Profumo di mare: Terra, mare, natura, cambiamento climatico, biodiversità, transizione ecologica

  1. Fracking un dilemma che si sta sciogliendo.

    By Filippo Foti il 26 April 2013
     
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    La sismicità indotta con il fracking negli Stati Uniti "sembra" essere diversa da quella che si può indurre in Italia sempre con la stessa tecnologia.



    Mentre in Italia ci si ostina a far credere che i terremoti non possono essere indotti dal fracking, la ricerca viene sempre più penalizzata nel settore scientifico e nella fattispecie nel campo geologico dove gli interessi dei soliti pochissimi noti prevalgono su quelli della popolazione, apprendiamo che il nuovo governo non ha in agenda fondi da destinare al settore scientifico tanto che su dieci ricercatori che vanno in pensione, ne subentrano solo due.

    Poche voci, sono fuori dal coro che conosciamo abbastanza bene per ospitarli spesso in queste pagine, ovvero la prof.ssa Maria Rita D'Orsogna ed il prof. Franco Ortolani, strenui combattenti nel settore ambientale.

    Ma ora veniamo al tema che vogliamo sviluppare, riservandoci a fine post di riportare una recente dichiarazione del prof. Ortolani ordinario di Geologia presso l’Università Federico II° di Napoli.

    Negli Stati Uniti, nella regione che si estende dal nord-est del New Mexico al Colorado meridionale, dal 2001 i terremoti hanno subito una vera e propria impennata sia nel numero che nell’intensità, ha detto Justin Rubinstein, uno dei principali autori della ricerca.

    Justin Rubinstein


    Gli scienziati dell'United States Geological Survey (USGS), un'agenzia scientifica del Governo degli Stati Uniti concordano con il geofisico Rubinstein che ha commentato i suoi molteplici studi durante la riunione internazionale dei sismologi, avvenuta qualche giorno fa negli Stati Uniti.

    “Il rapido aumento dei terremoti ha seguito un aumento significativo di iniezione delle acque di scarico a partire dal 1999”, ha detto Rubinstein. La tecnica di iniezione acquifera per provocare nuove fratture nel terreno, è dunque un fattore che innescherebbe sismicità in un’area dove fino a qualche lustro fa i sismi si basavano esclusivamente sui reali rischi tettonici, senza considerare gli insulti dell’uomo.


    Quando le società minerarie estraggono risorse tramite fracking, in poche parole, le trivelle iniettano fluidi ad alta pressione nella roccia provocando lievi fessure che causano il rilascio di gas naturale. Le acque reflue su con il gas vengono quindi trasportati ai pozzetti di smaltimento, dove vengono iniettati in profondità nella roccia porosa. Gli scienziati ora ritengono che la pressione e la lubrificazione delle acque di scarico possono causare scivolamenti e scatenare un terremoto.

    Rubinstein ha detto: “ Tra il 2001 e il 2011, il numero di terremoti di magnitudo 3 o più grandi sono stati 20 volte in più di quanto non ce ne sono stati tra il 1970-2001, con un numero record di scosse di assestamento”.

    Secondo quanto stilato dal rapporto di Justin Rubinstein, uno dei più forti terremoti provocati dal fracking sembra sia avvenuto nel 2011 ed è stato pari a 5,3 di magnitudo. Quel sisma provocò ingenti danni nella parte meridionale del Colorado e costrinse moltissime persone a liberare il territorio.

    Si ha la certezza, almeno secondo i sopra enunciati studi, che l’aumento della pressione lungo due importanti faglie che attraversano quell’area dovrà essere in costante sorveglianza e monitoraggio da parte dell’Usgs.


    Mappa di localizzazione di sistema di faglie Pajarito. A sinistra: posizione del Rio Grande Rift (spesse linee nere) nel sud-ovest degli Stati Uniti. A destra: particolare del Rio Grande spaccatura in prossimità del nord del New Mexico e Colorado meridionale. Le spesse linee nere indicano gravi spaccature.



    Una visione in 3-D della rottura del 4 aprile, 2010, El Mayor-Cucapah Terremoto (linea rossa), rivela una nuova linea di faglia che collega il Golfo di California con la colpa Elsinore, che è destinato a diventare il principale difetto al confine tra il Pacifico e le piastre Nord America.



    Negli Stati uniti la ricerca viene abbastanza foraggiata, cosa che non succede in Italia, come abbiamo tristemente appreso dal Prof. Franco Ortolani, ordinario di Geologia presso l’Università Federico II° di Napoli. Sentiamo il suo pensiero, come al solito, forbito e pungente:

    Le Università chiudono i Dipartimenti di Geologia mentre c’è chi pensa di ricostruire i giacimenti di metano e di iniettare anidride carbonica ad elevata pressione nel sottosuolo interessato da faglie attive sismogenetiche. “E’ la legge del mercato”?


    Sul Canale GEOLOGIA il 24 aprile 2013 si evidenziano i numerosi gravi dissesti che stanno flagellando i versanti dell’Appennino in seguito ad una naturale predisposizione a franare favorita dalle abbondanti piogge che sono cadute all’inizio del nuovo minimo di attività solare che si preannuncia pluriannuale.

    Danni diffusi al patrimonio privato, si sono verificate 23 interruzioni totali di strade, con l’isolamento di 20 località o abitazioni, 30 case sono distrutte o fortemente danneggiate; 70 persone sono state evacuate in 13 Comuni e i soli danni diretti sono stimati a circa 120 milioni di euro. Problemi noti che devono essere sempre studiati e seguiti per evitare errori di pianificazione e contenere i danni lungo i versanti che “devono” ancora raggiungere un definitivo equilibrio geomorfologico.

    E’ anche area sismica e di tettonica attiva dove gli studiosi di geologia e gli allievi dovrebbero fiorire come le margherite a primavera lungo i verdi versanti appenninici (tra una frana e l’altra). Queste sono le reali e dure esigenze di un territorio vivo e molto urbanizzato con attività produttive autoctone di pregio ineguagliabile! E invece? La dura esigenza della riforma universitaria che tutti ci invidiano, si dice, impone la scomparsa dei dipartimenti di geologa e di conseguenza l’attenzione verso i problemi geoambientali del territorio e dei cittadini!

    prof. Franco Ortolani


    Meglio dedicarsi agli idrocarburi? Meglio fare consulenze per fare del sottosuolo emiliano-romagnolo-padano il bombolone sotterraneo dell’Europa ricostruendo i giacimenti esauriti di metano ripompando a forte pressione nelle rocce del sottosuolo il metano importato dall’est durante il periodo caldo (si vende poco) per estrarlo abbondantemente nel periodo freddo quando aumenta la richiesta (si vende di più) non solo in Italia ma anche nella vicina Europa?

    Per non dimenticare le consulenze per realizzare sempre nel sottosuolo dei bomboloni naturali per conservare l’anidride carbonica prodotta dalle industrie per cercare, dicono, di combattere l’effetto serra, pompando a forte pressione il fluido sempre nel sottosuolo prevalentemente interessato dalle faglie attive. Soldi pubblici per la ricerca sulle problematiche geomorfologiche dei versanti non ce ne sono o sono molto pochi.

    Se l’industria paga bene per le consulenze circa i bomboloni, si può mai rifiutare l’offerta? Certo che no! Però…si deve dire che le attività nel sottosuolo non arrecano danni, non possono anticipare i sismi e che è sempre tutto sotto controllo?

    Rileggete varie affermazioni in proposito fatte anche da esponenti delle università i quali senza avere accesso ai dati sulle attività nel sottosuolo, attuali e perpetrate per decine di anni, non hanno esitato ad affermare che non ci possono essere relazioni tra attività antropiche nel sottosuolo e sismi.

    E tutto questo senza conoscere l’esatta ubicazione e la geometria delle faglie sismogenetiche e nemmeno quali stimolazioni siano eseguite nel prisma di rocce interessato dalle faglie sismogenetiche che dalla sommità del basamento dislocano tutte le sovrastanti rocce sedimentarie fino quasi alla superficie del suolo.


    Lasciamo da parte queste considerazioni che richiedono studi trasparenti e non mercenari, controlli trasparenti e verificabili che le leggi attuali non consentono! Richiedono pure affermazioni responsabili e non da “sostenitori tipo…ultras calcistici”.
    Studi geologici competenti e continuamente aggiornati, amministratori che siano difensori del territorio e dei cittadini e che si impegnino a garantire più sicurezza ambientale. Garantisco che nelle università dell’Emilia-Romagna vi sono molti e noti e preparati studiosi all’avanguardia scientifica in grado di fornire sostegno scientifico adeguato alle esigenze e problematiche del territorio.

    Cercansi urgentemente… i difensori istituzionali, validi e agguerriti, del territorio e dei cittadini che costantemente si impegnino nel sostenere le attività di studio geologico e geoambientale evitando, preferibilmente, qualche riunione in prestigiosi salotti internazionali e nazionali laici e non tipo Bildenberg!
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