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  1. “La natura non dimentica”: animali diventati radioattivi.
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    By Filippo Foti il 6 Oct. 2023
     
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    Dalle montagne giapponesi alle foreste tedesche, alcune specie di animali testimoniano gli effetti a lungo termine dei test e degli incidenti nucleari condotti dagli Stati Uniti decenni fa.


    ricercatori

    Gli autori dello studio



    TARTARUGHE MARINE

    Per le tartarughe marine, pochi habitat sono più adatti rispetto alle fresche acque del Pacifico intorno al verde dell’atollo di Eniwetok, a metà strada tra l'Australia e le Hawaii. Questi meravigliosi rettili, perfettamente adattati alla vita marina, riportano la “firma” nucleare dei test condotti dagli Stati Uniti dove, negli anni quaranta, l’esercito americano faceva esperimenti nucleari. Adesso, in quei luoghi meravigliosi, c’è il rischio reale di fuoriuscita di detriti radioattivi da quella cupola, come nella foto che segue, costruita proprio per "tacitare" il problema. L, e tartarughe marine, sono solo una delle tante specie colpite dal dominio dell'uomo sull'energia nucleare.

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    Un habitat perfetto, tranne che per un “piccolo” dettaglio: le radiazioni. Dopo aver conquistato l'atollo durante la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti per 43 volte vi testarono armi nucleari, poi seppellirono i rifiuti radioattivi in quella "tomba di cemento" che da allora cominciò a rompersi. Successivamente gli scienziati hanno scoperto l’eredità radioattiva nei gusci delle tartarughe marine che vivono nelle acque circostanti, rendendo questi rettili, prestati al mare - proprio come balene, delfini e altri cetacei che si sono evoluti da mammiferi terrestri - uno dei tanti animali colpiti dalla contaminazione nucleare globale.

    Dalle montagne giapponesi alle foreste tedesche, alcune specie di animali testimoniano gli effetti a lungo termine dei test e degli incidenti nucleari condotti dagli Stati Uniti decenni fa. Sebbene le radiazioni provenienti da questi animali generalmente non minaccino gli esseri umani, riflettono il patrimonio nucleare dell’umanità.

    "È un avvertimento! La natura non dimentica”., afferma Georg Steinhauser, radiochimico dell’Università di Tecnologia di Vienna ed esperto di radioattività animale.

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    TARTARUGHE MARINE ATOLLO ENIWETOK ISOLE MARSHALL OCEANO PACIFICO CENTRALE

    Ribadendo che gran parte della contaminazione radioattiva mondiale deriva dai test condotti dalle potenze mondiali nel tentativo di sviluppare armi potenti nel corso del XX secolo, gli Stati Uniti testarono appunto le armi nucleari dal 1948 al 1958 sull'atollo di Eniwetok e nel 1977, gli Stati Uniti iniziarono a ripulire l'atollo dai rifiuti radioattivi, la maggior parte dei quali sono sepolti, come abbiamo visto, nel cemento di una delle isole.

    I ricercatori dello studio sulla “firma nucleare” nelle tartarughe ipotizzano che la pulizia abbia interrotto i sedimenti contaminati che erano stati depositati nella laguna dell'atollo. Si pensa che questo sedimento sia stato inghiottito dalle tartarughe mentre nuotavano, o che abbia influito sulle alghe che costituiscono gran parte della dieta delle tartarughe marine.

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    La tartaruga marina studiata è stata ritrovata appena un anno dopo l’inizio della pulizia. Secondo Cyler Conrad, ricercatore del Pacific Northwest National Laboratory che ha condotto lo studio, tracce di radiazioni contenute in questi sedimenti sono penetrate nel guscio della tartaruga sotto forma di strati misurabili dagli scienziati. Conrad paragona le tartarughe ad “anelli natatori”, usando i loro gusci per misurare le radiazioni nello stesso modo in cui gli anelli su un tronco d’albero ne registrano l’età. Sono migratrici, precisa Conrad, ma vivono, si nutrono e nidificano nell'atollo di Eniwetak.

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    "Non avevo compreso esattamente quanto fossero diffusi questi segnali nucleari nell'ambiente", sostiene Conrad, che ha anche studiato le tartarughe che mostravano segni di radiazioni causate dall'uomo nel deserto del Mohave, nel fiume Savannah in Carolina, a sud e sull'Oak Ridge nel Tennessee. Così tante tartarughe diverse in così tanti siti diversi sono state “modellate” dall’attività nucleare lì testata”. Il fiume Savannah ebbe un ruolo importante negli anni '50, quando iniziò la costruzione dell'impianto del governo statunitense Savannah River, destinato a produrre plutonio e trizio per armi nucleari.

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    I test sulle armi nucleari sono anche responsabili della contaminazione attraverso la proiezione nell’atmosfera superiore di spesse masse di polvere e cenere irradiate, chiamate "fallout" - ovvero la ricaduta sulla superficie terrestre di materiale radioattivo che può circondare il pianeta prodotto da esplosioni termonucleari - e depositarsi in ambienti remoti. Nelle foreste della Baviera, ad esempio, alcuni cinghiali presentano livelli di radiazioni talvolta sconcertanti. Gli scienziati hanno a lungo pensato che la ricaduta radioattiva fosse il risultato del disastro di Chernobyl, avvenuto nel 1986, nella vicina Ucraina.

    Tuttavia, in uno studio recente Georg Steinhauser, professore di radiochimica applicata, e il suo team hanno scoperto che fino al 68% della contaminazione dei cinghiali bavaresi proveniva da test nucleari condotti in tutto il mondo, dalla Siberia al Pacifico. Trovando l'"impronta digitale nucleare" di diversi isotopi di cesio, alcuni dei quali sono radioattivi, il team di Steinhauser ha però escluso Chernobyl come fonte di contaminazione.

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    Un cinghiale in Baviera, Germania.



    Steinhauser ha studiato campioni di cinghiali, solitamente dalla loro lingua, e trovò 15.000 becquerel di radiazioni per chilogrammo. Queste cifre superano di gran lunga il limite di sicurezza europeo di 600 becquerel per chilogrammo, ovvero corrisponde alla attività di una sostanza radioattiva che effettua una disintegrazione al secondo. I cinghiali sono stati contaminati mangiando tartufi, che hanno assorbito le radiazioni del fallout nucleare depositatosi nel terreno vicino. Quando arrivarono i primi risultati, uno dei dottorandi di Steinhauser ricorda di aver pensato: "Non è possibile che ci sia così tanto cesio nei cinghiali". Solo dopo aver ricontrollato le misurazioni hanno concluso che "i cinghiali avevano un livello di cesio derivante dalle ricadute di armi nucleari molto più elevato di quanto stimato".

    I cinghiali bavaresi e le renne norvegesi, vengono monitorati per garantire che gli esseri umani non mangino carne non idonea al consumo. "I limiti normativi sono molto severi, afferma Steinhauser. Tuttavia, questi risultati hanno enormi implicazioni. Per molti anni abbiamo semplicemente dato per scontato che le ricadute nucleari si sarebbero dirette altrove. Ma “altrove” non significa che siano scomparsi".

    RENNE

    Le conseguenze del disastro di Chernobyl si osservano chiaramente anche altrove in Europa. Il fallout radioattivo si diffuse in tutto il continente, lasciando un’eredità radioattiva che durò centinaia di anni. “L’Europa è fortemente contaminata da Chernobyl. È la nostra principale fonte di cesio radioattivo”, afferma Steinhauser.

    Gran parte di queste radiazioni sono state portate dal vento verso la Norvegia nordoccidentale, da quando ha iniziato a piovere. Poiché la traiettoria del fallout dipendeva da condizioni meteorologiche imprevedibili, "la contaminazione sulla Norvegia in seguito all'incidente non è distribuita uniformemente, ed è molto irregolare”.", afferma Runhild Gjelsvik, scienziata dell'Autorità norvegese per la protezione e la sicurezza dalle radiazioni nucleari.

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    La pioggia radioattiva è stata assorbita da funghi e licheni, gli ultimi dei quali sono vulnerabili perché non hanno apparato radicale e assorbono le sostanze nutritive dall'aria e che poi venivano mangiati dalle mandrie di renne. Subito dopo l’incidente di Chernobyl, la carne di alcune renne presentava livelli di radiazioni superiori a 100.000 becquerel per chilogrammo.

    Oggi, spiega Gjelsvik, gran parte dei licheni contaminati è stata rimossa attraverso il pascolo, il che significa che la radioattività misurata nella maggior parte delle renne norvegesi è inferiore allo standard di sicurezza europeo. Ma in alcuni anni, quando i funghi selvatici crescono in numero maggiore del normale, i campioni possono mostrare picchi fino a 2.000 becquerel. "Le sostanze radioattive di Chernobyl vengono ancora trasferite dal suolo ai funghi, alle piante, agli animali e alle persone", spiega Gjelsvik.

    MACACHI

    In Giappone, il problema simile colpisce i macachi. Dopo il disastro di Fukushima nel 2011, la concentrazione di cesio nei macachi giapponesi che vivono nelle vicinanze è salita alle stelle fino a un massimo di 13.500 becquerel per chilogrammo, secondo uno studio condotto da Shin-ichi Hayama, professore presso l'Università di veterinaria e scienze della vita del Giappone.

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    Macaco


    Secondo la ricerca di Shin-ichi Hayama, che si è concentrata principalmente su campioni di tessuto prelevati dalle zampe posteriori dei macachi, probabilmente mangiavano germogli e corteccia di alberi contaminati, così come altri alimenti come funghi e germogli di bambù, che assorbono tutti i residui radioattivi. Le elevate concentrazioni di cesio, che sono diminuite negli ultimi dieci anni, hanno portato Hayama ad ipotizzare che le scimmie nate dopo l’incidente potrebbero aver avuto una crescita stentata e avere teste più piccole.

    I macachi giapponesi, che vivono a circa 70 chilometri dalla sfortunata centrale nucleare di Fukushima Daiichi, che si sciolse dopo il terremoto e lo tsunami del 2011 che scossero la costa del Giappone, hanno cesio radioattivo nel tessuto muscolare e meno cellule del sangue rispetto alle scimmie che vivono più lontano dal sito.

    Gli scienziati che studiano gli animali radioattivi sottolineano che è molto improbabile che i livelli di radiazioni che esibiscono possano mai costituire una minaccia per l’uomo. Alcuni, come i macachi di Fukushima, non vengono mangiati e quindi non rappresentano una minaccia. Altre, come le tartarughe marine, hanno livelli di radioattività così bassi da non rappresentare alcun pericolo.

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