatica nel tempo ed eventualmente ritenere i leader mondiali responsabili delle loro azioni contro il cambiamento del clima.


    Questa gigantesca scatola d'acciaio dovrebbe essere collocata su una pianura cosparsa di granito, circondata da montagne nodose. Incongrua nel paesaggio, proprio come il monolite nero di (Odissea nello spazio 2001), il film del 1968 che fa parte della serie cinematografica Mad Max ideata e diretta da George Miller, ambientata in uno scenario post apocalittico. La sua presenza aliena suggerisce che sia stato messo lì con un preciso intento. E se coloro che lo scopriranno e riusciranno a decifrare i messaggi che contiene, potranno intravedere cosa ha causato la caduta della civiltà; molte civiltà ed imperi del passato sono crollati di fronte a minori cataclismi.

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    Tale dispositivo, tranne ovviamente le proporzioni, non dovrebbe essere diverso dalla scatola nera disposta su veicoli per stabilire a dinamica di un incidente. "Quando, ad esempio, un aereo si schianta, gli investigatori non devono setacciare i rottami per recuperare la scatola nera? Se il peggio deve accadere e come civiltà ci schiantiamo a causa del cambiamento climatico, questa scatola indistruttibile registrerà ogni dettaglio dell’accadimento. ", ovvero (come compimento di qualcosa tramite una causa voluta n.d.r.), ha affermato Jim Curtis, che ha avuto questa idea, uno dei più grandi leader creativi di tutti i tempi, direttore creativo esecutivo di Clemenger BBDO (sigla dei fondatori George Batten, Bruce Barton, Roy S. Durstine & Alex Osborn) la società di pubblicità e marketing di Melbourne più grande e di maggior successo dell'Australasia, in senso lato.


    La struttura in lastra di monolite d'acciaio, un dispositivo enorme delle dimensioni di 10 metri di lunghezza dovrebbe essere costruita sulla remota costa occidentale tra Strahan e Queenstown della Tasmania in Australia, scelta per la sua stabilità geopolitica e geologica. La posizione in Tasmania, è abbastanza remota da offrire un po' di isolamento dal sabotaggio, ma abbastanza accessibile per chi vuole vederla. Altre località candidate sono state Malta, Norvegia e Qatar, prima che i creatori scegliessero la Tasmania. L’acciaio costituirà anche la maggior parte della struttura dell'alloggiamento del dispositivo di registrazione, piena di unità di archiviazione con connettività Internet e alimentata da energia solare e termica; le batterie forniranno l'energia di riserva. La scatola nera è anche progettata, ovviamente, per resistere ai disastri naturali e "costruita per sopravvivere a tutti noi".

    Al termine dell’installazione, la scatola nera scaricherà regolarmente dati scientifici, sia storici che più recenti, tra cui le temperature della Terra e del mare, acidificazione degli oceani, anidride carbonica atmosferica, estinzione di specie, cambiamenti nell'uso del suolo, tassi di crescita della popolazione umana e consumo di energia, nonché di fattori come la popolazione umana e perfino le spese militari. Il dispositivo raccoglierà anche qualsiasi materiale relativo al cambiamento climatico da Internet utilizzando un algoritmo per fornire un contesto che varia, dai titoli dei giornali e dai punti di discussione dei social media, alle notizie da eventi chiave come le conferenze sul clima delle Nazioni Unite.

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    Secondo l'organismo di vigilanza Climate Action Tracker, nonostante i nuovi impegni climatici dei paesi presi prima e durante il vertice sul clima COP26 di novembre, il mondo rimane, solo potenzialmente, sulla buona strada per il riscaldamento globale di 2,4°C al di sopra dei livelli preindustriali. I creatori della scatola nera affermano che "le informazioni registrate aiuterebbero a responsabilizzare i leader mondiali. Infatti, la scatola nera è lì per chiedere conto ai leader sullo stato del cambiamento del clima e per assicurarsi che la loro azione o inazione sia registrata. Quindi chi lo trova dopo, impara dai nostri errori“.", ha detto Curtis. Mentre la struttura dell'alloggiamento del dispositivo sarà pronta probabilmente entro la metà del prossimo anno, i dischi rigidi hanno già iniziato a registrare dall'inizio della COP26. Gli sviluppatori stimano che la scatola nera avrà una capacità sufficiente per memorizzare i dati per i prossimi 30-50 anni, ma stanno lavorando ad un sistema di compressione dei dati in Pdf che consentirebbe loro di raccogliere informazioni per molto più tempo.


    Per ora, tuttavia, alcuni credono che la promessa della scatola di raccogliere dati relativi al clima nel tentativo di documentare la nostra distruzione, potrebbe fare la differenza nel fare prendere sollecite decisioni per fermare il cambiamento del clima. "Quando le persone sanno di essere registrate, influenza ciò che fanno e dicono", ha detto alla ABC - la principale società pubblica di diffusione radiotelevisiva australiana - Jonathan Kneebone - che include la già citata Clemenger BBDO - un altro collaboratore del progetto, co-fondatore del collettivo creativo composto da scrittori, registi, direttori artistici e artisti che si estende da Sydney a New York.

    "Una volta che la scatola nera sarà completamente funzionante, la banca dati in crescita sarà accessibile tramite una piattaforma digitale e le persone, se vogliono visitare il sito, saranno anche in grado di connettersi in modalità wireless con esso. Ci sono altre funzionalità che ci stanno interessando, come la trasmissione di statistiche di riepilogo a intervalli più lunghi nello spazio e quella che la scatola nera possa avere un <i>"<b>battito cardiaco" che comunica che la scatola è accesa e che registra attivamente i visitatori del sito", hanno aggiunto gli sviluppatori. Infatti, il cambiamento climatico fa fallire i raccolti di anno in anno; crollo delle reti trofiche oceaniche; impossibilità di sfamare circa otto, e successivamente nove, 10 (?) miliardi di persone; sfollati a causa dell'innalzamento dei mari che supereranno centinaia di milioni.

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    "È impossibile prevedere chi troverà la scatola nera o avrà trovato nell'involucro. Questa è una domanda su cui stiamo ancora lavorando", affermano gli sviluppatori. Ma si può presumere che non sarà di alcuna utilità a meno che non venga scoperto da qualcuno o qualcosa con la capacità di comprendere e interpretare il simbolismo di base. Ottenere l'accesso all'interno della scatola attraverso il suo involucro in acciaio spesso 7,5 cm richiederà già un po' di ingegno". Comunque, secondo gli esperti che stanno lavorando sulla scatola nera, o se preferite sulla "scatola della vergogna", chiunque ne sia capace sarà anche in grado di interpretare i simboli di base. "Come per l'azienda americana di software per la tecnologia dell'istruzione che sviluppa software per il linguaggio, Rosetta Stone Inc., cercheremo di utilizzare più formati di codifica. Stiamo esplorando la possibilità di includere un lettore elettronico che rimanga all'interno della scatola e si attiverà in caso di esposizione alla luce solare, riattivando anche la scatola se è entrata in uno stato dormiente a lungo termine a causa di una catastrofe", hanno affermato".

    La Terra ottiene una scatola nera per registrare i cambiamenti climatici, ma è solo una trovata pubblicitaria? Chi vivrà saprà, ovvero, per parafrasare un verso di una nota canzone, [Con il Nastro Rosa (Battisti - Mogol)] "Lo scopriremo solo vivendo..."


    Lo scopriremo solo vivendo...



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747 replies since 30/1/2010
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