Profumo di mare: Terra, mare, natura, cambiamento climatico, biodiversità, transizione ecologica

  1. Le politiche di tutela degli ecosistemi marini nell'Area mediterranea, argomento d'attualità

    AvatarBy gpicchetti il 13 Feb. 2012
     
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    Le politiche di tutela degli ecosistemi marini nell'Area mediterranea, argomento di grande attualità


    "Vega Journal" è un periodico di Cultura, Didattica e Formazione Universitaria, edito on line dall'Università Telematica "Ecampus" con la collaborazione del Dipartimento di Scienze Umane e della Formazione dell'Università degli Studi di Perugia. Nel n° 1 del suo settimo anno di vita, che porta la data dell'aprile dello scorso anno (il 2011), il periodico ha pubblicato un interessante documento intitolato "Politiche di tutela degli ecosistemi marini dell'Area Mediterranea". E' un documento firmato da Simona Epasto e Maria Pia Zanghì, che, come spesso accade a certi atti immessi in rete (passati quasi sotto silenzio e ignorati da quanti si interessano o "dovrebbero" interessarsi a tali problemi, per incarichi costituzionali ricoperti ai vari livelli), pur se a lungo "dormienti" serbano intatta la loro validità nel tempo, proprio in virtù della serietà e della competenza di chi li ha redatti, oltre che della loro completezza, approfondimenti inclusi. Qui a seguire riporto in estratto una piccola parte di quel documento. Riguarda proprio lo "Stretto di Sicilia". Ma in calce segnalo anche il link a quel documento, che potrà tornare utile a quanti intendono operare concretamente per la tutela ambientale di quel braccio di mare e non solo, e nel quale, è detto testualmente, "un eventuale incidente, anche di dimensioni minori, avrebbe effetti devastanti per l’intero ecosistema di quella parte di Mediterraneo, con un effetto domino in gran parte di esso". Più chiaro di così... (gp)

    1202131b


    Politiche di tutela degli ecosistemi marini nell’area mediterranea
    scritto da Simona Epasto e Maria Pia Zanghì - da "Vega Journal - Aprile 2011"
    [... omissis...]
    Un approfondimento merita lo Stretto di Sicilia, dove le numerose trivellazioni contribuiscono a rendere quest’area estremamente fragile elevando i rischi ambientali che potrebbero derivare da possibili incidenti; questo tratto di mare, inoltre, è soggetto ad elevato rischio sismico, fattore che aumenta ulteriormente la sua fragilità ed i pericoli a cui l’intera area potrebbe andare incontro. A rendere ancora più preoccupante una ipotesi di questo genere è che un eventuale incidente, anche di dimensioni minori, avrebbe effetti devastanti per l’intero ecosistema di quella parte di Mediterraneo con un effetto domino in gran parte di esso.
    Lo Stretto di Sicilia é oggi unanimamente considerato il principale hotspot della biodiversità mediterranea; in questo tratto di mare tra Sicilia, Malta, Libia e Tunisia sono presenti tutte le specie marine protette del Mediterraneo, ed esso rappresenta anche la più importante zona di pesca di specie di grandi dimensioni. Un ruolo essenziale, unico ed irreplicabile per la biodiversità e la produttività biologica dello Stretto di Sicilia, è dovuto ai banchi o bassifondi (Graham, Skerchi, Avventura, Talbot, Terribile, Alluffo, banco di Pantelleria, ecc.) che rappresentano ambienti fragili ma indispensabili alla diversità biologica ed alla produttività dell’intera area. In particolare, i banchi del Canale di Sicilia costituiscono un ecosistema di straordinaria rilevanza ecologica; a ciò si aggiunga che la loro fruizione ricreativa e culturale può rappresentare una prospettiva rilevante di didattica ambientale, di offerta sostenibile del paesaggio sommerso fruibile sia dal turismo subacqueo che, attraverso sistemi di visione remota, da una utenza diffusa. Dalle condizioni dello Stretto di Sicilia dipende, inoltre, come anticipato, l’equilibrio di tutto il Mediterraneo [22]; per questo motivo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per la protezione dell’ambiente (UNEP), in un meeting svoltosi ad Istanbul promosso dal Piano di Azione Mediterraneo, ha indicato lo Stretto di Sicilia come Zona di Protezione ai sensi della Convenzione di Barcellona, specificandone, con apposite mappe, anche i siti ed i limiti delle aree dello Stretto su cui va prevista la tutela ambientale.
    Riconoscendone l’elevato valore ambientale, sia l’Italia che la Tunisia, in cui ricadono molte delle aree proposte a protezione, hanno firmato la Convenzione di Barcellona già dal lontano 1979; nel versante italiano, inoltre, si nota una presa di posizione da parte di amministrazioni locali ed il sorgere in modo spontaneo di comitati di cittadini che rivendicano il diritto alla salvaguardia di questo tratto di mare e l’attuazione di quelle norme di tutela.
    Diversi paesi che vedono tratti di mare interessati, hanno avviato procedure per tradurre in normative concrete questo riconoscimento di importanza ambientale e per rendere efficace il livello di protezione. Tra questi, Francia e Spagna hanno espresso la disponibilità a collaborare per la tutela del Golfo del Leone, oltre che proporre per quest’area una dichiarazione di SPAM (Area Protetta Speciale di Interesse Mediterraneo), un analogo marino alle aree continentali della Rete Natura 2000; la Slovenia ha invitato i paesi che si affacciano all’Adriatico a varare misure coordinate ed unitarie allo scopo di definire una SPAM in questa regione. ... [segue]

    http://www.vegajournal.org/content/archivi...ea-mediterranea
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