La prof. Maria Rita D'Orsogna questa mattina ci ha inoltrato un accorato appello via mail che " E' per opporsi ad un gigante metanodotto che da Brindisi arriverebbe a Bologna per portare gas (per conto della british gas) dal Nord Africa agli inglesi".
La mail è stata inoltrata anche a Guido Picchetti ed altri illustri amici comuni e non della D'Orsogna. Questo è il testo:
Carissimi,
vorrei chiedervi se gentilmente potreste sottoscrivere queste osservazioni da mandare al Ministero dello Sviluppo Economico. E' per opporsi ad un gigante metanodotto che da Brindisi arriverebbe a Bologna per portare gas (per conto della british gas) dal Nord Africa agli inglesi. La Snam lo realizza e ci prende i soldi dell' "affitto" sul suolo italiano. Non e' gas per gli italiani.
Il progetto attraversera' zone sismiche in Abruzzo ed in Umbria, parchi nazionali e terreni agricoli. La persona che organizza il tutto si chiama Maria Trozzi ed e' qui in cc.
Come sempre, l'idea e' di essere solidali gli uni con gli altri, da ogni parte d'Italia. Il modulo che ha preparato Maria e' qui in allegato, e devi solo riempire con il nome della tua associazione, rappresentante e sede e rimandare a Maria che e' in cc entro il 20 luglio. E' una cosa che facciamo comunita' per comunita' e ci aspettiamo una sorta di reciprocita' quando e' necessario.
Se volete rimandate anche a me, ma non e' necessario, basta solo che arrivi a Maria che poi ci pensa lei a mandare al governo.
Guido, puoi fare a nome di Echi di Stampa e Filippo a nome di Profumo di Mare. E poi Carmelo e Franco come Comitato Parchi? Un abbraccio forte e grazie a tutti. Grazie mille! Ciao
La storia è ben descritta in un articolo apparso l'altro ieri su ilfattoquotidiano.it:
"Preoccupa sempre più il progetto della Snam, avviato nel 2004, per la realizzazione di una nuova via del gas per l’Italia: il gasdotto “Rete Adriatica”. Un tubo da 120 centimetri di diametro che da Brindisi arriverà sino a Minerbio (Bologna), seppure spezzettato in cinque lotti. Il frazionamento ha permesso così alla Snam di presentare cinque diverse istanze di valutazione di impatto ambientale (VIA). Un escamotage per evitare un unico procedimento – in cui sarebbero potute confluire tutte le problematiche del caso – nonostante l’impianto sia da considerarsi un’opera unitaria. E non importa se la British Gas, non avendo avuto i permessi per costruire il rigassificatore di Brindisi – per il quale inizialmente il metanodotto era stato concepito –, ha deciso di gettare la spugna e andar via. Il gasdotto si farà ugualmente: “E’ un’opera infrastrutturale importantissima per l’Italia”, dice la Snam.
Ma al contrario di quanto lascerebbe intendere la scelta del nome, derivante dal progetto originario – i “corridoi di passaggio” erano stati individuati lungo la costa –, il gasdotto vedrà il mare (Adriatico) solo per un tratto. Da Biccari (Foggia) in poi infatti “le difficoltà geologiche e un elevato grado di urbanizzazione della costa – comunicano fonti della Snam Rete Gas, contattate da ilfattoquotidiano.it – hanno imposto la scelta di un tracciato più interno”. Dal tratto finale della Puglia, dunque, il “Rete Adriatica” inizierà a inerpicarsi sulle montagne molisane fino ad arrivare in Abruzzo. Motivazioni esigue e semplicistiche quelle addotte dalla Snam, per il comitato interregionale “No Tubo”, che da anni si batte contro il “nuovo” progetto: “In realtà hanno deviato verso l’interno perché lì non hanno trovato alcuna resistenza da parte degli amministratori locali”, denuncia a ilfattoquotidiano.it Mario Pizzola, coordinatore del comitato No Tubo di Sulmona. C’è però anche un motivo economico: “Tra Campochiaro (CB) e Sulmona (AQ) – ammette la Snam – esiste già un tratto del gasdotto Transmed (ndr. la linea che dall’Algeria risale l’Italia) che ha suggerito di sfruttarne il corridoio”.
Considerando che un gasdotto costa circa 2 milioni di euro per ogni chilometro, sfruttare il tunnel abruzzo-molisano vorrebbe dire risparmiare almeno 50 milioni. Inoltre “le spese per le servitù di passaggio sono più basse rispetto alla costa – fa notare il comitato –. La Snam risparmia – attaccano i No tubo – ma scarica sulla collettività enormi costi ambientali, economici, sociali ed umani”. Ed è proprio con il suo ingresso in Abruzzo che l’opera spaventa maggiormente. Da qui in poi infatti il gasdotto cavalcherà praticamente tutta la dorsale dell’Appennino Centro Settentrionale, interessando – direttamente o indirettamente – numerose aree naturali protette: i parchi nazionali della Maiella, dei Monti Sibillini e del Gran Sasso, il parco regionale del Velino-Sirente e 21 aree tra Siti d’Importanza Comunitaria e Zone di Protezione Speciale.
Il tracciato coincide inoltre con il progetto “APE” (Appennino Parco d’Europa), un importante programma avviato nel nostro Paese, finalizzato alla tutela della biodiversità e alla promozione di politiche ecosostenibili. “La compatibilità dell’opera – assicura la Snam – è da ascrivere al totale interramento della condotta”. E comunque “alla fine dei lavori – promette – le condizioni naturalistiche e paesaggistiche originarie saranno completamente ricostituite”.
Il problema più grande, però, è quello legato al rischio terremoti. Il metanodotto in progetto si snoda lungo alcune zone sismiche di primo grado (la Valle Peligna, i paesi dell’hinterland aquilano colpiti dal terremoto del 6 aprile 2009, quelli dell’Umbria e delle Marche colpiti nel settembre del ’97 e dell’Emilia ).
“Durante i sismi più importanti che hanno interessato l’Italia negli ultimi trent’anni, non risulta che si siano verificati danni alle condotte nelle zone interessate dagli eventi”, taglia corto la Snam. Ma l’esplosione di un metanodotto della stessa società di San Donato Milanese, avvenuto due anni fa in provincia di Cosenza, a causa di uno smottamento di terreno, giustifica l’apprensione delle popolazioni interessate. Specie quella abruzzese, per la quale il rischio è doppio.
A Sulmona infatti la Snam costruirà anche una centrale di compressione “necessaria per imprimere al gas la spinta per viaggiare lungo la rete di trasporto”. La VIA per la centrale e il gasdotto Sulmona-Foligno – chiesta dalla Snam l’8 aprile 2009, cioè in pieno sisma – è arrivata nel marzo del 2011. E la Regione Abruzzo ha subito avviato la procedura per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale. Salvo improvvisamente fare dietrofront: tra ottobre 2011 e gennaio 2012 il Consiglio regionale ha approvato ben due risoluzioni contrarie ai progetti del metanodotto e della centrale. E lo scorso giugno è addirittura arrivata una legge ad hoc: “Per la realizzazione di metanodotti e centrali di compressione connesse, ove essi ricadano in zone sismiche di primo grado o contrastino con il piano regionale sulla qualità dell’aria, la Regione Abruzzo negherà l’intesa al Governo”. Fondamentale in tal senso è stata anche la risoluzione approvata dalla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati il 26 ottobre 2011 che “impegna il Governo a disporre la modifica del tracciato”. Provvedimenti che fanno ben sperare, “ci aspettiamo ora che le altre Regioni interessate (Umbria e Marche) seguano l’esempio dell’Abruzzo”, auspica Aldo Cucchiarini (Comitato No Tubo Marche). Ma bisogna far presto: il primo tratto del gasdotto è stato già ultimato, il secondo (quello da Biccari a Campochiaro) ha ottenuto le principali autorizzazioni."
Fin qui la storia che si colora di tinte sempre più fosche!
Per chi volesse, entro il 20 luglio c'è tempo per inviare una mail alla prof. D'Orsogna ( "Maria R D'Orsogna" <dorsogna@csun.edu>) che provvederà a trasmetterla al Ministero dello Sviluppo Economico per dire no anche alla Centrale di compressione gas di Sulmona e delle quattro linee di collegamento alla rete Snam Rete Gas esistente".
Basta redigere quanto segue:
AL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Oggetto : osservazioni
In relazione al procedimento per l'autorizzazione dell'opera denominata "Centrale di compressione gas di Sulmona e delle quattro linee di collegamento alla rete Snam Rete Gas esistente", la/il sottoscrita/o formula le seguenti
osservazioni
La realizzazione della centrale di compressione e delle quattro linee di collegamento comporterebbe un notevole danno all'ambiente e all'economia locale ed esporrebbe i cittadini a rischi molto elevati, sia per quanto riguarda la salute che la sicurezza pubblica.
L'opera occuperebbe una superficie di ben 12 ettari di terreno agricolo in località Case Pente, nei pressi del cimitero di Sulmona e, sia la centrale che le infrastrutture ad essa collegate, andrebbero a deturpare in maniera irreversibile un'area che presenta un contesto paesaggistico di pregio ed è di grande interesse storico ed archeologico.
Per di più tale opera sorgerebbe in una delle porte di accesso al Parco nazionale della Majella, interferendo con siti e zone speciali di conservazione facenti parte della rete europea Natura 2000. Va sottolineata l'elevata qualità ambientale del nostro territorio, che è al centro del sistema dei Parchi e delle riserve naturali dell'Abruzzo e che conta la presenza di un elevato numero di borghi più belli d'Italia (dei 17 esistenti in Abruzzo ben 7 sono in Valle Peligna)
La costruzione della centrale di compressione, con il suo notevole impatto sull'ambiente e con il suo carico di inquinanti, costituirebbe un colpo molto duro per un'economia locale già agonizzante, in quanto i suoi effetti si ripercuoterebbero in modo fortemente negativo in settori chiave quali il turismo, l'agricoltura e il commercio, cioè proprio su quei comparti economici sui quali il nostro territorio ha deciso di far leva per cercare di risollevarsi e di investire per sperare in un futuro migliore.
Ma la realizzazione della centrale (e del metanodotto) non colpirebbe solo l'ambiente e l'economia del nostro comprensorio, perché elevate sarebbero le sue ripercussioni anche sulla sicurezza e sulla salute della nostra comunità.
La centrale di compressione, così come il tracciato del metanodotto, insistono infatti su una zona sismica di 1° grado. Il sito scelto per la centrale è nei pressi della faglia attiva del Monte Morrone ed i sismologi pongono l’attenzione, oltre che sulla particolare origine geologica della Conca Peligna (con depositi alluvionali come la piana dell'Aquila) che, in caso di terremoto, amplifica notevolmente gli effetti dell'onda sismica a causa del fenomeno dell'accelerazione, anche sulla faglia stessa “dormiente” da oltre 1900 anni.
La stessa Commissione nazionale V.I.A., pur rilevando le evidenti carenze progettuali dell'opera, come la mancanza di studi sismici di dettaglio, ha espresso assurdamente parere favorevole e, consapevole dell'alto rischio sismico del nostro territorio, è giunta alla conclusione che, comunque, pur in presenza di tali studi, la vulnerabilità della condotta può essere solo ridotta ma non eliminata.
Perciò, opportunamente, la Regione Abruzzo ha approvato una legge (la n. 28 del 19.6.2012) che non consente la realizzazione di grandi metanodotti e oleodotti, con annesse centrali termiche e di compressione, in aree altamente sismiche e che pertanto prevede, in questi casi, il diniego della Regione nella procedura d'intesa con lo Stato. Di conseguenza, tenendo conto di tale legge e delle decisioni ministeriali assunte in casi analoghi (come la cancellazione dell'impianto di Rivara, che doveva sorgere nell'area del sisma che ha colpito nelle scorse settimane l'Emilia-Romagna), il Ministero dello Sviluppo Economico dovrebbe subito porre termine al procedimento autorizzativo e respingere il progetto presentato dalla Snam.
Altro problema di altrettanta forte preoccupazione per i cittadini è quello relativo ai rischi per la salute pubblica: i medici, i veterinari, i biologi e altri operatori del comparto sanitario, con un documento sottoscritto da oltre 200 professionisti della Valle Peligna, hanno da tempo lanciato l'allarme circa i danni che impianti con emissioni nocive provocherebbero alla salute dei cittadini e all'ambiente. Ciò in relazione alla specifica conformazione orografica della Conca Peligna, che è
circondata da rilievi alti anche 2000 metri ed è caratterizzata da particolari condizioni meteo-climatiche con scarsa ventilazione e scarsa piovosità, aggravate dal fenomeno dell'inversione termica. Queste specifiche condizioni, presenti da noi in modo molto evidente, fanno sì che, anche in presenza delle migliori tecnologie, le sostanze inquinanti emesse dalla centrale (ossidi di azoto, monossido di carbonio, nanoparticelle derivanti dai processi di combustione) ristagnino nell'aria,
costituendo così un grave fattore di rischio sanitario, con ripercussioni pesanti sulla salute umana e degli altri esseri viventi e con ricadute molto negative sulla catena alimentare. Non a caso la Commissione nazionale V.I.A., che ha espresso un aprioristico ed illogico parere favorevole e in quanto tale inaccettabile, ha comunque prescritto la necessità di effettuare almeno un anno di monitoraggio della qualità dell'aria prima dell'avvio dei lavori della centrale.
In ogni caso non è possibile realizzare la centrale nel sito prescelto dalla Snam in quanto esiste un evidente contrasto tra la destinazione urbanistica dell'area, che è a verde agricolo e il Piano regionale per la Tutela della Qualità dell'Aria (deliberazione 25.9.2007 n. 79/4) il quale sancisce "il divieto di insediamento di nuove attività industriali e artigianali con emissioni in atmosfera in aree esterne alle aree industriali infrastrutturate nell'ambito delle procedure autorizzative ai sensi del Decreto Legislativo 3/4/2006 n.152". La medesima area è inoltre incompatibile con le previsioni del Piano Regolatore Generale del Comune di Sulmona le cui norme tecniche di attuazione non consentono, nel luogo di cui trattasi ovvero località Case Pente, la realizzazione né di impianti industriali, né di infrastrutture di carattere industriale, insistendo nell'area stessa non solo il vincolo a verde agricolo, ma anche il vincolo di rispetto cimiteriale e il vincolo idrogeologico.
Alle su esposte osservazioni ne vanno aggiunte altre, non meno importanti, relative agli aspetti procedurali.
Nel procedimento in corso, il Vostro Ministero fa riferimento ad un'opera che di fatto non esiste: infatti, tutta la procedura autorizzativa seguita fino al maggio 2011, è inerente all'opera unitaria denominata "Metanodotto Sulmona-Foligno e centrale di compressione gas di Sulmona" e dalla documentazione tecnica della Snam risulta in maniera inoppugnabile che la centrale di compressione è a supporto del metanodotto Sulmona-Foligno.
Particolare molto importante: i decreti di pubblica utilità e di compatibilità ambientale fanno anch'essi riferimento all'opera unitaria comprendente il metanodotto e la centrale.
A partire dall'agosto 2011, su richiesta della Snam, il Vostro Ministero ha operato un arbitrario sdoppiamento delle procedure: procedere per autorizzare la sola centrale, separatamente dal metanodotto, significherebbe perciò autorizzare un'opera diversa, alla quale viene oggi attribuita perfino una diversa finalità prioritaria che non compare neppure negli atti progettuali della società proponente (quella del pompaggio del gas stoccato a San Salvo).
Di conseguenza, se la Snam vuole realizzare la centrale di compressione indipendentemente dal metanodotto e con una differente finalità prioritaria, deve presentare un nuovo progetto, dimensionato allo scopo e sottoporlo all'iter previsto dalla legge, compresa una nuova valutazione di impatto ambientale e una nuova procedura di pubblica utilità. E comunque non è plausibile che una simile centrale debba sorgere necessariamente a Sulmona, dal momento che vi sarebbero molte altre localizzazioni possibili.
Ci corre l'obbligo, infine, di porre in risalto che la procedura autorizzativa in atto sta avvenendo in aperta violazione dei principi fondamentali del nostro Stato democratico. L'opera in oggetto è di per sé un'opera complessa e fortemente problematica; pertanto la valutazione circa la sua collocazione e realizzabilità non può che essere effettuata tenendo conto di una molteplicità di fattori: non solo l'impatto sull'ambiente ma, come si è visto, anche l'impatto sulla salute e sulla sicurezza, nonché quello sul contesto socio-economico su cui va ad incidere.
E' evidente, perciò, che una simile opera in un Paese democratico non può essere imposta dall'alto, ma può essere realizzata solo se c'è il consenso dei cittadini e delle istituzioni. Ebbene, nel nostro caso, tutte le istituzioni democratiche elette dai cittadini, hanno espresso alla unanimità il loro parere contrario: dal Comune alla Comunità Montana, dalla Provincia alla Regione, fino alla Camera dei Deputati.
In particolare la Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, con voto unanime, ha approvato una risoluzione che impegna il Governo a disporre la modifica del tracciato dell'opera e ad istituire un apposito tavolo per la individuazione di una soluzione alternativa, comunque al di fuori della dorsale appenninica. Il Governo, disattendendo i deliberati assunti da tutti gli organi elettivi, sta operando di fatto al di fuori e contro le regole basilari della democrazia.
Per tutte le motivazioni innanzi esposte e che attengono sia al merito del problema che alle procedure seguite ed infine alle decisioni assunte da tutti gli Enti istituzionali, chiediamo che l'iter autorizzativo in atto venga fermato attraverso l'adozione, da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, di uno specifico atto di autotutela che ripristini la correttezza della procedura e che sia in sintonia con lo volontà espressa dalle istituzioni le quali, a norma della nostra Costituzione, rappresentano la sovranità popolare.
Infine, fermo restando quanto sopra, lo scrivente chiede di avere accesso e quindi di poter prendere parte al procedimento amministrativo in corso, compresa la partecipazione alla eventuale conferenza dei servizi (qualora si dovesse persistere secondo le modalità arbitrarie sopra evidenziate). La richiesta è formulata ai sensi della legge n.108 del 2001 di recepimento della Convenzione di Aarhus sull'informazione e la partecipazione in materia di ambiente, nonché ai sensi dell'art.9 della legge n.241 del 1990.
Nell'ambito delle finalità delle normative in oggetto, si prega cortesemente di voler indicare il responsabile dell'accesso al procedimento amministrativo in corso, con l'indicazione di un numero telefonico ed e-mail e di voler comunicare allo scrivente il luogo e la data della conferenza dei servizi, qualora essa dovesse essere convocata.
Con l'occasione invio i miei più distinti saluti.
Recapito : indirizzo - n. di telefono - e-mail
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