Profumo di mare: Terra, mare, natura, cambiamento climatico, biodiversità, transizione ecologica

Posts written by Filippo Foti

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    Sotto la pressione del mondo agricolo e delle industrie, che devono affrontare la concorrenza di altri grandi paesi, i leader europei stanno ridimensionando le loro ambizioni climatiche. Le risorse che ci vengono fornite dal nostro pianeta sono per ora ancora “gratuite”, ma destinate ad esaurirsi.


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    Così come osserva il quotidiano francese “Le Monde”, in un articolo apparso il 2 marzo c.a., le istituzioni europee stanno riducendo i loro propositi sulla crisi climatica. L’autrice dell’articolo è la giornalista economica Marie Charrel che si pone questa domanda: “E se l’81enne fisico americano Dennis L. Meadows, uno degli autori di “The Limits to Growth” nel suo rapporto del 1972 che metteva in guardia sui pericoli dell’espansione economica per l’ambiente, avrebbe avuto ragione?

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    Una discarica vicino a Calcutta (India).Tre miliardi di persone vivranno ancora in povertà.

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    Nel 1972 Meadows osservò: “C’erano alcuni critici molto accaniti, soprattutto economisti per i quali l’intera tesi dei limiti alla crescita era una negazione di una delle attività fondamentali della loro disciplina. Gli altri critici erano politici per i quali la crescita sarebbe stata “il grande salvatore”. Dall’altro lato c’erano persone che erano selvaggiamente entusiaste e dicevano: Finalmente viene detta la verità”! Ciò che ho osservato è che né i critici né coloro che hanno sostenuto il mio lavoro avevano effettivamente letto il libro”.

    La critica principale degli economisti fu quella di aver trascurato di includere il ruolo dei prezzi nella regolazione della crescita. Meadows sosteneva invece che: “Il nostro sistema economico si basa sull’idea di crescita indefinita, il che è impossibile”.

    Ora, dopo oltre cinque decenni, Meadows ammonisce ancora coloro che i problemi causati dal cambiamento climatico e dall'inquinamento richiedono l'adozione di misure urgenti ed a breve termine, dichiarando spesso in diverse interviste che: “Nessun politico o partito vincerà le elezioni con un programma del genere, questo è il limite della democrazia, che non è riuscita ad affrontare il problema ambientale, anche se rimane il miglior sistema che conosciamo".

    Allora Meadows era un giovane scienziato ancora all'inizio della sua carriera. Oggi è professore emerito di gestione dei sistemi ed ex direttore dell'Institute for Policy and Social Science Research presso l'Università del New Hampshire, dirigendo anche centri per la politica sulle questioni economiche e ambientali.

    La Charrel: ”È difficile non essere d’accordo con la sua valutazione osservando la posta in gioco attualmente in Europa, la transizione ambientale è in bilico. Negli ultimi mesi diverse forze si sono opposte. Innanzitutto il malcontento agricolo. Molti agricoltori in Francia, Belgio, Spagna, Polonia e Grecia protestano contro la “regolamentazione eccessiva” associata al Patto Verde Europeo. Sotto la loro pressione, la Commissione europea ha ritirato diversi progetti di legge sul benessere degli animali e sulle sostanze chimiche. Ha prorogato di 10 anni l’autorizzazione del glifosato e ha sepolto la legge che avrebbe ridotto l’uso dei pesticidi del 50%.

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    La pressione arriva anche dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, dal primo ministro belga Alexander De Croo e da 70 aziende delle lobby chimica e petrolchimica che recentemente si è riunita ad Anversa (Belgio)”, per presentare le proposte, note come Dichiarazione di Anversa, firmata il 20 febbraio 2024, per un accordo industriale europeo.

    La Dichiarazione invita i governi degli Stati membri, la prossima Commissione Europea e il Parlamento Europeo ad intraprendere una serie di passi per stimolare la competitività, l’innovazione, gli investimenti e rafforzare l’autonomia strategica aperta dell’Europa. Il prossimo mandato europeo inizierà entro la fine del 2024, con gli elettori che si recheranno alle urne in tutta l’Unione tra il 6 e il 9 giugno. La leadership delle istituzioni dell’UE e le loro controparti nei governi degli Stati membri devono lavorare insieme per costruire un futuro per l’Europa che sia favorevole alla concorrenza, all’innovazione e alla crescita.

    Tatiana Santos, responsabile del settore chimico presso l’Ufficio europeo dell’ambiente, ha messo in guardia la futura politica della Commissione che sostiene “la priorità dei profitti degli inquinatori rispetto alla salute pubblica e all’ambiente”.

    Mentre l’Europa si muove verso il suo obiettivo di essere un’economia sostenibile e a zero emissioni di carbonio, è fondamentale definire un quadro favorevole in Europa che tuteli e incentivi gli investimenti continui nelle tecnologie verdi e nelle innovazioni sostenibili. La necessità di dare potere a settori, come quello dei profumi, per raggiungere gli obiettivi e le regole stabiliti dal Green Deal dell’UE significa far coincidere l’ambizione ambientale e climatica con l’ambizione della politica industriale dell’UE”, ha affermato Martina Bianchini presidente dell’International Fragrance Association – IFRA - .

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    LA STORIA DEI LIMITI DELLA CRESCITA: IL CANCRO DELLA SOCIETÀ, DEVE ESSERE FERMATO” (MEADOWS, 1972)

    Immagine-17138176273535Disponibile traduzione in italiano.




    Abbiamo superato i “limiti della crescita”, e adesso? Partiamo dell’inizio:

    Il 7 aprile 1968 dopo due conferenze, una a Winterthur il 7 aprile e l'altra a Roma il 17 e 18 ottobre, hanno segnato la nascita del “Club di Roma". Da allora il lavoro del club ha profondamente plasmato la nascita e lo sviluppo del movimento ambientalista mondiale portando i temi della sostenibilità, del cambiamento climatico e della protezione dell'ambiente, sempre più nella coscienza globale delle persone.

    Guidati dallo scienziato Dennis L. Meadows, Donella H. Meadows (13 marzo 1941 - 20 febbraio 2001), che è stata una scienziata, educatrice e scrittrice ambientale americana, Jørgen Randers un economista ed ecologo norvegese, professore di strategia climatica presso la “BI Norwegian Business School” un college universitario privato in Norvegia, Jay Wright Forrester (1918 – 2016) che è stato un ingegnere informatico americano all’avanguardia e William W. Behrens iii che ha collaborato al primo rapporto al Club di Roma e in rappresentanza di un team di 17 ricercatori, nel 1972 è stato pubblicato il libro, “The Limits to Growth”, (I limiti della crescita), tradotto in 28 lingue. Cè da sottolineare che, a soli quattro anni dallo shock creato dall’uscita e dall'enorme diffusione, furono vendute l'incredibile cifra di 4 milioni di copie. Allora Meadows sostenne: “Siamo andati oltre il punto in cui saremmo stati in grado di fermare gli effetti di una crescita insostenibile”. Attenzione, questa affermazione risale ovviamente al 1972!

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    “Limits to Growth” generò controversie senza precedenti con le sue previsioni sul possibile collasso delle economie mondiali. Salutato inizialmente come un grande progresso scientifico, il concetto di Meadows è stato successivamente rifiutato e demonizzato. Tuttavia, con molte economie nazionali ora a rischio e con il petrolio alle stelle, valori di borsa in picchiata e drastica riduzione del volume degli scambi internazionali hanno rappresentato un cocktail micidiale.

    Pertanto, i metodi, gli scenari e le previsioni de “I limiti della crescita” hanno grande bisogno di una rivalutazione. Questo libro esamina sia la scienza che le polemiche che circondano questo lavoro, e in particolare le reazioni degli economisti che ne hanno marginalizzato i metodi e le conclusioni per più di 30 anni. Comunque Il lavoro di Meadows ha rappresentato una pietra miliare nei tentativi di modellare il futuro della nostra società, ed è oggi fondamentale che sia gli scienziati che i politici ne comprendano le basi scientifiche, la rilevanza attuale e i meccanismi sociali e politici che hanno portato al suo rifiuto, affrontando anche l’importantissima questione se i metodi e gli approcci descritti possano contribuire a comprendere cosa è successo all’economia globale durante la “Grande Recessione” e dove siamo diretti da lì.

    Si ringrazia il prof. Ugo Bardi, Club di Roma, già Docente Dipartimento di Chimica, Università di Firenze e autore di “The Limits to Growth Revisited” (2011), de “La Terra Svuotata” (2012), di “Extracted” (2014), di “The Seneca Effect” (2017) e di numerosi articoli, per l'attenzione posta al nostro blog.

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    Per novanta giorni, si è nutrito di pesce crudo e acqua piovana dopo che una tempesta aveva danneggiato il suo catamarano e distrutto i suoi componenti elettronici. Il suo nome è Timothy Lyndsay Shaddock, un improvvisato marinaio di 54 anni sopravvissuto con il suo cane, un meticcio di nome Bella.


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    Salpato dal Mare di Cortez (o Golfo di California), un tratto dell'Oceano Pacifico tra la penisola della Bassa California e il Messico continentale, presumibilmente all'inizio del mese di maggio 2023, Tim Shaddockè stato salvato dal personale di bordo di un peschereccio messicano adibito alla pesca del tonno in acque internazionali, dopo essere rimasto per 3 mesi alla deriva nell'Oceano Pacifico.

    Come Shaddock ha raccontato al quotidiano spagnolo “El Pais”, il 24 luglio 2023 "trascorrevo le mie giornate lavorando per una grande azienda tecnologica. Ero un uomo molto diverso, vestivo con abito e cravatta, e questo non era giusto per me. Ho capito che dovevo cambiare la mia vita".

    Così, un giorno, ha preso il suo computer ed è andato nel profondo della natura, tra le montagne e i luoghi remoti dell'Asia. Poi si rivolse al mare che sarebbe stato sul punto di porre fine alla sua vita. Insomma, aveva bisogno di un posto dove vivere e gli piaceva l'isolamento e le emozioni che solo l’oceano può dare.

    Shaddock, 54 anni, ai primi di luglio, era a bordo del suo catamarano l’Aloha Toa acquistato due anni prima a Puerto Vallarta, una città del Messico centroccidentale, affacciata sull'Oceano Pacifico. Si trovava a circa 1.900 chilometri dalla terra nel Pacifico con una cagnolina randagia nera e marrone, che divenne la sua compagna costante. Shaddock trovò conforto nella meditazione, navigando nell'oceano e scrivendo un diario. Mantenere Bella nutrita e contenta gli dava uno scopo in più. I due vivevano di pesce crudo e acqua piovana.

    Shaddock pensava che probabilmente sarebbe morto in mare finché, il 12 luglio ’23, non sentì un elicottero. Il suo pilota, Andres Zamorano, era la prima persona che Shaddock non vedeva da tempo e da allora è diventato suo amico. Zamorano era partito in elicottero dal peschereccio Maria Delia della flotta Grupomar alla ricerca di banchi di pesci.

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    Quando, appunto, l'equipaggio del peschereccio li ha poi avvistati, il capitano ha informato le varie autorità e ha attivato i protocolli corrispondenti con SEMAR, capitaneria portuale, immigrazione, sanità internazionale e l'ambasciata australiana affinché il signor Shaddock potesse tornare a casa sano e salvo.

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    La compagnia ha detto che Shaddock e il suo cane Bella erano in uno stato precario di salute quando sono stati trovati, privi di provviste e riparo. Il personale di bordo della Maria Delia ha fornito loro cure mediche, cibo e idratazione. Antonio Suárez Gutiérrez, fondatore e presidente del Grupomar, si è detto orgoglioso dei suoi marinai elogiandoli per la loro umanità nel salvare la vita di qualcuno in difficoltà.

    "Ho attraversato una dura prova in mare e ho solo bisogno di riposo e buon cibo perché sono stato solo in mare per molto tempo", ha dichiarato Shaddock, magro e barbuto, nel video trasmesso il 18 luglio ‘23 da “Nine News” in Australia.

    Il video trasmesso il 18 luglio ‘23 da “Nine News” in Australia.



    Molti di voi si saranno chiesti che fine ha fatto il cane Bella. Eccovi accontentati: Bella ha ora un nuovo padrone. La cagnolina salvata è stata adottata stata adottata da un marinaio in Messico. Genaro Rosales, 48 anni che lavora a bordo del peschereccio che ha tratto in salvo Shaddock.

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    Il cambiamento climatico è una questione da risolvere in tempi brevi, non un problema del XXI secolo.


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    Il cambiamento climatico è una questione da risolvere in tempi brevi, non un problema della prima metà del XXI secolo o, pensando alle generazioni future, di fine secolo, ma che ha sconfinate ripercussioni economico-sociali. I legami tra questi sistemi gravano su molti aspetti diversi della nostra vita sia a livello locale che a livello globale.
    Se ne discute ormai da più decenni, mentre stiamo già risentendo degli effetti devastanti del cambiamento climatico causato dall’uomo, diversi stati nazionali del mondo non riescono neanche a rispettare evanescenti impegni presi in varie conferenze, tipo le “famigerate” COP, sulle emissioni di CO2 che contrasterebbero ulteriore riscaldamento del nostro vituperato pianeta. Pertanto, se continuiamo sulla strada attuale, come sarà il nostro mondo nei prossimi 30-80 anni?

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    È una domanda che ci poniamo spesso attraverso queste nostre pagine. Sebbene sia impossibile sapere esattamente come si svolgerà il prossimo decennio, scienziati ed esperti del clima hanno fatto delle previsioni, tenendo conto della situazione attuale. Il futuro che stiamo per descrivere è desolante, ma ricordiamoci: c’è ancora tempo per far sì che la storia dell’uomo sul “nostro” pianeta non diventi una fatale realtà. La crisi climatica potrebbe causare oltre 14 milioni di morti entro il 2050.

    IPOTESI CATASTROFISTA

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    Riusciamo a immaginare un mondo in cui la catastrofe climatica sia stata evitata? Un mondo in cui gli obiettivi dell’Accordo di Parigi siano stati raggiunti? Bene, possiamo senza presunzione, tentare di avere una visione di come sarebbe quel mondo nel 2050.

    Proviamo a immaginare! Siamo appunto nel 2050, è solo primavera, ed abbiamo superato l’obiettivo di 1,5 gradi che i leader mondiali avrebbero dovuto rispettare. La Terra si è riscaldata di 2 gradi dal 1800, quando il mondo iniziò a bruciare combustibili fossili su larga scala. Le notizie su ondate di caldo e incendi boschivi occupano i telegiornali serali. Le giornate estive superano i 40 gradi a Londra, 45 gradi a Delhi, e la temperatura in Sicilia superare in casi eccezionali i 50 °C poiché le ondate di caldo sono ora sistematiche.

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    Queste alte temperature provocano blackout diffusi, e le reti elettriche faticano a soddisfare il fabbisogno energetico necessario per raffreddare le abitazioni. Le sirene delle ambulanze risuonano nella notte, con pazienti affetti da colpi di calore, disidratazione e sfinimento. Gli Stati Uniti sud-occidentali, l’Africa meridionale e l’Australia orientale sono soggetti a siccità più lunghe, frequenti e gravi. Nel frattempo, le Filippine, l'Indonesia e il Giappone affrontano forti piogge più frequenti poiché l'aumento delle temperature fa evaporare più velocemente l'acqua e intrappola più acqua nell'atmosfera.

    Mentre il clima diventa più irregolare, alcune comunità non riescono a tenere il passo con la ricostruzione di ciò che viene distrutto. Molte persone in città devono affrontano la carenza di alloggi e di lavoro. Nei reparti di terapia intensiva neonatale c’è una stretta sulle risorse, poiché la temperatura alta e l’inquinamento dell’aria causano tassi più alti di nascite premature e sottopeso. Sempre più bambini sviluppano asma e malattie respiratorie, e la percentuale aumenta nelle comunità esposte al fumo degli incendi boschivi.

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    Ragazzi giocano nella laguna su sacchi di sabbia per rafforzare un progetto di bonifica del territorio,
    una contromisura all'innalzamento del mare, il 24 novembre 2019 a Funafuti, Tuvalu.


    Le emissioni globali aggiunte all’atmosfera ogni anno, iniziano a stabilizzarsi, grazie all’azione del governo, ma ormai è troppo tardi. Non abbiamo raggiunto lo zero netto in tempo. Per questo, entro il 2100 la Terra si sarà riscaldata di altri 0,5-1,5 gradi. Oltre la metà dei ghiacciai rimasti si è sciolta. Mentre il mare si riscalda, il suo volume aumenta per l’espansione termica, ciò innalza il livello del mare di ben oltre un metro. Intere nazioni, come le Isole Marshall, Tuvalu, Maldive, Kiribati, così come altri paesi insulari, sono inabitabili poiché ampie aree delle loro isole sono sommerse.

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    I residenti nelle zone basse delle Isole Marshall hanno già dovuto affrontare gravi inondazioni,
    sottolineando la loro vulnerabilità al cambiamento climatico.


    Alcune isole, come le Maldive, spendono miliardi per costruire zattere interconnesse che ospitano appartamenti, scuole e ristoranti, che galleggiano sopra le città sommerse. I migranti climatici reinsediati a Jakarta, Mumbai e Lagos sono costretti ad abbandonare di nuovo le loro case, poiché le alte maree e le tempeste estreme inondano e sgretolano gli edifici. In totale, 250 milioni di persone sono sfollate. Alcune città ricche come New York e Shanghai tentano di adattarsi, innalzando edifici e strade. Dighe alte dieci metri costeggiano la città.

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    Le isole maldiviane sono solo un esempio di quanto il cambiamento climatico stia influenzando i paesi a bassa quota.


    I bambini studiano la vita marina estinta che un tempo abitava le barriere coralline tutta scomparsa “grazie” all’aumento della temperatura delle acque superficiali. I prezzi dei generi alimentari sono alle stelle, poiché la scarsità di cibo e acqua colpisce tutte le comunità. Frutta e prodotti coltivati da tempo nei tropici e subtropicali raramente sono sugli scaffali, poiché le intense ondate di caldo e l’aumento dell’umidità rendono letale per gli agricoltori lavorare fuori. Ondate di caldo imprevedibili, siccità e inondazioni paralizzano i piccoli agricoltori in Africa, Asia e Sud America, che prima producevano un terzo del cibo mondiale. Centinaia di milioni di persone sono costrette alla fame e alla carestia.

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    Nel bel mezzo di un'inondazione a Islampur (Bangladesh), una donna su una zattera cerca un posto asciutto dove ripararsi.
    Il Bangladesh è uno dei luoghi più vulnerabili al mondo all'innalzamento del livello del mare, che si prevede renderà decine di milioni di persone senza casa entro il 2050.



    MA CI SONO ANCORA ESPERTI DEL CLIMA "CAUTAMENTE" OTTIMISTI

    Le previsioni climatiche possono sembrare opprimenti e terrificanti. Tuttavia, molti degli esperti responsabili di queste valutazioni rimangono ancora ottimisti. Da alcuni paesi hanno iniziato a ridurre le proprie emissioni, e in meno di un decennio, hanno ridotto i tassi di emissione. Le politiche che investono in fonti di energia rinnovabili, riducono la produzione di combustibili fossili, supportano il trasporto elettrico, proteggono le nostre foreste e regolamentano l’industria, aiutando a mitigare gli effetti peggiori del cambiamento climatico.


    La plastica, la gomma, fertilizzanti, pesticidi, saponi e detergenti, materiali per pavimenti e isolanti, sono utilizzati in quasi ogni aspetto della nostra vita, ma hanno un grande impatto sul clima. Volendo continuare l’elenco i prodotti petrolchimici si trovano in prodotti diversi come l'aspirina, le barche, le automobili, gli aerei, gli indumenti in poliestere e dischi e nastri di registrazione.


    L'urgenza del cambiamento climatico è motivare le aziende petrolchimiche a ridurre la domanda di emissioni. Quindi cosa possono fare le aziende petrolchimiche? Possono, per diventare più sostenibili, utilizzare materie prime a base biologica per sostituire i combustibili fossili, possono far progredire il riciclaggio chimico per chiudere il circuito dell'alimentazione in plastica, come produrre prodotti petrolchimici sintetici.

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    Tuttavia, l’International Energy Agency – IEA- (Agenzia internazionale per l’energia) prevede che i prodotti petrolchimici rappresenteranno più di un terzo della crescita della domanda di petrolio fino al 2030 e più della metà a partire dal 2050, davanti al carburante diesel per i camion e al carburante per l’aviazione e la navigazione. Secondo l’agenzia, potrebbero consumare altri 56 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno entro il 2030.

    ENERGIA E CLIMA SONO INDISSOLUBILMENTE LEGATI

    Il nostro attuale sistema energetico è uno dei principali motori del riscaldamento globale, rappresentando circa il 75% delle emissioni totali di gas serra. Ciò significa che trasformare il modo in cui produciamo e consumiamo energia è essenziale, poiché la capacità del mondo di raggiungere i propri obiettivi climatici dipende dalla capacità del settore energetico di raggiungere emissioni nette pari a zero entro la metà del secolo. Poiché le temperature superano i record anno dopo anno, le ragioni per agire non sono mai state così forti.

    La rapida crescita di alcune tecnologie di energia pulita – tra cui le auto elettriche, il solare fotovoltaico, le batterie e le pompe di calore – ha mantenuto la porta aperta per limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, l’obiettivo fissato dal Accordo di Parigi per evitare gli impatti peggiori del cambiamento climatico. Tuttavia, secondo l’analisi dell’IEA, per raggiungere questo obiettivo sono necessari progressi molto più rapidi e su scala molto più ampia. Ciò richiederà una cooperazione internazionale e un’ambizione ancora maggiori da parte dei decisori politici.

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    “E se raggiungiamo lo zero netto entro il 2050, saremo in grado di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius e le temperature della Terra smetteranno di aumentare una volta raggiunto lo zero netto con un ritardo di appena tre-cinque anni. Ma ecco il problema: la scienza è molto chiara sul fatto che saremo in grado di raggiungere questo obiettivo solo se dimezzeremo le nostre attuali emissioni entro il 2030 nei prossimi anni. Ciò significa che le azioni che i nostri leader intraprenderanno adesso, quest’anno e nei prossimi anni, determineranno se saremo in grado di mantenere l’obiettivo del 2050 a portata di mano.

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    Ma gli esperti di clima hanno ribadito che le politiche e gli impegni attuali non andranno abbastanza lontano, per velocità e portata, in quanto promuovere un vero cambiamento richiederà soluzioni audaci, innovazioni e azioni collettive. C’è ancora tempo per riscrivere il nostro futuro? Certo è, che ogni decimo di grado conta, eccome!

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    Come ristabilire gli ecosistemi degradati in Europa, proteggere gli ecosistemi esistenti, riparare i danni già subiti e ripristinare gli ecosistemi degradati della natura in Europa.


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    Il 27 febbraio 2024, con 329 voti a favore, 275 contrari e 24 astenuti, gli eurodeputati hanno votato la prima legge europea volta a ripristinare gli ecosistemi degradati nell’Unione Europea. L’obiettivo è quello di mirare a ristabilire almeno il 20% degli ecosistemi terrestri e marini entro il 2030, nonostante le proteste degli agricoltori ed alcuni giudizi che abbiamo letto, tipo regolamento annacquato.

    Il testo stabilisce obiettivi e obblighi giuridicamente vincolanti per il ripristino della natura degli ecosistemi, che vanno dai terreni agricoli alle foreste e praterie fino agli ecosistemi costieri e marini (comprese praterie di fanerogame marine e banchi di spugne e coralli), acqua dolce (zone umide e in particolare le torbiere, fiumi, laghi) o anche urbani.

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    È un giorno importante per l’Europa poiché passiamo dalla protezione e conservazione della natura al suo ripristino”, ha affermato César Luena, un eurodeputato spagnolo che ha guidato i negoziati sulla proposta.

    La nuova legge – un pilastro fondamentale del contestato Green Deal dell’UE – fissa l’obiettivo per l’UE di ripristinare almeno il 20% delle sue terre e dei suoi mari entro la fine del decennio. Entro il 2050, tale cifra dovrebbe aumentare fino a coprire tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino.

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    Questa legge non mira a ripristinare la natura per il bene della natura, si tratta di garantire un ambiente abitabile in cui sia assicurato il benessere delle generazioni attuali e future”, ha affermato il commissario europeo all’ambiente Virginijus Sinkevičius.
    Non vogliamo nuove e maggiori forme di burocrazia e obblighi di rendicontazione per gli agricoltori”, ha dichiarato Siegfried Mureșan, un eurodeputato rumeno del PPE, prima del voto. “Lasciate che gli agricoltori coltivino”.

    L’UE e i suoi stati membri hanno fatto marcia indietro su diversi piani per proteggere l’ambiente mentre le proteste degli agricoltori si sono diffuse in tutto il continente e in alcuni casi sono diventate violente. Lunedì 26 febbraio scorso, in uno scontro con la polizia antisommossa, gli agricoltori hanno appiccato il fuoco ai pneumatici, hanno spruzzato letame liquido sulla polizia e hanno guidato i trattori attraverso i blocchi nel quartiere europeo di Bruxelles dove si stavano incontrando i ministri dell'agricoltura.

    La legge sul ripristino della natura, che dovrebbe essere approvata dal Consiglio dell’UE prima di entrare in vigore, invita gli Stati membri a ripristinare almeno il 30% delle torbiere bonificate per uso agricolo entro il 2030 e a compiere progressi sugli indicatori della biodiversità agricola che includono l’aumento del numero di farfalle delle praterie. e uccelli dei terreni agricoli. I gruppi ambientalisti hanno elogiato l'esito del voto, che è passato con il sostegno di 329 deputati e contro 275 contrari.

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    Preservare le torbiere è una chiave nascosta per ridurre le emissioni di gas serra.


    Una coalizione composta da BirdLife Europe, ClientEarth, European Environment Bureau e WWF EU ha dichiarato: “Siamo sollevati dal fatto che gli eurodeputati abbiano ascoltato i fatti e la scienza e non abbiano ceduto al populismo e all’allarme. Ora esortiamo gli Stati membri a seguire l’esempio e ad emanare questa legge tanto necessaria per ripristinare la natura in Europa”.
    Secondo una revisione della ricerca della “Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (Ipbes) (Piattaforma intergovernativa di politica scientifica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici – in fase iniziale e potrebbe non essere stata ancora sottoposta a revisione paritaria – la natura sta morendo più velocemente di quanto gli esseri umani abbiano mai osservato. In Europa, dove l’81% degli habitat è in pessime condizioni, la distruzione della fauna selvatica è destinata a costare alle aziende agricole e agli ecosistemi poiché gli impollinatori si estinguono, i suoli si degradano e le condizioni meteorologiche sistematiche diventano sempre più violente.

    La legge sul ripristino della natura è stata oggetto di un’intensa e negativa campagna mediatica prima del voto chiave dello scorso anno. In una lettera aperta, 6.000 scienziati hanno criticato gli oppositori della legge per aver diffuso disinformazione. Da allora, gli agricoltori hanno protestato a gran voce contro una serie di politiche volte a proteggere la fauna selvatica e ridurre l’inquinamento, che dicono di non potersi permettere, così come contro l’opposizione agli accordi commerciali con il Sud America e alle importazioni di grano dall’Ucraina.

    Luena ha dichiarato: “Vorrei ringraziare gli scienziati per aver fornito prove scientifiche e combattuto il negazionismo climatico, e i giovani per averci ricordato che non esiste un pianeta B, né un piano B”.

    Comunque, sono previsti altri requisiti, tra gli altri:

    . Ricostituire gradualmente le torbiere con acqua (30% nel 2030 e 50% nel 2050). Le torbiere sono tra gli ecosistemi più preziosi della Terra poiché sono fondamentali per preservare la biodiversità globale, fornendo numerosi servizi idrologici, minimizzando il rischio di inondazioni e affrontando il cambiamento climatico. Preservare le torbiere rappresenta una chiave nascosta per ridurre le emissioni di gas serra;

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    - Invertire il declino, storicamente diffuso delle popolazioni di impollinatori. La situazione globale in cui si è verificato un aumento sostanziale del numero di alveari a partire dagli anni '60 è legato al clima, alla copertura del suolo e ai pesticidi, entro il 2030;

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    - Migliorare la biodiversità degli ecosistemi forestali, ad esempio lasciando più legno morto nelle foreste o piantando tre miliardi di alberi aggiuntivi entro il 2030;

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    - Ripristinare i 25.000 chilometri di fiumi europei.

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    LA PRIMA LEGISLAZIONE AL MONDO PER IL RIPRISTINO DELLA NATURA

    Terreni agricoli oggetto della convenzione:La parte del testo riguardante i terreni agricoli è stata oggetto di disaccordo. Nel compromesso raggiunto è stato mantenuto un sistema specifico per gli ecosistemi agricoli, i co-legislatori hanno tuttavia lasciato la possibilità di sospendere tali misure nel caso in cui fosse minacciata la sicurezza alimentare.

    Gli Stati membri dovranno ottenere una tendenza al rialzo in due dei tre indicatori seguenti:

    - L'indice delle farfalle di prato. Le farfalle sono sensibili ai cambiamenti ambientali e sono un buon indicatore della salute dell'ambiente. Attualmente il loro numero è in calo. I dati di monitoraggio provenienti da 18 Stati membri dell’UE mostrano che tra il 1991 e il 2020 le popolazioni di 15 specie di farfalle delle praterie sono diminuite fortemente, del 29,5%, come la Polyommatus icarus (Polyommatus icarus);

    Declino%20Polyommatus%20icarus


    - La quota di terreni agricoli che presentano caratteristiche topografiche con elevata diversità: La topografia del terreno, il clima e il tipo di suolo possono avere un effetto significativo sul contenuto di nutrienti delle colture. È stato dimostrato che la topografia del suolo ha un effetto sostanziale sulla sua fertilità;

    - Lo stock di carbonio organico nei suoli minerali coltivati. Il carbonio organico del suolo, il più grande bacino della biosfera terrestre e l'unico luogo in cui ogni essere vivente si nutre, è di fondamentale importanza non solo per migliorare la struttura, la fertilità e la produttività agronomica del suolo, ma anche per mantenere la sostenibilità a lungo termine dell’agroecosistema e del ciclo globale del carbonio. Da 12.000 anni non si sfrutta più il suolo in nome dell'agricoltura. Il suolo è stato sfruttato in modo tale da perdere il proprio potenziale, determinando una scarsa produttività dei raccolti.

    3%20MILIARDI


    L'accordo fissa inoltre obiettivi volti ad aumentare l'indice degli uccelli agricoli comuni a livello nazionale. Gli uccelli sono sensibili alle pressioni ambientali e le loro popolazioni possono riflettere i cambiamenti nella salute dell’ambiente. Le tendenze a lungo termine mostrano che tra il 1990 e il 2021 l’indice di 168 uccelli comuni è diminuito del 12% nell’UE. Il calo è stato molto più forte negli uccelli comuni dei terreni agricoli, pari al 36%, mentre l’indice degli uccelli comuni delle foreste è diminuito del 5%. Al momento, sembra improbabile che il declino delle popolazioni di uccelli comuni possa essere invertito entro il 2030. Per garantire il recupero degli uccelli comuni, gli Stati membri devono aumentare in modo significativo l’attuazione delle politiche esistenti e definire nuovi obiettivi e misure adeguati di conservazione e ripristino.

    politici


    Fauna


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    Edited by Filippo Foti - 30/3/2024, 15:10
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    Dal libro “The Wayfinders: Why Ancient Wisdom Matters in the Modern World”, (Perché la saggezza antica è importante nel mondo) dell'antropologo ed esploratore Wade Davis, ai primi navigatori del pianeta polinesiani, le nostre ricerche sono state sorprendenti.


    Vaka


    Pensiamo per un momento a un navigatore su un enorme veliero e immaginiamo qualcuno chino su carte e mappe, che studia un sestante e fa calcoli a mano. Oppure immaginiamo qualche altro che con un sistema di radionavigazione disponibile per le navi viene a conoscenza in che direzione deve andare? Leggendo il libro “The Wayfinders: Why Ancient Wisdom Matters in the Modern World”, (Perché la saggezza antica è importante nel mondo) dell'antropologo ed esploratore Wade Davis - una rara combinazione di scienziato, studioso, scrittore, poeta e appassionato difensore della diversità di tutta la vita del nostro pianeta – abbiamo avuto una guida in un viaggio emozionante per celebrare la saggezza degli indigeni del mondo.

    Wade%20Davis


    In questo libro, ne ha scritti tanti, Wade Davis, ci porta in Amazzonia dove incontriamo i discendenti di un’autentica civiltà perduta, i popoli dell'Anaconda; nelle Ande, Davis ci porta per mano per scoprire che la Terra è davvero viva, mentre in Australia sperimentiamo “Dreamtime” (Mondo del Sogno), la filosofia che abbraccia i primi esseri umani che lasciarono l'Africa; poi viaggiamo in Nepal, dove incontriamo un eroe della saggezza, un Bodhisattva, che emerge da quarantacinque anni di ritiro e solitudine buddista. E infine ci stabiliamo nel Borneo, dove gli ultimi nomadi della foresta pluviale lottano per sopravvivere. Comunque, siamo rimasti stupefatti dalla storia di come gli antichi polinesiani attraversavano il Pacifico su piccole imbarcazioni, tipo canoe.

    Tibet


    La narrazione che abbiamo letto, di come i navigatori con grande intuizione attraversano le isole dall'oceano, sa dell’incredibile. Si tratta dell'antica pratica polinesiana di navigare negli oceani aperti utilizzando una profonda conoscenza e un'intensa osservazione della natura.

    polinesia%20antica

    Mappa della migrazione polinesiana.


    DA DOVE PROVENGONO I POLINESIANI?

    La risposta a questa domanda è uno dei più grandi dibattiti in corso tra gli storici. Questa regione del mondo fu popolata per la prima volta circa 3.000 anni fa da marinai provenienti dal sud-est asiatico e dalla vicina Oceania. Duemila anni dopo, l’emergere delle prime società polinesiane, che si dissociarono dai cugini dell’Oceania, nella regione delle attuali Samoa, Tonga e Wallis e Futuna, diede origine ad una nuova esplosione di ondate migratorie verso la parte orientale del Pacifico. È da lì che gli antichi polinesiani avrebbero iniziato la conquista del Pacifico stabilendosi prima nelle isole Marchesi, proseguendo poi verso la Polinesia francese, le Hawaii, l'Isola di Pasqua, le Isole Cook (*) e la Nuova Zelanda. La storia degli antichi navigatori polinesiani, a parere di molti storici, sarebbe iniziata intorno al 1500 a.C. quando navigando verso est, conquistarono l’immensa area geografica conosciuta come triangolo polinesiano.

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    Triangolo polinesiano


    I polinesiani - il nome deriva dal greco e significa "molte isole" (in Greco moderno: πολλά Νησιά) - sono stati i primi grandi navigatori, capaci di costruire immense canoe a doppio scafo chiamate “vaka”, che trasportavano centinaia di persone, piante e animali senza la logica di “conquistatori” di altre isole, popoli, lingue, culture e senza l’utilizzo di nessuno dei dispositivi moderni come bussola, sestante o radio.
    Il capitano James Cook (*), (1728–1779), non aveva dubbi sul fatto che la navigazione nativa polinesiana avesse dimostrato un alto grado di abilità. Nel diario del suo primo viaggio nell'Oceano Pacifico meridionale, nel 1768-1771, scrisse:

    [...] queste persone navigano in questi mari da un'isola all'altra per diverse centinaia di leghe (migliaia di km n.d.r.), fungendo il sole da bussola durante il giorno e la luna e le stelle di notte. Quando ciò sarà dimostrato, non saremo più in grado di sapere come furono popolate le isole situate in questi mari”.

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    Quando gli inglesi incontrarono i polinesiani sulle remote isole sparse, pensarono che fossero arrivati lì per caso. “I pescatori hanno perso la rotta”, pensarono! Era semplicemente troppo irritante per i maestri marinai inglesi constatare che una razza apparentemente selvaggia avrebbe potuto compiere viaggi così incredibili collegando cultura e commercio su migliaia di isole. Sta di fatto che il navigatore polinesiano aveva una percezione unica dell'oceano. C'erano storie di figli di navigatori che venivano messi in pozze rocciose vicino alla spiaggia quando avevano solo pochi mesi per imparare la sensazione della forza della marea dell’oceano. Altri navigatori si legavano l'attrezzatura della vela al basso ventre (navigazione testicolare) per poter percepire meglio i ritmi di quelle porzioni di mare nel vasto oceano.

    navigazione%20testicolare


    Infatti, mentre i navigatori leggevano le nuvole, i venti, il sole, gli uccelli, i pesci e le stelle per trovare la strada attraverso il Pacifico, potevano anche percepire distinti impulsi oceanici che risuonavano attraverso i marosi e le onde. I polinesiani conoscevano il linguaggio delle stelle. Avevano un sistema di navigazione altamente sviluppato che prevedeva non solo l'osservazione delle stelle mentre sorgevano e attraversavano il cielo notturno, ma anche la memorizzazione di intere mappe del cielo.

    La navigazione stellare era la tecnica più accurata perché i punti sull'orizzonte dove sorgono le stelle rimangono gli stessi durante tutto l'anno, anche se spuntano prima ogni notte. Una serie da dieci a dodici stelle - un percorso di stelle - era sufficiente per guidare il navigatore. La conoscenza della navigazione era un segreto gelosamente custodito all'interno di una famiglia di marinai e l'istruzione iniziava in giovane età insegnando ai giovani le abilità apprese nel corso delle generazioni, spesso sotto forma di canzoni.

    Quando si perdevano, i navigatori riconoscevano i distinti modelli delle onde generati da gruppi di isole distanti. Un'impresa del genere sembrerebbe soprannaturale se non fosse per il fatto che lo hanno fatto ripetutamente nel corso di migliaia di anni, rischiando la vita per attraversare l'oceano. Di giorno potevano individuarne la direzione osservando l'oscillazione delle canoe provocata dalle onde. Ma l'alba e il tramonto erano ancora più utili.

    nomadi


    Di notte, usavano la “bussola stellare” che non era un oggetto fisico ma piuttosto una mappa mentale. Quando, ad esempio, vedevano la stella polare sorgere dall'oceano, sapevano che quello era il polo nord celeste.

    LINGUAGGIO DELLA BUSSOLA STELLARE

    Le stelle sorgono a est, viaggiano sopra la testa e tramontano nei punti corrispondenti a ovest. Sono stati in molti, tipo studiosi, artisti e storici internazionali, ma soprattutto nativi hawaiani, a cimentarsi con grafici a sviluppare bussole stellari; per queste nostre ricerche abbiamo scelto di commentare quella ideata dal navigatore Nainoa Thompson che studiò il cielo notturno finché non ha conosciuto il sorgere e il tramontare di diverse stelle, sviluppando appunto una bussola stellare. Ciò lo ha aiutato ad usare le stelle come un modo per impostare la rotta della canoa e mantenerla fino a raggiungere la terraferma.

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    Probabilmente la parte più importante dell'orientamento è sapere come usare le stelle. La bussola stellare ha aiutato Nainoa a tenere traccia della posizione delle stelle mentre si muovono nel cielo, dividendo il cerchio del cielo in 32 “case”, o parti, uguali, ciascuna con un nome hawaiano.

    Ma il cielo contiene anche aiuti alla navigazione più vicini alla terra: le nuvole. Oltre ad essere utili indizi sul tempo, nelle giuste condizioni possono indicare la terraferma. Ad esempio, le lagune degli atolli del Pacifico si possono vedere riflesse sul fondo delle nuvole, se si sa cosa cercare, e le alte masse nuvolose possono indicare isole montuose. Una volta che si avvicinavano alla meta, altri indizi come la formazione di uccelli in volo, vegetazione o detriti galleggianti e i tipi di pesci presenti nell'area li aiutavano a determinare la vicinanza della Terra.

    Come facciamo a sapere tutto questo? In parte attraverso incisioni rupestri, osservazioni scritte da esploratori europei e tradizioni orali polinesiane.

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    Nel 2017, una canoa chiamata Hokulea ha compiuto un viaggio intorno al mondo utilizzando solo queste tecniche. Hokulea ha percorso 42.000 miglia nautiche in 3 anni e ha visitato 150 porti in oltre 18 nazioni per addestrare una nuova generazione di navigatori tradizionali. E se sembra straordinario, è da ricordare che gli antichi polinesiani, attraverso un attento studio e la comunione con la natura, riuscirono a creare questi sentieri in un oceano vasto e impenetrabile, vivo e vibrante.

    Hokulea


    Quando leggiamo di questi navigatori del Pacifico o di popoli tribali che riuscivano a identificare l'urina di un animale nella foresta da 30 metri, ci restano alcune domande su di cosa sia capace l'uomo: se è possibile una sensibilità così incredibile e delle affermazioni di altri popoli antichi secondo cui "parlavano" con le piante per apprenderne le proprietà medicinali. Potrebbero semplicemente aver evoluto il loro gusto a un livello così sofisticato da poterne apprezzare gli effetti e il valore?

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    In un mondo in cui dipendiamo sempre più dai dispositivi digitali, è incoraggiante leggere di questi navigatori che hanno attraversato gli oceani con nient'altro che la loro conoscenza e intuizione. E, in effetti, sembra che lo facciano ancora.

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    Aumenti della temperatura, la grave situazione dell’Amazzonia, oceani preziosi suggeritori e indispensabili contro il cambiamento climatico, studi contestati nelle profondità del Mar dei Caraibi e scenari futuristici e visionari e folli. Ecco in sintesi quanto vi proponiamo.

    follia

    I recenti aumenti della temperatura media globale del pianeta, si sono avvicinati spiacevolmente ad un valore di riferimento strategico:1,5 °C. È un brutto segno per gli obiettivi climatici mondiali, ma i giochi non sono finiti. Non ancora! Il gennaio più caldo mai registrato sul nostro pianeta, secondo i dati diffusi giovedì 8 febbraio ‘24 dal "Copernicus Climate Change Service" - il programma di osservazione della Terra dell'Unione Europea, che fornisce informazioni dettagliate su temperatura e precipitazioni, neve e ghiaccio, siccità e incendi, tempeste e vento e modelli meteorologici - ha anche verificato che il riscaldamento globale ha superato un traguardo diverso e sgradito: negli ultimi 12 mesi, la temperatura media mondiale è stata superiore a 1,5 gradi centigradi, ovvero 1,6 °C, più di quanto fossero rispetto agli albori dell'era industriale.

    Il superamento di questa soglia ha un significato speciale nello sforzo internazionale per fermare il pericolo di questa "brutta bestia" rappresentata dal cambiamento climatico. Infatti, la temperatura da non superare di 1,5 °C, rispetto all’epoca preindustriale, era stata stabilita nell’ambito dell’accordo sul clima di Parigi del 2015, elaborato durante la 21a Conferenza delle parti (COP 21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC) e adottato il 12 dicembre 2015. L'accordo ha segnato un punto di svolta storico per l'azione globale sul clima, poiché i leader mondiali di 195 nazioni hanno raggiunto un consenso comprendente gli impegni per combattere il cambiamento climatico e adattarsi ai suoi impatti; o almeno di mantenerlo “comodamente” al di sotto dei 2 °C. Ci riusciranno? A sentire scienziati e divulgatori onesti sembrerebbe di no!

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    CAMBIAMENTO CLIMATICO E DEFORESTAZIONE IN AMAZZONIA

    Dagli “sforzi” europei andiamo a verificare ciò che sta succedendo, e non da poco tempo, nel sud America e precisamente in Amazzonia il più vasto ecosistema del mondo, in cui fino alla metà della foresta pluviale potrebbe trasformarsi, nei prossimi decenni, in praterie o ecosistemi indeboliti. Per 65 milioni di anni, le foreste amazzoniche sono rimaste relativamente resistenti alla variabilità climatica. Oggi la regione è sempre più esposta ad uno stress senza precedenti derivante dall’aumento delle temperature.

    Secondo un nuovo studio, il cambiamento climatico, la deforestazione e gravi siccità come quella che la regione sta vivendo, danneggiano vaste aree oltre la loro capacità di recupero. Tali stress climatici, nelle parti più vulnerabili della foresta pluviale, potrebbero alla fine portare al collasso l’intero ecosistema forestale, che ospita il 10% delle specie terrestri del pianeta. Infatti, “in questa vasta regione geografica si sta andando verso un esaurimento idrico acuto ed oltre un punto critico che innescherebbe un crollo dell’intera foresta”, così si è espresso, in un nuovo studio, lo scienziato brasiliano dei sistemi terrestri Carlos Nobre, dell’Institute of Advanced Studies, University of Sao Paulo Brazil (Istituto di Studi Avanzati, Università di San Paolo, San Paolo, Brasile).

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    Mentre studi precedenti avevano valutato gli effetti individuali del cambiamento climatico e della deforestazione sulla foresta pluviale, Carlos Nobre - che studia come la deforestazione e il cambiamento climatico potrebbero cambiare in modo permanente la foresta pluviale - nel suo studio pubblicato peer-reviewed ieri 1 marzo 2024 sulla rivista Nature, ha affermato che si tratta della prima grande ricerca a concentrarsi sugli effetti cumulativi, ovvero che “somma i dati per dimostrare come questo punto critico sia più vicino di quanto stimato da altri studi".

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    Alcuni scienziati brasiliani temono che l’Amazzonia possa diventare una savana erbosa - incendi continui,
    cambiamenti uso del terreno ed insediamenti umani - con profondi effetti sul clima in tutto il mondo.

    Lo studio ha sovrapposto dati sulla copertura forestale, sulla temperatura e sull’andamento delle precipitazioni, e poi ha preso in considerazione altre variabili, come animazione sopra, che potrebbero descrivere varie sezioni della foresta più o meno fragili, come la presenza di strade o protezioni legali, per mappare dove è più probabile che si trovi la foresta pluviale in via di trasformazione.

    Amazzonia

    Negli ultimi 50 anni l’Amazzonia ha perso oltre 800.000 chilometri quadrati di foresta, in gran parte per liberare terreno per il pascolo del bestiame e la produzione agricola. Poiché la crisi climatica globale fa sì che la regione diventi più calda e secca, le foreste rimanenti si trovano ad affrontare eventi gravissimi come siccità e incendi; ma questi sono anche la chiave per mitigare il cambiamento climatico agendo come pozzi di carbonio e assorbendo miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno. L’anno scorso il ministro dell’Ambiente brasiliano Marina Silva ha affermato che salvare l’Amazzonia richiede addirittura uno sforzo globale su scala pari a quella del Piano Marshall per la ricostruzione dei paesi europei devastati dalla seconda guerra mondiale.

    GLI OCEANI PREZIOSI SUGGERITORI E INDISPENSABILI CONTRO IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

    Dall’Amazzonia al Mar dei Caraibi il passo è breve. La ricerca su una specie longeva ma raramente osservata nel Mar dei Caraibi sta aiutando alcuni scienziati a ricostruire una storia rivista del cambiamento climatico. Se dovessimo fidarci delle spugne marine che monitorano le temperature, il cambiamento climatico è avanzato molto più di quanto gli scienziati si aspettano. Il campanello d'allarme lo ha fornito una recente ricerca, anche se non accettata da alcuni eminenti scienziati, ovvero un’analisi di sei spugne marine, creature secolari con una chimica interna che nasconde segreti sulla storia del clima. Lo studio indica che le temperature globali sono già aumentate di 1,7 °C a causa dell’attività umana, rispetto all’aumento di 1,07 °C su cui gli scienziati attualmente concordano.

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    Dall’alba dell’era industriale, la nostra specie ha contribuito al riscaldamento del pianeta molto più di quanto lasciano intendere le stime odierne più ampiamente accettate; ciò, secondo un team di scienziati che hanno raccolto nei Caraibi nuove informazioni dettagliate sul clima passato della Terra da una fonte insolita: spugne secolari che vivono in quel mare.

    Esaminando la composizione chimica dei loro scheletri, che le creature hanno costruito costantemente nel corso dei secoli, Malcolm T. McCulloch - professore emerito presso l’Università dell’Australia Occidentale autore principale dello studio - e colleghi, hanno ricostruito una nuova storia di quei primi decenni di riscaldamento che porta a una conclusione sorprendente: gli esseri umani hanno aumentato la temperatura globale di un totale di circa 1,7 °C e non di 1,2 °C, il valore più comunemente usato.

    "È un po' un campanello d'allarme", ha dichiarato recentemente Malcolm T. McCulloch. Secondo il suo studio, la soglia di temperatura di 1,5 °C a Parigi è già stata superata intorno al 2010-2012. Con le nuove scoperte, “potremmo aver anticipato le cose di circa un decennio”, ha precisato l’emerito professore.

    Amos Winter coautore dello studio ha detto: “Le spugne, a differenza dei coralli, degli anelli degli alberi e delle carote di ghiaccio, ricevono acqua che scorre da ogni parte attraverso di esse in modo da poter registrare un'area più ampia di cambiamento ecologico. "Sono bellissime e non sono facili da cercare. Per trovarle serve una squadra speciale di subacquei e questo perché vivono nell'oscurità a una profondità compresa da 33 a 98 metri.”.

    McCulloch, Amos e altri scienziati hanno lavorato, sotto il Mar dei Caraibi, con un team di sommozzatori di acque profonde per esaminare da vicino sei campioni di "Ceratoporella nicholsoni" dal guscio duro - vicino alle coste di Porto Rico per calcolare le temperature della superficie dell'oceano risalenti a 300 anni fa - e delle Isole Vergini americane, aree in cui i cambiamenti del clima imitano le tendenze globali. Ceratoporella nicholsoni è una spugna che può impiegare centinaia di anni per crescere tra 10 e 15 cm. L’analisi dei campioni ha suggerito che, dopo un periodo di raffreddamento stimolato dalle eruzioni vulcaniche, le temperature dell’oceano hanno cominciato a riscaldarsi più di quanto si pensasse inizialmente – circa 0,5 °C in più – a metà del 1800.

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    I campioni di Ceratoporella nicholsoni dello studio sono stati prelevati da 33 a 91 metri di profondità al largo della costa di Porto Rico.

    Gli autori dello studio ritengono che le acque al largo di Porto Rico rimangono, appunto, relativamente costanti e riflettono il cambiamento globale così come in qualsiasi parte del mondo. La ricerca condotta da lui e dai suoi colleghi, pubblicata lunedì 05 febbraio 2024 sulla rivista "Nature Climate Change", aggiunge altre prove che suggeriscono che l’umanità ha iniziato a riscaldare il pianeta prima di quanto indicato dai record di temperatura del 19° secolo e che “il riscaldamento è di 0,5 °C superiore rispetto alle stime dell’IPCC”.

    MA NON TUTTI SONO CONVINTI DELLA RICERCA DEL TEAM DI MALCOLM T. MCCULLOCH

    Lo studio ha ricevuto feedback contrastanti da altri scienziati del clima. Alcuni hanno espresso scetticismo sulla dimensione del campione dello studio, sulla posizione e sulla struttura dei risultati di McCulloch, Amos ed il resto del team di ricerca. Michael Mann, scienziato del clima dell'Università della Pennsylvania non coinvolto nello studio - lo citiamo spesso tra le nostre pagine - ha affermato sul suo blog che "i risultati sono molto fuori dal pensiero ricorrente". Ma è ancora estremamente scettico sull'idea che “possiamo annullare i dati strumentali sulla temperatura superficiale globale basati sulle paleo-spugne di una regione".

    Il professor Richard Betts, capo della ricerca sugli impatti climatici presso il “Met Office Hadley Centre” del Regno Unito, anche lui non coinvolto nello studio, ha riferito a “Carbon Brief” - un sito web con sede nel Regno Unito specializzato nella scienza e nella politica del cambiamento climatico - che "soprattutto lo studio di McCulloch non significa che gli impatti si verificheranno prima del previsto”.

    Il professor Yadvinder Malhi dell’Università di Oxford, anch’egli non coinvolto nello studio, avverte che “il modo in cui questi risultati sono stati comunicati è imperfetto ed ha il potenziale di aggiungere inutile confusione al dibattito pubblico sul cambiamento climatico”.

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    Anche il dottor Duo Chan, docente di scienze del clima presso l’Università di Southampton, consiglia “cautela” nell’interpretazione dei risultati, sottolineando che “questa nuova stima del riscaldamento non si allinea con le stime storiche dei diversi fattori che influenzano il clima".La professoressa Gabi Hegerl, docente di scienza del sistema climatico all’Università di Edimburgo, afferma che il documento presenta un “bel nuovo record delle temperature oceaniche”, ma sottolinea che “l’interpretazione, in termini di obiettivi di riscaldamento globale, lo esagera avvertendo che un singolo luogo non può sostituire i dati globali, poiché il clima varia in tutto il mondo, motivo per cui l’unico modo per misurare la temperatura globale è ottenere dati nella loro globalità”.

    Allo stesso modo, Zeke Hausfather scienziato del clima responsabile della ricerca sul clima presso il “Climate Research Lead di Stripe” e ricercatore presso “Berkeley Earth”, definisce la scoperta “interessante”, ma afferma che “dovrebbe essere combinata con altri “record proxy”, (ovvero registrazioni/dati del passato n.d.r.), in una sintesi più ampia prima che cambi le nostre opinioni prevalenti.

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    Altri esperti hanno sollevato dubbi sul fatto che il riscaldamento di 0,5 °C nel 1800 sia causato dall’uomo, mentre molti hanno avvertito che i dati proxy - allineandosi con alcuni dei suddetti scienziati sopra elencati ed altri non menzionati - di una singola località non dovrebbero essere utilizzati per fare ipotesi sull’intero pianeta.

    SOLUZIONI DI GEOINGEGNERIA SOLARE, AL MOMENTO UTOPICA FANTASCIENZA, PER AIUTARE A RISOLVERE LA CRISI CLIMATICA

    Era il 1989 quando James Early del "Lawrence Livermore National Laboratory" suggerì uno “scudo solare spaziale” posizionato vicino a un punto fisso tra la Terra e il sole chiamato Lagrange Point One, o L1, a circa 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, quattro volte la distanza media tra la Terra e la Luna. Lì, le forze gravitazionali della Terra e del sole si annullano a vicenda. Al momento, l'interesse per le protezioni solari, un tempo un'idea marginale, è cresciuto notevolmente. Ora, un team di scienziati afferma che potrebbe lanciare un prototipo di uno scudo tipo un ombrellone gigante nello spazio entro pochi anni.

    La domanda sorge spontanea: Uno scudo solare spaziale gigante nello spazio? Con la Terra al suo punto più caldo mai registrato nella storia e gli esseri umani che non fanno abbastanza per fermare il suo surriscaldamento, un piccolo ma crescente numero di astronomi e fisici sta proponendo una soluzione che potrebbe uscire dalle pagine della fantascienza: l’equivalente di un “ombrello”, fluttuante nello spazio?

    Ebbene, sì! L'idea è quella di creare un enorme parasole e inviarlo in un punto lontano, tra la Terra e il sole, per bloccare una piccola ma cruciale quantità di radiazione solare, sufficiente a contrastare il riscaldamento globale. Gli scienziati hanno calcolato che se solo il 2% della radiazione solare fosse bloccata, ciò sarebbe sufficiente per raffreddare il pianeta e mantenere la Terra entro limiti climatici gestibili di 1,5 °C. Rimasta per anni ai margini delle conversazioni sulle soluzioni climatiche, con l’aggravarsi della crisi climatica, l’interesse per le protezioni solari ha guadagnato slancio, con sempre più ricercatori che ne propongono varianti.

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    Esiste anche una fondazione dedicata alla promozione degli scudi solari spaziali. Per affrontare le sfide ambientali senza compromettere la crescita economica, Bertrand Piccard e la Fondazione Solar Impulse hanno identificato oltre 1.000 soluzioni pulite e redditizie e ora si impegnano ad andare ancora oltre. Offrendo ai decisori politici ed economici una guida alle soluzioni implementabili su larga scala, la Fondazione li dovrebbe aiutare a stabilire una tabella di marcia per l’adozione di programmi energetici e ambientali molto più ambiziosi e a raggiungere così i loro obiettivi di neutralità carbonica.

    L'estate scorsa, Istvan Szapudi, un astronomo dell'Istituto di Astronomia dell'Università delle Hawaii, ha pubblicato un articolo in cui suggerisce di legare un grande scudo solare a un asteroide come contrappeso. appositamente attrezzato. Idea “folle”? Ma non è l’unica come vedremo più avanti. Gli asteroidi, a volte chiamati pianeti minori, sono resti rocciosi e privi di aria lasciati dalla formazione iniziale del nostro sistema solare circa 4,6 miliardi di anni fa. Il numero attuale di asteroidi conosciuti è di almeno 1.351.400. La potenziale soluzione è stata pubblicata il 31 luglio 2023 sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences -PNAS”. Finora, l'idea di uno scudo solare, in teoria, può raffreddare la Terra ombreggiandola da alcuni dei raggi solari, ma il problema è la grande quantità di peso necessaria per rendere uno scudo abbastanza massiccio da bilanciare le forze gravitazionali e impedire alla pressione della radiazione solare di soffiarlo via.

    Altra idea “folle”, rispetto a quella di Szapudi, - l’intelligenza artificiale renderà questi progetti realizzabili - proviene da ricercatori israeliani che credono che l'ombra di un milione di chilometri quadrati, cioè la dimensione dell’Argentina, un quarto delle dimensioni dell'intero Regno Unito, potrebbe ridurre la temperatura della Terra di 1,5 °C entro due/tre anni. Infatti, gli scienziati guidati da Yoram Rozen, professore di fisica e direttore dell'Asher Space Research Institute presso il Technion-Israel Institute of Technology, affermano di essere pronti, con indispensabili finanziamenti, a costruire un prototipo per dimostrare che l'idea funzionerà.

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    CRITICHE DI DIVERSI SCIENZIATI SUGLI SCENARI FUTURISTICI E VISIONARI


    L’idea dello scudo solare ha i suoi critici, tra cui Susanne Baur, una dottoranda presso il Centro europeo di ricerca e formazione avanzata nel calcolo scientifico in Francia che si concentra sulla modellazione della modificazione della radiazione solare. “La realizzazione sarebbe astronomicamente costosa e non potrebbe essere realizzata in tempo, data la velocità del riscaldamento globale. Inoltre, una tempesta solare o una collisione con rocce spaziali vaganti potrebbero danneggiare lo scudo, provocando un improvviso e rapido riscaldamento con conseguenze disastrose. Sarebbe meglio spendere tempo e denaro per ridurre le emissioni di gas serra e rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera, con una piccola parte della ricerca dedicata a idee di geoingegneria solare, più praticabili ed economiche”, ha affermato la Baur.

    Morgan Goodwin, direttore esecutivo della Planetary Sunshade Foundation, un'organizzazione senza scopo di lucro, appare più possibilista ed afferma che “uno dei motivi per cui gli scudi solari non hanno guadagnato così tanto successo è che i ricercatori sul clima si sono naturalmente concentrati su ciò che sta accadendo all'interno dell'atmosfera terrestre e non nello spazio. Ma i lanci spaziali più economici e gli investimenti in un’economia spaziale industriale hanno ampliato le possibilità”.

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    Ma incalzano ancora i sostenitori degli scudi solari sostenendo che in questa fase, la riduzione delle emissioni di gas serra non sarà sufficiente a placare il caos climatico, che la rimozione del biossido di carbonio si è rivelata estremamente difficile da realizzare e che ogni potenziale soluzione dovrebbe essere esplorata.

    LE PERSONE CON IDEE FOLLI CAMBIANO DAVVERO IL MONDO?

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    Morale di alcune “idee folli” fin qui raccontate: Il riscaldamento globale fa sì che molte specie in tutto il mondo sono in movimento, poiché continuano a spostarsi verso aree con temperature più familiari, cioè verso il polo, ma molte non riusciranno a tenere il passo con il cambiamento climatico e altre non avranno nessun posto dove andare, quindi si prevede che sempre più specie si estingueranno. Vediamo anche un calore - che definire estremo è solamente retorico - che si avvicina ai limiti assoluti del corpo umano, il che mette in pericolo la vita e limita il possibile lavoro al di fuori di una casa o di un ufficio con aria climatizzata.

    Se questa lettura è stata di tuo gradimento continua a seguirci qui troverai elencati tutti i miei post. Tra gli argomenti: il nostro pianeta, mare, natura, cambiamento climatico, biodiversità e tanto altro. Come si evince dalle nostre "Statistiche", con oltre 6.000 articoli e commenti!
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    Edited by Filippo Foti - 16/4/2024, 20:01
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    Michael Mann ha ottenuto una "vittoria a tavolino" nella sua battaglia legale contro i blogger conservatori che hanno affermato che il climatologo “ha molestato e torturato i dati” sul cambiamento climatico e lo hanno paragonato al pedofilo condannato Jerry Sandusky, molestatore di bambini che prestò servizio come allenatore di football alla Pennsylvania State University.


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    Lo scienziato del clima Michael Mann giovedì 8 febbraio '24 si è assicurato una vittoria nella sua lunga battaglia legale contro i blogger conservatori che una volta lo paragonavano a un pedofilo condannato. Dopo un processo durato quattro settimane, una giuria della Corte Superiore di Washington ha assegnato al climatologo 1 milione di dollari dopo aver scoperto che Rand Simberg, scrivendo per il "Competitive Enterprise Institute - CEI-", e Mark Steyn, scrivendo per la "National Review", avevano diffamato Mann in post sul blog pubblicati nel 2012. Hanno accusato Mann di manipolare la scienza attorno al suo grafico “bastone da hockey” che illustra l’aumento esponenziale delle temperature globali.

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    Il diagramma della "mazza da hockey" di Michael E. Mann.



    "Spero che questo verdetto invii il messaggio che attaccare falsamente gli scienziati del clima non è un discorso protetto", ha detto Mann in una nota.

    In un articolo pubblicato nel 2012 sul sito web della CEI, Simberg si era riferito a Mann come “il Jerry Sandusky della scienza del clima”, paragonandolo a un ex allenatore di football della Pennsylvania State University che era stato arrestato per aver abusato sessualmente di giovani ragazzi. Simberg ha affermato che Mann ha “molestato e torturato i dati” sul cambiamento climatico.

    Steyn ha successivamente citato l'articolo di Simberg in un post per la National Review.

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    Mann fece causa a Simberg e Steyn dopo la pubblicazione dei loro articoli. Il caso ha avuto un lungo percorso attraverso i tribunali, approdando davanti alla Corte Suprema nel 2019.

    I giudici hanno rifiutato le petizioni della CEI e della National Review per impedire al caso di Mann di avanzare alla corte di Washington, rivendicando le protezioni del Primo Emendamento. Il giudice Samuel Alito disse che avrebbe accettato il caso, scrivendo all’epoca che “una questione di questa natura merita un posto nel nostro registro”.


    La CEI ha rifiutato di commentare la decisione dell'otto febbraio '24 della Corte Superiore di Washington. La manager di Steyn, Melissa Howes, ha rilasciato una dichiarazione in cui suggerisce che il suo cliente avrebbe presentato ricorso contro il milione di dollari assegnato dalla corte a Mann.

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    I conservatori avevano inquadrato il processo Mann come se la stessa scienza del clima stesse prendendo posizione. "Il cambiamento climatico è sotto processo", ha scritto l'11 gennaio Ann McElhinney, la regista irlandese dietro il documentario "Frack Nation", su "X", la piattaforma di social media precedentemente nota come Twitter.

    "Michael Mann e Mark Steyn si batteranno in tribunale", ha continuato. “Il caso esplorerà il grafico climatico del bastone da hockey che ha scosso il mondo. Mark Steyn sostiene che sia una frode. "Michael Mann crede che sia il nostro futuro”.

    Un avvocato di Mann ha affermato che gli scritti di Simberg e Steyn avevano consapevolmente causato danni personali e professionali allo scienziato del clima.

    "Il verdetto di oggi conferma il buon nome e la reputazione di Mike Mann", ha affermato Pete Fontaine, presidente della pratica ambientale presso lo studio legale Cozen O'Connor. “È anche una grande vittoria per la verità e per gli scienziati di tutto il mondo che dedicano la loro vita a rispondere a domande scientifiche vitali che influiscono sulla salute umana e sul pianeta”.
    Source:scientificamerican.com

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    Edited by Filippo Foti - 24/2/2024, 11:43
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    2023, un anno record di fenomeni meteorologici non più estremi ma di routine, l’inazione climatica, i costi gestione dei rifiuti e l’uomo fattore determinante dell’aumento globale delle emissioni di CO2 atmosferica.


    Copertina


    Ed ancora, non capiamo il motivo per cui dobbiamo ascoltare o leggere “cambiamenti climatici” e non “cambiamento climatico”? Un breve distinguo:
    Negli ultimi decenni il riscaldamento globale e il cambiamento climatico sono stati spesso trattati come sinonimi, soprattutto da alcuni giornalisti sapientoni di social media e tuttologi del web, ma le conseguenze del cambiamento su vasta scala osservato nel sistema climatico terrestre sono rappresentate da due concetti diversi. Il riscaldamento globale è l’aumento della temperatura media della superficie terrestre dovuto all’incremento dei livelli di gas serra, mentre il cambiamento climatico è una modificazione a lungo termine, più che di una regione del pianeta, bensì del clima globale della Terra. A questo proposito, per descrivere detto fenomeno, non usiamo scrivere come tanti di “cambiamenti climatici” in quanto questi cambiamenti colpiscono tutte le regioni del mondo, pertanto a nostro modesto avviso, è più opportuno “cambiamento climatico”. Gli scudi polari si stanno sciogliendo e il mare si sta alzando. In alcune regioni, eventi meteorologici rutinari e precipitazioni stanno diventando la norma, mentre altre stanno sperimentando ondate di caldo e siccità sempre più ingovernabili.

    Difatti, il cambiamento climatico si è intensificato nelle regioni polari. Le regioni settentrionali e meridionali del pianeta si stanno, addirittura, riscaldando più velocemente di qualsiasi altre zone della Terra, con l'Oceano Artico e le temperature dell'aria che aumentano il doppio rispetto al resto del pianeta. Le calotte glaciali della Groenlandia e dell'Antartide stanno entrambe perdendo nettamente massa a causa dell'aumento della quantità di anidride carbonica assorbita dall'oceano. Gli scienziati sono sempre più allarmati dai cambiamenti che queste regioni affrontano e continueranno ad affrontare a causa del cambiamento climatico.

    BILANCIO GLOBALE DELLA CO2 ATMOSFERICA DAL 1850 AI NOSTRI GIORNI

    Bilancio globale della CO2 dal 1960: Per comprendere la fonte e gli effetti dell’inquinamento da carbonio, è fondamentale capire come il pianeta pondera il suo bilancio di anidride carbonica (CO2). La CO2 rappresenta circa il 75% di tutte le emissioni di gas serra che contribuiscono al riscaldamento del pianeta. L’enorme quantità di emissioni derivanti dalle attività umane, e la velocità con cui tali emissioni sono cresciute, rendono l'anidride carbonica un aspetto centrale sia per gli impatti climatici che per le soluzioni climatiche.

    L’UOMO FATTORE DOMINANTE DELL’AUMENTO DELLE EMISSIONI DI CO2

    Bilancio globale della CO2 dal 1850: La maggior parte (85%) delle attuali emissioni di CO2 causate dall’uomo sono causate dalla combustione di combustibili fossili (carbone, petrolio e gas naturale) e continuano ad aumentare. Nel 2022, le emissioni annuali di CO2 derivanti dalla combustione di combustibili fossili sono aumentate di circa l’1% rispetto al 2021 per raggiungere circa 37,5 miliardi di tonnellate di CO2, il tasso annuo record di emissioni. Di conseguenza, la concentrazione di CO2 nell’atmosfera nel 2022 ha raggiunto la media record di 417,2 parti per milione nel corso dell’anno. Si tratta di circa il 50% in più rispetto ai livelli preindustriali. Se le emissioni continuassero sul loro percorso nel 2024, le ultime stime indicano che il pianeta potrebbe superare 1,5°C di riscaldamento rispetto ai livelli preindustriali entro i prossimi nove anni.

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    LA POMPA BIOLOGICA DEGLI OCEANI

    In profondità sotto la superficie dell'oceano, la luce sfuma in una zona crepuscolare dove balene e pesci migrano e alghe morte e zooplancton piovono dall'alto. Questo è appunto il cuore della pompa biologica di carbonio dell’oceano. Regolatore chiave per l'esportazione e il sotterramento della CO2 atmosferica nell'oceano, funge da fornitura di nutrienti per gli ecosistemi in profondità e fa parte dei processi oceanici naturali che catturano circa un terzo di tutta l'anidride carbonica prodotta dall'uomo e la sprofondano nelle profondità del mare, dove rimane per centinaia di anni. La pompa biologica potenziata dai minerali, è invece una tecnica di geoingegneria che aumenta l'assorbimento di CO2 dall'atmosfera e serve a migliorare la fertilizzazione dell'oceano, prevedendo l'introduzione intenzionale di depositi ricchi di ferro e mira a migliorare la produttività biologica degli organismi nelle acque oceaniche. Nell’animazione, gli anni indicano per quanto tempo si prevede che il carbonio depositato rimanga prima che ritorni in superficie.

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    È abbastanza noto che il cambiamento climatico rappresenta una minaccia e per il mondo (natura) e per l’umanità, ed è probabilmente la questione più urgente sia a livello globale poiché influenza la nostra vita quotidiana, nonché nelle relazioni internazionali. Questi concetti scientifici hanno acquisito sempre più importanza e sono da più tempo al centro del dibattito sociopolitico. I paesi, così come le istituzioni internazionali, attraverso l'attuazione di leggi mirate cercano di far fronte ai problemi che, non da oggi, stanno emergendo come appunto l'aumento dei disastri naturali, che un tempo erano fenomeni rari soprattutto nel nord del mondo, quali inondazioni, ondate di caldo ed incendi, che ormai si verificano con una frequenza allarmante e quello dei migranti climatici ed il conseguente peggioramento delle condizioni economico sociali. E, per farlo, i paesi finanziano progetti che hanno lo scopo di dare ai cittadini uno stile di vita più sostenibile e ad evitare alle generazioni future conseguenze ancora più gravi.


    2023:UN ANNO RECORD DI FENOMENI METEOROLOGICI "ESTREMI"

    Era prevedibileche anche il 2023 sarebbe stato un anno di record climatici negativi; proprio come il 2022; e come il 2021 prima… e così via. Non ha sorpreso nessuno quando il 2023, lo si sapeva già da giugno, è stato dichiarato l’anno più caldo mai registrato. In effetti, ovunque si gira in larga parte del pianeta, dall’aria che si respira all’acqua di oceani e mari, la temperatura è sensibilmente aumentata. Nel complesso, la temperatura di ogni mese dal 2023 è aumentata di quasi un grado Celsius rispetto ai mesi corrispondenti degli anni ’90. Nel 2023 il ghiaccio ai poli ha raggiunto i livelli più bassi e gli incendi sono stati di proporzioni senza precedenti in Canada. La siccità prolungata per anni in Africa ha raggiunto il suo picco nel 2023, così come le inondazioni, che in Libia hanno fatto migliaia di vittime.

    Nuovi record sono stati registrati anche in termini di emissioni inquinanti. Nel 2023 le emissioni di anidride carbonica derivanti dalla combustione di combustibili fossili hanno superato di oltre l’1% quelle dell’anno precedente. Mentre l’Europa e gli Stati Uniti sono rimasti piuttosto piatti a questo riguardo, se non addirittura leggermente inferiori, Cina e India hanno registrato un tasso di crescita significativo, rispettivamente del 4 e dell’8% in più rispetto al 2022.

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    Secondo un recente rapporto del "Copernicus Climate Change Service – C3S -" (Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus) - che fa parte del programma Copernicus, gestito dalla Commissione europea (CE) e implementato in collaborazione con gli Stati membri, l'Agenzia spaziale europea (ESA), l'Organizzazione europea per lo sfruttamento delle risorse meteorologiche Satellites (EUMETSAT), il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (ECMWF), le agenzie dell’UE e Mercator Océan - la curva che si vede nell'animazione lunedì 3 luglio 2023, ha raggiunto un massimo di 17,01 gradi Celsius. Quel record è stato superato martedì con 17.18 °C e di nuovo giovedì con 17.23 °C, l’anno più caldo mai registrato dal 1850, anno in cui sono iniziate le rilevazioni. Battuto anche il 2016.

    L’IMPATTO SULLA NATURA DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO

    L’impatto sulla natura è visibile. Attualmente, a rischio di estinzione, ci sono circa un milione di animali, i suoli stanno perdendo la loro fertilità e le fonti d’acqua stanno diminuendo. A ciò si aggiunge l’inquinamento dovuto alla plastica, che continua a raggiungere, costantemente e in enormi quantità, il suolo, l’acqua e l’aria. Anche nell'aria, ebbene sì! In verità se ne parla poco di questa forma di inquinamento, ma guarda caso ha a che fare con il consumo dei pneumatici, le pasticche dei freni e le strisce dipinte sull'asfalto che contengono plastica, la quale finisce nell'aria a seguito di graffi che si trasformano in polvere. D'altra parte, roba da non credere, le microplastiche sono state scoperte anche nelle nuvole, dove scienziati giapponesi hanno trovato tra 6,7 ​​e 13,9 pezzi di microplastica in ogni litro di acqua delle nuvole testata, laddove probabilmente influenzano il clima in modi non ancora del tutto compresi.

    Infatti, in uno studio pubblicato sulla rivista "Environmental Chemistry Letters", il 27 settembre '23, gli scienziati giapponesi hanno scalato il Monte Fuji e il Monte Oyama per raccogliere l’acqua dalle nebbie che avvolgono le vette, quindi hanno applicato tecniche di imaging avanzate ai campioni per determinarne le proprietà fisiche e chimiche. "Se il problema dell'inquinamento atmosferico causato dalla plastica non viene affrontato in modo proattivo, il cambiamento climatico e i rischi ecologici potrebbero diventare una realtà, causando in futuro danni ambientali gravi e irreversibili", ha avvertito l'autore principale della ricerca", Hiroshi Okochi dell'Università di Waseda. "Quando le microplastiche raggiungono l’atmosfera superiore e sono esposte alle radiazioni ultraviolette della luce solare, si degradano, contribuendo alla produzione di gas serra", ha affermato Okochi.

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    UN CAUTO OTTIMISMO?

    Un'altra revisione al rialzo delle stime originariamente diffuse durante la conferenza di Parigi: All’epoca si diceva che se le politiche attuali non fossero cambiate, la temperatura media globale nel 2100 sarebbe stata di oltre tre gradi Celsius più alta rispetto all’era preindustriale. Nel 2023, tuttavia, alla conferenza annuale sul clima a cui hanno partecipato migliaia di delegati di spicco da tutto il mondo – COP 28, tenutasi a Dubai a dicembre ‘23 – la prospettiva è stata diversa, ovvero se le politiche attuali non cambiano, la temperatura media globale nel 2100 aumenterà di 2,5, massimo 2,9 gradi Celsius. Tuttavia, ciò ci porta a sottolineare che per miliardi di persone l’aumento è ancora molto ed anche pericoloso, sebbene è anche un certo miglioramento delle previsioni, a patto che le politiche internazionali continuino a essere ottimizzate per decarbonizzare l’atmosfera.

    PROCESSI REVERSIBILI NEL CAMPO CLIMATICO?

    Tutto è iniziato con il Protocollo di Montreal del 1987, che mirava a eliminare gradualmente le sostanze chimiche che riducono lo strato di ozono in tutto il mondo. Il relativo successo nel ripristino dello strato di ozono non potrebbe avvenire senza il costante sostegno dei governi. Se prendiamo come anno di riferimento il 2020, allora solo un Paese si è posto l’obiettivo di non emettere più anidride carbonica entro un certo numero di anni, è stata la Cina che nel 2006, ha superato gli Stati Uniti diventando il più grande emettitore annuale di gas serra al mondo. Nel 2020, secondo carbonbrief.org, il leader cinese Xi Jinping si è impegnato a raggiungere il picco delle emissioni di anidride carbonica entro il 2030 e la neutralità del carbonio entro il 2060. Oggi esistono 101 di questi paesi e il loro numero continua ad aumentare, anche se sotto una certa pressione della società civile che trascende la politica.

    L’INAZIONE CLIMATICA

    Nel febbraio 2023, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che chiede alla Corte Internazionale di Giustizia un parere sull’obbligo legale dei governi di affrontare il cambiamento climatico e sulle potenziali conseguenze legali della loro “inazione climatica”. Gli esperti affermano che il parere della Corte, ancora in sospeso, non sarà giuridicamente vincolante ma avrà un certo peso morale. La risoluzione è arrivata quando un numero crescente di persone in tutto il mondo si è rivolto ai tribunali per costringere governi e aziende ad agire sul cambiamento climatico. Uno studio delle Nazioni Unite, pubblicato più tardi nel 2023, ha rilevato che il numero di cause legali legate al clima è raddoppiato rispetto al 2017.

    STIMA DEL COSTO DELL’INAZIONE CLIMATICA

    La stima del “Climate Policy Initiative – CPI –“ (Iniziativa sulla politica climatica) di 1.266 trilioni di dollari per il costo dell'inazione è derivata da un modello del “Network for Greening the Financial System - NGFS - ” (Quadro per l'integrità della finanza sostenibile) che riunisce banche centrali e autorità di vigilanza, impegnate a tenere in debita considerazione il rischio climatico per la stabilità finanziaria globale. Tuttavia, le stime esistenti sui costi dell’inazione variano ampiamente perché modelli diversi si basano su costi, scenari di riscaldamento e tempistiche diversi. In generale, i costi dell’inazione rientrano in due categorie: “Costi economici quantificabili” e “costi sociali: costi indiretti sostenuti a causa degli impatti negativi legati al clima sulle persone e/o sul loro ambiente”.

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    COSTI SOCIALI DELL’INAZIONE CLIMATICA

    Le attuali stime del costo dell’inazione non sono inoltre in grado di arrestare costi sociali più ampi come l’aumento dei conflitti e delle migrazioni e il peggioramento delle disuguaglianze locali e globali. Questi costi sono difficili da stimare data l’incertezza che circonda il riscaldamento futuro.

    Il mondo sta già sperimentando crescenti fattori di conflitto legati al clima, come l’insicurezza alimentare e la scarsità d’acqua. Secondo studi statistici a lungo termine e di grandi dimensioni per valutare i collegamenti storici tra la variabilità climatica, il cambiamento e gli impatti sociali, inclusi conflitti, carestie e migrazioni eseguiti nel 2020, si prevede che:

    - Il numero di persone con accesso incerto al cibo aumenterà da 2 miliardi a 3,5 miliardi entro il 2050;
    - Il numero di persone che soffrono di stress idrico elevato o estremo aumenterà da 2,6 miliardi a 5,4 miliardi entro il 2040. Negli ultimi dieci anni, il numero di conflitti registrati e di fenomeni violenti legati all’acqua è aumentato del 270% in tutto il mondo.

    COSTI ECONOMICI DELL’INAZIONE CLIMATICA QUANTIFICABILI

    Si ha una conoscenza abbastanza buona delle perdite economiche dirette derivanti dagli impatti del cambiamento climatico, come l’aumento delle temperature, l’innalzamento del livello del mare e gli eventi meteorologici estremi. Ad esempio:

    - Si prevede che anche un aumento della temperatura di 1,5°C ridurrà le ore lavorative globali del 2,2% in tutto il mondo entro il 2030;
    - I disastri legati al clima (ad esempio uragani, inondazioni, incendi);
    - Negli scenari più estremi di riscaldamento come l’innalzamento del livello del mare;
    - Eventi meteorologici estremi più frequenti e più intensi guideranno la migrazione di massa; 1,2 miliardi di persone potrebbero essere sfollate a livello globale entro il 2050, imponendo enormi costi economici e instabilità politica.

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    IMPATTO DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO SULLA SALUTE

    I legami tra clima, povertà e salute sono chiari. La crisi climatica è un moltiplicatore del rischio sanitario. Gli eventi meteorologici estremi stanno devastando la salute a livello globale. Entro il 2030, gli effetti negativi del clima sulla salute potrebbero portare 40 milioni di persone nella povertà estrema. Il cambiamento climatico è un’emergenza sanitaria globale e con l’aggravarsi della crisi climatica globale, anche i suoi impatti devastanti sulla salute e sul benessere umano aumenteranno. Nessuno in tutto il mondo è fuori dalla sua portata, anche se milioni di persone – in particolare donne, bambini, anziani, minoranze etniche, persone con condizioni di salute preesistenti e coloro che vivono in povertà – sono tra i più vulnerabili.

    I cambiamenti delle condizioni climatiche stanno aumentando le malattie e i decessi legati al caldo; cambiare i modelli di trasmissione delle malattie infettive, rendendo più probabili epidemie mortali e pandemie; peggioramento della salute materna e infantile; e l’intensificazione degli impatti sulla salute derivanti da eventi meteorologici estremi come inondazioni, siccità, incendi e tempeste di vento. Il cambiamento climatico esercita pressioni significative sui sistemi sanitari, aumentando contemporaneamente la domanda di servizi sanitari e compromettendo al tempo stesso la capacità di risposta del sistema.

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    La crisi climatica sta inoltre deteriorando rapidamente l’accesso ai bisogni umani fondamentali come la sicurezza alimentare, l’acqua potabile, i servizi igienico-sanitari e l’aria pulita. Il risultato, secondo i nuovi dati della Banca Mondiale, è che un clima più caldo potrebbe portare ad almeno 21 milioni di morti in più entro il 2050 a causa di soli cinque rischi per la salute: caldo estremo, arresto della crescita, diarrea, malaria e dengue.

    Si prevede inoltre che il continuo cambiamento climatico renderà l’obiettivo globale di riduzione della povertà ancora più difficile da raggiungere. Un recente studio, sempre della Banca Mondiale, stima che il cambiamento climatico potrebbe spingere altri 132 milioni di persone (più della metà delle quali vive nell’Africa sub-sahariana e nell’Asia meridionale) nella povertà estrema entro il 2030, di cui 44 milioni a causa di impatti sulla salute.

    2023: IL CAMBIAMENTO CLIMATICO È UNA QUESTIONE GLOBALE!

    Anche se le tendenze per il 2023 sono state promettenti, non sono state affatto abbastanza vicine da fermare gli effetti del cambiamento climatico. Questi effetti non appartengono più al futuro, ma sono presenti qui e ora e lo saranno appunto nel 2024. Non si tratta più solo di evitarli in misura maggiore o minore, ma di adattarsi alla situazione che hanno già creato. Sono misure preventive, ma anche reattive, per risarcire i danni già arrecati. Le misure per ridurre le emissioni di gas serra possono essere applicate in qualsiasi momento, ma rimane la questione dei gas già emessi. Anche se potessimo fermare tutte le emissioni inquinanti da un giorno all’altro, il pianeta continuerà a riscaldarsi a causa delle emissioni già prodotte da così tanto tempo.

    Cosa faremo a riguardo? Ed è qui che si apre tutto un dibattito, che ha in primo piano la controversa tecnologia della geoingegneria solare. Si tratta sostanzialmente di catturare artificialmente l’anidride carbonica dall’atmosfera, iniettando una sostanza speciale nella stratosfera. Il fatto è che non c’è nemmeno lontanamente un consenso sugli effetti collaterali di questa azione, compreso sullo strato di ozono.

    Ma è interessante notare che anche le grandi compagnie petrolifere sono coinvolte nel dibattito e nella ricerca della soluzione migliore per rimuovere l'anidride carbonica dall'atmosfera: questa strategia alla fine potrebbe aiutare la loro attività, perché se sappiamo come eliminare il carbonio, rinunciare ai combustibili fossili non sarà più così urgente. La lotta per la decarbonizzazione è costellata di tali paradossi. È stato affermato, ad esempio, che l’intelligenza artificiale ha il potenziale per sviluppare modi per cambiare l’intero panorama nel campo della lotta al cambiamento climatico; solo che attualmente funziona anche consumando energia “sporca”. Oppure, che la transizione verso l’energia verde dipende fortemente dal litio, ma l’estrazione di questo elemento non è “pulita”. La maggior parte delle riserve di litio conosciute a livello mondiale sono situate nel “triangolo del litio” del Sud America, che si estende tra Argentina, Bolivia e Cile.

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    Più della metà delle risorse globali stimate di litio si trovano nelle saline di Bolivia, Argentina e Cile, gran parte delle quali in Bolivia. Si stima che ci siano 98 milioni di tonnellate di risorse di litio a livello globale. Le condizioni sociopolitiche hanno influenzato l’accesso alle risorse della Bolivia, mentre Cile e Argentina, che sono più favorevoli agli investitori, sono rispettivamente al primo e terzo posto per riserve accertate.

    Se non gestite adeguatamente l’estrazione e la lavorazione dei minerali di litio possono provocare l’erosione del suolo, la distruzione dell’habitat e l’inquinamento delle acque. Allora come possiamo ottenere il litio senza inquinare? Ancora una volta, il circolo vizioso sta ancora cercando la porta d'uscita.

    Ciò che sembra ovvio dall’esperienza del 2023 è il riconoscimento del carattere globale della preoccupazione climatica. Il cambiamento climatico colpisce tutta l'umanità, che si tratti degli abitanti degli altipiani dello Stato del Wyoming, una piccola popolazione orgogliosa del proprio tradizionale isolazionismo, degli indiani nelle baraccopoli di Calcutta che vivono con scarse condizioni igieniche e infrastrutture, degli abitanti di Pantelimon del quartiere di Bucarest o dei cosmopoliti londinesi nel cuore di Londra.

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    IL PROBLEMA DEI RIFIUTI SOLIDI


    Nel 2023, l’umanità ha prodotto più di due miliardi di tonnellate di rifiuti solidi urbani, quasi la metà dei quali non controllati. Gli sforzi per combattere il cambiamento climatico stanno dando risultati, ma finora non hanno prodotto cambiamenti enormi. In questo quadro scoraggiante si possono però distinguere alcune sfumature di ottimismo come gli investimenti nel campo dell’energia verde e quelli nell’energia rinnovabile. Questo è uno dei motivi principali per cui l’Agenzia Internazionale per l’energia (IEA), un’organizzazione intergovernativa con sede a Parigi, ha rivisto quest’anno le sue stime sulle emissioni di anidride carbonica. Infatti, all’epoca della famosa conferenza di Parigi del 2015, in cui venne adottato per la prima volta il quadro delle Nazioni Unite per la lotta al cambiamento climatico, l’IEA dichiarò che le emissioni di carbonio avrebbero continuato ad aumentare fino al 2040. Oggi, afferma che il picco della carbonizzazione sarà raggiunto “entro un pochi anni", dopodiché la curva dovrebbe assume un andamento discendente.

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    La gestione dei rifiuti solidi urbani non ha ricevuto molta attenzione come soluzione al riscaldamento globale. Ma ha un grande potenziale perché la decomposizione dei rifiuti rilascia grandi quantità di metano, un potente gas serra. Infatti, nessuna analisi globale ha preso in considerazione il riscaldamento che potrebbe essere evitato attraverso una migliore gestione dei rifiuti solidi e quanto ciò potrebbe contribuire al raggiungimento degli obiettivi del percorso di 1,5° e 2° C dell’Accordo di Parigi o dei termini del “Global Methane Pledge” (Impegno globale per il metano) lanciato alla COP26 dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, purtroppo una delle tante inutili COP che si stanno succedendo senza risultati apprezzabili per mettere finalmente a freno il cambiamento climatico .

    Con una produzione globale stimata di rifiuti solidi compresa tra 2,56 e 3,33 miliardi di tonnellate entro il 2050, l’implementazione di improvvisi cambiamenti tecnici e comportamentali potrebbe portare a un sistema di rifiuti solidi con riscaldamento netto pari a zero rispetto al 2020, portando a 11-27 miliardi di tonnellate di anidride carbonica equivalente a riscaldamento, emissioni al di sotto dei limiti di temperatura. Questi cambiamenti, tuttavia, richiedono un’adozione accelerata entro 9-17 anni (dal 2033 al 2041) per allinearsi al Global Manthrop Pledge. È necessario pertanto ridurre rapidamente le emissioni di metano, anidride carbonica e protossido di azoto per massimizzare i benefici climatici a breve termine e fermare l’aumento della temperatura in corso.

    LA RICERCA

    In uno studio, unico nel suo genere, i ricercatori hanno calcolato come le tecnologie di gestione dei rifiuti pronte per essere usate potrebbero rapidamente frenare il riscaldamento globale. “Abbiamo scoperto che con le tecnologie di gestione dei rifiuti già esistenti, come l’ammodernamento delle discariche, la digestione dei rifiuti organici e il compostaggio dei rifiuti organici, possiamo ridurre le emissioni globali di rifiuti solidi fino a un riscaldamento netto pari a zero entro il 2050”, afferma Kok Sin Woon, ricercatore sulla sostenibilità presso l'Università di Xiamen in Malesia ed autore dello studio ”Develop circular waste management strategies based on the concept of waste eco-park” (Sviluppare strategie circolari di gestione dei rifiuti basate sul concetto di eco-parco dei rifiuti). Questa ricerca, pubblicata online il 6 ottobre 2023, sviluppa un modello di ottimizzazione multi obiettivo per configurazioni ottimali dei rifiuti solidi integrando considerazioni economiche, ambientali e sociali. “Tuttavia, dobbiamo agire immediatamente, poiché i risultati dell’azione hanno bisogno di tempo per manifestarsi”, precisa Kok Sin Woon.

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    Kok Sin Woon nel riquadro in piccolo.


    Senza un rapido passaggio a modalità più sostenibili di gestione dei rifiuti, sarà difficile raggiungere gli obiettivi climatici stabiliti nell’accordo di Parigi, suggerisce il nuovo studio. La buona notizia è che tale cambiamento è tecnologicamente a portata di mano, ovvero indica l’analisi. Il metano è responsabile di circa un terzo del riscaldamento climatico. È più potente dell’anidride carbonica in termini di effetto riscaldante, ma molto meno persistente: il suo tempo di dimezzamento nell’atmosfera è di circa 10,5 anni, rispetto ai 120 anni dell’anidride carbonica. Tutto ciò significa che la riduzione delle emissioni di metano potrebbe ridurre il riscaldamento climatico a breve termine, il che a sua volta potrebbe creare più spazio nel bilancio globale del carbonio e guadagnare tempo per affrontare settori difficili da decarbonizzare come l’industria manifatturiera e l’aviazione a lungo raggio.

    Si stima che i rifiuti globali genereranno da 2,56 a 3,33 miliardi di tonnellate entro il 2050 (vedere immagine sotto riportata). Sebbene in passato la gestione dei rifiuti solidi urbani non abbia ricevuto molta attenzione come soluzione al riscaldamento globale, ha molto potenziale perché la decomposizione dei rifiuti rilascia grandi quantità di metano, un potente gas serra.

    Yee Van Fan, ricercatrice senior presso “l’Environmental Change Institute – ECI –“ (Istituto per il cambiamento ambientale), dell'Università di Oxford in Inghilterra, è coautrice dello studio, “Curbing global Solid Waste Emissions Verso Net-Zero Warming Futures” (Contenere le emissioni globali di rifiuti solidi verso un futuro con riscaldamento netto pari a zero), è stato pubblicato online il 16 novembre 2023 e nel volume 382, NO. 6672 di Science il 17 novembre 2023 con titolo “Heaps of Warming” (Un sacco di riscaldamento) e sottotitolo “Municipal solid waste emits large amounts of greenhouse gases” (I rifiuti solidi urbani emettono grandi quantità di gas serra). Nella ricerca Yee Van Fan afferma che, contenere le emissioni globali di rifiuti solidi verso un futuro con riscaldamento netto pari a zero, richiederà ampie e rapide diminuzioni delle emissioni di gas serra in più settori e specie. Le emissioni di metano (CH4) provenienti dai siti di rifiuti solidi rappresentano una frazione considerevole del bilancio globale del metano e rappresentano un importante obiettivo di riduzione.

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    Yee Van Fan


    La produzione di rifiuti è aumentata enormemente in tutto il mondo negli ultimi decenni e non vi sono segni di rallentamento. Ogni anno in tutto il mondo vengono generati più di due miliardi di tonnellate di rifiuti solidi urbani, e si prevede che questa cifra aumenterà di circa il 70% entro il 2050. Con la produzione di volumi così immensi di rifiuti, emerge la necessità per le istituzioni di fornire un adeguato trattamento dei rifiuti e i servizi di smaltimento sono diventati sempre più importanti.

    La Terra ha sempre sperimentato aumenti e diminuzioni delle temperature, tuttavia l’impatto dell’uomo sul clima sta, senza dubbio, influenzando negativamente queste evoluzioni accelerando il processo del riscaldamento globale. Si prevede che gli eventi estremi aumenteranno in futuro e, con il peggioramento delle condizioni meteorologiche e geopolitiche, i governi devono lavorare su modi per prevenire queste forme di disastri. Gran parte del mondo non è sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi stabiliti entro il 2030, e Il loro mancato conseguimento porterà molto probabilmente a gravi conseguenze per le generazioni presenti e future, e nella protezione del nostro ambiente.

    Indipendentemente dal regime politico in cui vivono oggi le persone, tutti sentono sulla propria pelle che sta succedendo qualcosa con il clima e che dovrebbero preoccuparsene. "Viviamo in un villaggio globale", si sente dire da tempo. La citazione di Li Keqiang, recentemente scomparso, è stato il Premier della Cina dal 2013 al 2023, che ha promosso politiche per ridurre l'inquinamento ambientale nel paese, cattura l'essenza del nostro mondo interconnesso e sottolinea l'importanza della cooperazione globale e dell'interdipendenza. In un’interpretazione semplice, la citazione implica che nel mondo altamente interconnesso di oggi, nessun paese può prosperare o sopravvivere in isolamento. Proprio come il personaggio immaginario Robinson Crusoe, bloccato su un'isola deserta, ha dovuto fare affidamento sugli altri quando ha incontrato Friday, anche i paesi devono fare affidamento l'uno sull'altro per vari aspetti della loro esistenza.

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    Il “torrente” climatico sta colpendo proprio tutti. È forse la prima volta nella storia che l’umanità si trova ad affrontare una questione veramente globale, nel senso che è contemporaneamente comune a tutti. E inoltre, per la prima volta, l’umanità ha il ruolo di agire come una specie veramente dominante e responsabile per un intero pianeta, ma non è affatto detto che saprà cavarsela.

    Se questa lettura è stata di tuo gradimento continua a seguirci qui troverai elencati tutti i miei post. Tra gli argomenti: il nostro pianeta, mare, natura, cambiamento climatico, biodiversità e tanto altro. Come si evince dalle nostre "Statistiche", con oltre 6.000 articoli e commenti!
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    Edited by Filippo Foti - 17/2/2024, 00:51
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    La sovrappopolazione umana supporta il cambiamento climatico e il deterioramento dell'ambiente con la conseguente perdita della biodiversità. Occorre pertanto promuovere soluzioni olistiche per una società sana, resiliente e per il bene delle persone e della natura.


    Gandhi



    I sistemi socio-ecologici sono complessi e adattivi, per cui la loro governance richiede una comprensione olistica delle diverse componenti del sistema e delle loro relazioni, capacità di rispondere al cambiamento e all’incertezza e quadri istituzionali ben funzionanti. I sistemi socio-ecologici, ovvero le interrelazioni che esistono tra l'ambiente e le attività umane, riflettono una relazione altamente interconnessa tra la società e gli ecosistemi. E la resilienza di un tale complesso di sistemi dipende appunto da un’ampia gamma di fattori derivanti dai collegamenti tra le società umane e gli ecosistemi.

    Il sistema socio-ecologico come obiettivo finale, fa parte di una serie di importanti caratteristiche come gli approcci olistici tra cui, una collaborazione inclusiva ed equa, trattative oneste e pragmatiche e un cambiamento di mentalità e altre condizioni chiave necessarie per garantire resilienza e sostenibilità a lungo termine. La visione olistica del mondo in cui vivono gli esseri umani fa parte dell’ecologia profonda che cerca di applicare alla vita la comprensione che le parti separate dell’ecosistema (inclusi gli esseri umani) funzionano come un tutto.

    SVILUPPO SOSTENIBILE: UN APPROCCIO OLISTICO

    Emerso più o meno nello stesso periodo della biodiversità, il concetto di sviluppo sostenibile ha avuto un effetto altrettanto trasformativo sul nostro rapporto con l’ambiente. Ciò che distingue i due è l’inclinazione decisamente olistica dello sviluppo sostenibile. Come la biodiversità, lo sviluppo sostenibile è un concetto esplicitamente concepito per aiutarci a comprendere l’importanza centrale delle sfide ambientali per il funzionamento delle nostre società, adottando un approccio più globale, proponendo un quadro analitico che mira a informare tutte le scelte sociali e le azioni politiche.

    Mentre le politiche sulla biodiversità si basano su un obiettivo specifico – la protezione degli organismi viventi – e cercano di incorporare questo obiettivo in tutte le dinamiche sociali, la sostenibilità fornisce un contesto teorico in relazione al quale tutte le azioni devono essere posizionate e comprese. La rappresentazione visiva più eloquente dello sviluppo sostenibile – in cui la sfera che rappresenta l’ecologia si sovrappone alle sfere “sociale” ed “economica” – riassume bene l’ambizione di questo concetto: racchiudere l’intero spettro di obiettivi politici in un unico quadro di riferimento, sovrapposto ad una costante preoccupazione per l’ambiente.

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    Lo sviluppo sostenibile è un approccio olistico che bilancia crescita economica, sviluppo sociale e protezione ambientale. Mira a soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri. Il concetto di sostenibilità si basa sull’utilizzo responsabile delle risorse, garantendo che siano disponibili per le generazioni future. Per raggiungere uno sviluppo sostenibile è necessario bilanciare crescita economica, sviluppo sociale e protezione ambientale. Questo processo implica l’integrazione di considerazioni economiche, sociali e ambientali nel processo decisionale richiedendo una prospettiva a lungo termine.

    Le pratiche aziendali di sviluppo sostenibile possono includere: adozione di fonti energetiche rinnovabili e riduzione delle emissioni di carbonio;
    implementazione di strategie di riduzione dei rifiuti e promuovere il riciclaggio e il compostaggio; investire in filiere sostenibili e sostenere le comunità locali. Ad esempio, un’azienda può implementare un sistema di pannelli solari per ridurre la propria dipendenza da fonti energetiche non rinnovabili. Potrebbe anche implementare programmi di riciclaggio per ridurre i rifiuti e promuovere un’economia circolare. Infine, potrebbe investire in catene di approvvigionamento sostenibili, come l’approvvigionamento di materiali da fornitori locali, per sostenere le comunità locali e ridurre l’impatto ambientale dei trasporti.

    Anche se la percentuale di utilizzo di materiale circolare nell'UE (denominato tasso di circolarità) è cresciuto progressivamente e nel 2021 era pari all'11,7 %, 3,4 punti percentuale in più rispetto al 2004, vi sono potenzialità significative di miglioramento, soprattutto attraverso l'aumento dell'uso dei materiali riciclati e la riduzione della quantità di materiali usati nell'economia. Lo scopo di un’economia circolare è mantenere il valore dei prodotti, dei materiali e delle risorse il più a lungo possibile reimmettendoli nel ciclo del prodotto dopo che hanno raggiunto la fine del loro ciclo di vita, riducendo al minimo la generazione di rifiuti. Materiali come biomassa, metalli, minerali e combustibili fossili vengono estratti dall'ambiente per realizzare prodotti o produrre energia. Al termine del loro ciclo di vita, i prodotti possono essere riciclati, inceneriti o smaltiti come rifiuti residui. Questi flussi di materiali sono una parte essenziale, anche se non l’unica, dell’economia circolare. Meno prodotti scartiamo e più ricicliamo, meno materiali estraiamo, a beneficio del nostro ambiente.

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    Nel maggio 2021, l’International Energy Agency (IEA) ha pubblicato il suo storico rapporto "Net Zero Emissions by 2050: A Roadmap for the Global Energy Sector (Emissioni nette zero entro il 2050: una tabella di marcia per il settore energetico globale). Il rapporto delinea un percorso ristretto ma fattibile affinché il settore energetico globale possa contribuire all’obiettivo dell’accordo di Parigi di limitare l’aumento delle temperature globali a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. La Roadmap Net Zero è diventata rapidamente un importante punto di riferimento per i decisori politici, l’industria, il settore finanziario e la società civile. Nello contesto del “Net Zero Emissions by 2050” - uno scenario normativo che mostra appunto il percorso per il settore energetico globale - la domanda di minerali critici crescerà di tre volte e mezzo fino al 2030, raggiungendo oltre 30 milioni di tonnellate.

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    COMPONENTI CHIAVE DELLA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE OLISTICA. BIODIVERSITÀ E AZIONE PER IL CLIMA

    La sostenibilità ambientale olistica è un approccio allo sviluppo che considera l’interconnessione di vari aspetti dell’ambiente e della società e cerca di bilanciare il benessere economico, sociale e ambientale. Viene spesso suddiviso in tre categorie intrecciate: sostenibilità sociale, sostenibilità economica e sostenibilità ambientale. La sostenibilità sociale si concentra sul soddisfacimento dei bisogni della società, tra cui la garanzia dei diritti umani fondamentali, l’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria e la promozione dell’equità sociale. La sostenibilità economica riguarda il mantenimento della crescita economica e della stabilità riducendo al minimo gli impatti ambientali e sociali negativi. La sostenibilità ambientale mira a proteggere e preservare l’ambiente naturale e le sue risorse per le generazioni future. Insieme, queste tre forme di sostenibilità costituiscono la base di un approccio olistico allo sviluppo sostenibile.

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    Il mondo sta, e non da poco, attraversando una grave crisi della biodiversità. Ciò è causato principalmente dall’attività umana, portando a quella che gli scienziati chiamano la “sesta estinzione di massa”. Secondo un editoriale pubblicato il 03 ottobre 2023 su nature.com, la principale rivista scientifica multidisciplinare al mondo, le stime della varietà di organismi viventi mostrano che le specie si stanno riducendo a un ritmo da 100 a 1.000 volte più elevato rispetto al ritmo delle estinzioni naturali.

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    Con i continui “insulti snaturati” al paesaggio e alla natura si potrà arrivare inevitabilmente al sesto evento del genere nei 4,5 miliardi di anni di storia della Terra, “ohibò”. A differenza dei cinque precedenti, questo evento sta accelerando a causa delle azioni di una specie: quella umana, “sic”. La perdita di biodiversità è stata riconosciuta come il quarto rischio globale a lungo termine più grande a livello mondiale e coincide con l’Olocene, il secondo dei due periodi in cui si divide l'era neozoica. Questo periodo geologico, iniziato circa 12.000 anni fa, è l'epoca attuale in cui viviamo e i modelli climatici prevedono che la Terra supererà le temperature più calde entro il 2100. L'antropocene è usato anche come nome alternativo per questa estinzione perché è appunto il risultato dell'attività umana che sta cambiando in maniera significativa e irreversibile le strutture territoriali, gli ecosistemi e il clima sul pianeta Terra.

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    LIMITARE IL “VIZIO” DEL CONSUMISMO

    Il prefiggersi di una crescita economica illimitata, l’estrazione irragionevole delle risorse, e non ultime le emissioni di gas serra, hanno una sola causa: il consumismo. Nel mondo, attualmente estraiamo circa 7 milioni di tonnellate di minerali ogni anno per tecnologie a basse emissioni di carbonio. Questa cifra si riferisce al 2020 e proviene dal rapporto principale dell’International Energy Agency (IEA) (Agenzia Internazionale per l’Energia). Ciò include tutti i minerali per pannelli solari, energia eolica, geotermica, energia solare a concentrazione, energia idroelettrica, nucleare, veicoli elettrici, stoccaggio di batterie e modifiche alle reti elettriche. Questo elenco di minerali comprende rame, silicio, argento, zinco, manganese, cromo, nichel, molibdeno, litio, cobalto, grafite, vanadio e minerali delle terre rare.

    DUE TRA I TANTI ESEMPI DI PRATICA AZIENDALE DI SVILUPPO SOSTENIBILE

    Programma di responsabilità ambientale e sociale di Patagonia: questa azienda tessile di abbigliamento outdoor ha ridotto in modo proattivo il proprio impatto ambientale. Patagonia ha implementato iniziative per ridurre la propria impronta di carbonio, eliminare l’uso di sostanze chimiche dannose nei suoi prodotti e sostenere pratiche di lavoro eque.

    Patagonia è stata fondata nel 1973 da Yvon Chouinard, un appassionato scalatore, surfista e ambientalista. Fin dall'inizio, l'azienda ha avuto una missione chiara: costruire i migliori prodotti senza causare inutili danni all'ambiente. Questo impegno per la responsabilità ambientale è diventato una parte fondamentale dell'identità di Patagonia e ha influenzato le sue decisioni aziendali. La sede principale si trova a San Buenoventura, nota come Ventura, una città degli Stati Uniti nello stato della California. Posseggono e gestiscono uffici negli Stati Uniti, Paesi Bassi, Giappone, Corea del Sud, Australia, Cile e Argentina. Inoltre hanno più di 70 negozi in tutto il mondo. A livello europeo l'azienda conta oggi quattro negozi in Francia, sei in Italia, tre in Svizzera e due in Gran Bretagna.

    Yvon Chouinard



    CONSERVAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ

    La conservazione della biodiversità è un aspetto critico della sostenibilità ambientale olistica e le imprese e le società hanno un ruolo significativo da svolgere in questo sforzo. È responsabilità delle imprese e delle aziende proteggere la biodiversità riducendo al minimo il loro impatto sull’ambiente e promuovendo gli sforzi di conservazione. Per fare ciò, le aziende devono garantire che le loro operazioni e le catene di approvvigionamento non danneggino la biodiversità.

    Le imprese e le società possono guidare la conservazione della biodiversità adottando pratiche commerciali sostenibili che promuovano gli sforzi di conservazione. Tali pratiche includono la riduzione delle emissioni di carbonio, la riduzione del consumo di acqua, la minimizzazione dei rifiuti e gli investimenti in energie rinnovabili. Promuovendo e implementando pratiche commerciali sostenibili, le aziende e le aziende possono minimizzare il proprio impatto ambientale e ridurre la propria impronta di carbonio.

    Ci sono numerosi vantaggi nella conservazione della biodiversità per le imprese e le aziende, e gli sforzi di conservazione possono migliorare la reputazione aziendale, attrarre clienti e migliorare le relazioni con le parti interessate. La conservazione della biodiversità può anche dare alle aziende un vantaggio competitivo, poiché consumatori e investitori sono sempre più attratti da aziende con forti pratiche di sostenibilità.

    Molte aziende e aziende stanno adottando un approccio proattivo alla conservazione della biodiversità, con alcuni sforzi importanti per proteggere e preservare la biodiversità. Tali iniziative includono partenariati per la conservazione con organizzazioni non governative e istituzioni accademiche, finanziamenti per la ricerca sulla biodiversità e progetti di ripristino degli habitat. Pertanto, le imprese e le aziende devono dare priorità alla conservazione della biodiversità come parte dei loro sforzi di sostenibilità. Le aziende possono garantire un futuro più sostenibile e allo stesso tempo raccogliere i benefici di un ambiente più sano adottando pratiche commerciali sostenibili, promuovendo sforzi di conservazione e investendo in iniziative di conservazione della biodiversità.

    La strategia di IKEA a favore delle persone e del pianeta: questa azienda svedese di mobili si è impegnata a diventare ad economia circolare - che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile - e positiva per il clima entro il 2030. IKEA ha investito in energie rinnovabili, implementato pratiche di approvvigionamento sostenibili e sta lavorando per raggiungere zero rifiuti.

    Implementando pratiche di sviluppo sostenibile, queste aziende contribuiscono a un futuro più sostenibile e beneficiano di una maggiore fedeltà al marchio e di migliori prestazioni finanziarie.

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    In conclusione, lo sviluppo sostenibile è un concetto fondamentale che cerca di bilanciare crescita economica, sviluppo sociale e protezione ambientale. Per raggiungere questo obiettivo è necessario integrare considerazioni economiche, sociali e ambientali nei processi decisionali. Le pratiche aziendali di sviluppo sostenibile sono una parte essenziale di questo processo e le aziende possono svolgere un ruolo cruciale nel promuovere la sostenibilità attraverso l’adozione di pratiche sostenibili.

    Le industrie devono dunque unirsi e adottare un approccio olistico per migliorare i risultati in termini di biodiversità ed ecosistemi sani e resilienti. Ciò significa non solo mirare a ridurre i danni e mitigare i rischi, ma anche lavorando attivamente per proteggere, ripristinare e rigenerare le terre e le acque che sostengono il nostro pianeta e la nostra gente e le nostre attività, in poche parole "Madre Natura".

    In definitiva, la sostenibilità ambientale olistica è un approccio critico allo sviluppo che cerca di bilanciare il benessere economico, sociale e ambientale. Considerando l’interconnessione di questi tre pilastri della sostenibilità, si mira a creare un futuro sostenibile per il nostro pianeta. Lo sviluppo sostenibile, le considerazioni dell'Environment, Social, Governance - ESG) (Ambiente, Sociale, Governance), l’educazione allo sviluppo sostenibile e la conservazione della biodiversità sono tutti componenti chiave di questo approccio e la loro importanza non può essere sopravvalutata. Mentre continuiamo ad affrontare crescenti sfide ambientali, dobbiamo adottare una prospettiva olistica e adottare misure proattive per affrontare questi problemi. In questo modo, possiamo lavorare per creare un mondo più sostenibile ed equo sia per le generazioni presenti che per quelle future.

    L’ANALISI DEL PAESAGGIO DELLA BIODIVERSITÀ

    L’analisi del paesaggio della biodiversità” - a tal proposito citiamo alcuni collaboratori che hanno appunto scritto il libro, tra cui Carlo Blasi (Professore di Ecologia vegetale, La Sapienza di Roma), Lucina Caravaggi (Prof. di Urbanistica alla Facoltà di Architettura, La Sapienza di Roma) e Mario Tozzi (Geologo, giornalista e ricercatore presso il CNR – è che “soltanto l’educazione alla diversità potrà portare alla comprensione della biodiversità” - come dichiarano vari autori. “Nasce dalla volontà di divulgare una migliore conoscenza e una aumentata sensibilità per la varietà della natura intesa non come un mondo lontano e inarrivabile fatta di luoghi incontaminati, ma come il nostro habitat quotidiano, per quanto naturale o innaturale appaia”.

    Il commento degli Autori: “Il libro nasce dalla volontà di divulgare una migliore conoscenza e una aumentata sensibilità per la varietà della natura intesa non come un mondo lontano e inarrivabile fatta di luoghi incontaminati, ma come il nostro habitat quotidiano, per quanto naturale o innaturale appaia. Fornisce alcune nozioni e criteri fondamentali oltre che una ricca bibliografia per chiunque volesse informarsi senza affidarsi a letture partigiane legate a forme di fondamentalismi ecologisti o ideologici. La ferma convinzione degli autori che hanno aderito all’iniziativa dell’Associazione culturale non profit “Connecting Cultures” che produce il libro in collaborazione con la Fondazione Italiana della Fotografia, è che soltanto l’educazione alla diversità potrà portare alla comprensione della biodiversità”.

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    MADRE NATURA

    Un personaggio ricorrente che trascende le culture è Madre Natura. La personificazione della natura simboleggia le qualità nutritive e rigeneranti del mondo naturale. Il primo riferimento a Madre Natura fu coniato per la prima volta nell'antica Grecia, guadagnando ampia popolarità nel Medioevo. Il primo vero riferimento scritto fu in greco miceneo, tra il XII e XIII secolo a.C. Conosciuti con molti nomi (Gaia, Persefone, Inanna), la natura è stata costantemente immaginata come una donna. L'idea si consolidò durante l'Illuminismo. Per essere studiata, la natura non poteva essere analoga a Dio, il che significava che doveva essere una donna. I successivi pensatori cristiani medievali non vedevano la natura come comprensiva di tutto, ma pensavano che fosse stata creata da Dio; il suo posto era sulla terra, sotto gli immutabili cieli e la luna. La natura si trovava da qualche parte al centro, con agenti sopra di lei (angeli) e sotto di lei (demoni e inferno). Per la mente medievale era solo una personificazione, non una dea.

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    E negli anni passati, il nostro pianeta era pieno di tanti colori e di tante meraviglie. Ma recentemente, Madre Natura ha iniziato a sentirsi un po' stanca e più che un po' preoccupata, fino a quando l’avidità umana non la sta distruggendo.

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    Autore del post

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    Edited by Filippo Foti - 26/1/2024, 21:36
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    Una inutile Cop28 con gli scienziati - che, come al solito, lanciano segnali di allarme per 6 limiti planetari su 9 ormai superati - predicono la fine della vita del pianeta blu.


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    Il cambiamento climatico è una delle maggiori minacce per l'umanità e gli scienziati sono ben orientati per contribuire ad affrontarlo al di là della ricerca accademica, ma poco si sa del loro impegno con l'argomento tranne per pochi che si espongono continuamente come vedremo in seguito. Pertanto, pur essendo molto preoccupati per la grave situazione climatica, incontrano numerosi ostacoli ad impegnarsi.

    Fabian Dablander - post-dottorato ricercatore presso l’Institute for Biodiversity and Ecosystem Dynamics, University of Amsterdam (Istituto per la biodiversità e le dinamiche degli ecosistemi, e l’Institute for Advanced Study, University of Amsterdam (Istituto per gli studi avanzati dell'Università di Amsterdam, Netherlands (Paesi Bassi), attivo in “Scientist Rebellion” (Ribellione degli scienziati) da circa due anni - ed altri ricercatori, con uno studio pubblicato il 28 novembre 2023 “Climate Change Engagement of Scientists” (Coinvolgimento degli scienziati nel cambiamento climatico), hanno indagato appunto sull'impegno degli scienziati nei confronti del cambiamento climatico utilizzando analisi quantitative e qualitative nell'ambito di un'indagine su larga scala che ha coinvolto 9.220 esperti in 115 paesi, in tutti i settori e in tutte le fasi della carriera. A proposito di Scientist Rebellion: è utile ricordare che si tratta di un movimento internazionale di scienziati e accademici estremamente preoccupati per la crisi climatica ed ecologica e che credono che la disobbedienza civile da parte loro possa aiutare a premere per un’azione urgente sul clima.

    Fabian Dablander che esegue anche ricerche presso il “Department of Psychological Methods at the University of Amsterdam” (Dipartimento di metodi psicologici dell'Università di Amsterdam) - in quanto dottore in Statistica e Metodologia, su una varietà di argomenti, tra cui una stima del grado di fiducia in una data ipotesi prima dell'osservazione dei dati (i cosiddetti test bayesiani), inferenza causale e segnali di allarme precoce dei punti critici – in una sua recente pubblicazione nel suo blog, denuncia come “stiamo attualmente superando molteplici confini planetari, spingendo la Terra in uno stato visto l’ultima volta milioni di anni fa. Le incertezze su cosa porterà questa traiettoria abbondano, anche con un “solo” 1,1°C di riscaldamento. L’unica cosa certa è che dobbiamo cambiare radicalmente rotta per evitare gli esiti peggiori”.
    Questo studio, pubblicato nel 2009 con il suo team vede come precursore Johan Rockström ecologo e ricercatore svedese nel campo delle scienze della Terra, ha sviluppato il quadro dei confini planetari (Planetary Boundaries), sostenendo che i nove confini planetari, come vedremo più avanti, dal clima alla biodiversità, siano concetti fondamentali per mantenere uno "spazio operativo sicuro per l'umanità".

    Dopo la suddetta breve parentesi, che approfondiremo successivamente, torniamo a discutere del “coinvolgimento degli scienziati nel cambiamento climatico”. Un'ampia maggioranza degli scienziati sull'impegno degli scienziati nei confronti del cambiamento climatico si è dichiarata preoccupata ritenendo che per affrontare il problema dell'innalzamento della temperatura del pianeta siano necessari cambiamenti radicali dei sistemi sociali, politici ed economici dei Paesi. C’è da sottolineare che attualmente molti di loro sono già impegnati in cambiamenti individuali nello stile di vita, ma non lo sono nel sostegno pubblico o nell'attivismo. Ed è per questo che devono superare degli ostacoli dottrinali che si frappongono nel loro percorso scientifico prima di essere disposti ad impegnarsi in modo più efficace.

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    CAMBIAMENTO CLIMATICO: IMPEGNO E OSTACOLI DEGLI SCIENZIATI E ACCADEMICI

    Nel sottolineare che stiamo attraversando molteplici confini planetari, spingendo il sistema Terra al di fuori dello spazio operativo sicuro per l'umanità, il cambiamento climatico rappresenta una minaccia particolarmente urgente, sebbene alcuni governi e aziende si siano impegnati a raggiungere l'azzeramento delle emissioni nette per limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C. Però mancano strategie per rispettare tali impegni. Ciò espone il mondo ad alto rischio, con un aumento delle temperature, previsto entro la fine del secolo, che potrebbe essere al di là della capacità di adattamento delle società umane.

    Vi è un crescente riconoscimento del fatto che l'insufficiente mitigazione e adattamento è sostanzialmente dovuto alla resistenza degli attori che beneficiano dello “status quo”, ovvero situazioni di fatto, attuali o preesistenti rispetto a determinati eventi. Tra questi ostacoli figurano non solo le aziende di combustibili fossili che realizzano profitti record e influenzano indebitamente il processo decisionale (In altre parole la recente COP28), ma anche individui ricchi che, consapevolmente o meno, cercano di proteggere i loro stili di vita ad alta intensità di carbonio. Per superare questa resistenza e costringere i governi a intraprendere un’azione decisiva contro il cambiamento climatico è necessaria una pressione dal basso verso l’alto da parte di ampi settori della società.

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    Per contribuire a mobilitare la società scienziati e accademici (che però non sono scienziati e non usano il metodo scientifico nel loro lavoro) si trovano in una posizione privilegiata per potere utilizzare i loro status e competenze per plasmare l’opinione pubblica informandola sui rischi climatici e sulle possibili soluzioni, potendo sostenere una politica climatica più incisiva. Possono anche dare credibilità al più ampio movimento per il clima, ad esempio unendosi alle proteste, come fa il succitato Fabian Dablander, ed istruire gli studenti sui molteplici aspetti della crisi climatica.

    Tra gli ostacoli principali che si frappongono all'impegno degli scienziati nelle proteste figurano i dubbi sulla loro efficacia, tra cui la convinzione che il loro operato possa avere un impatto maggiore in diversi ruoli (ad esempio, come educatori); la discussione di altri percorsi di cambiamento e i potenziali effetti negativi delle proteste. Inoltre, il disaccordo con l'ideologia e le strategie degli attivisti, il non identificarsi con gli attivisti e la percezione di non avere una personalità adeguata, sono stati descritti come ostacoli all'adesione alle proteste.

    Comunque, la maggior parte degli scienziati che nutre serie preoccupazioni per il cambiamento climatico, non ha riferito di impegnarsi in attività di sostegno o protesta. Per comprendere meglio il motivo, gli autori dello studio succitato hanno raccolto in forma sintetica i loro risultati in un modello in due fasi di ostacoli e coinvolgimento. In questo modello, è emerso che sono stati inizialmente indecisi se impegnarsi o meno, o non disposti a farlo. A tal proposito hanno suggerito che essi debbano prima superare degli ostacoli per essere in linea di principio disposti ad impegnarsi, per poi coinvolgersi effettivamente in altre situazioni di impedimento. Hanno distinto, altresì, tra ostacoli intellettuali e pratici e hanno indicato se potrebbero impegnarsi nel sostegno e nelle proteste.

    Gli ostacoli intellettuali degli scienziati non disposti a impegnarsi includono dubbi sull'efficacia dell'impegno nel sostegno o nella protesta, ritenendo che non sia il loro ruolo impegnarsi in tali comportamenti. Inoltre, la non identificazione con gli attivisti e il disaccordo con l’ideologia e la strategia degli attivisti sono emersi come una barriera intellettuale alla volontà di unirsi alle proteste. Gli ostacoli pratici alla volontà di impegnarsi includono la paura di perdere credibilità, la percezione di avere una personalità inadatta, la mancanza di opportunità e tempo, di non avere un difensore nella propria cerchia ristretta e di non conoscere alcun gruppo di sostegno. Una percepita mancanza di competenze è stata particolarmente pronunciata per quanto riguarda la protezione, mentre un ostacolo particolare alla protesta è stata la paura delle ripercussioni.

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    VALUTARE LE CONVINZIONI E LE AZIONI DEGLI SCIENZIATI SUL CLIMA

    Come già accennato, gli intervistati provenivano da 115 paesi, da tutte le discipline scientifiche e da tutte le fasi della loro carriera. Molti erano professori ordinari (26,4%), provenienti da scienze naturali (41,6%), uomini (61,6%), tra i 35 e i 54 anni (57,6%), europei (51,5%) e di orientamento politico votato all'uguaglianza sociale indipendentemente dal loro sesso biologico, identità di genere od orientamento sessuale (il 45,8% ha indicato convinzioni ed azioni sul clima). La ricerca del 17,0% degli intervistati era fortemente correlata al cambiamento climatico, ma per il 24,5% non lo era affatto. Praticamente tutti gli intervistati ritengono che il cambiamento climatico sia causato dall’uomo (96,4%). Molti hanno affermato di essere abbastanza (42,2%) o molto (30,2%) informati sull'argomento, con il 32,2% degli intervistati che ha espresso abbastanza preoccupazione e il 51,3% molta preoccupazione.

    La stragrande maggioranza di tutti gli scienziati concorda (fortemente) sul fatto che affrontare il cambiamento climatico richiede cambiamenti fondamentali nei sistemi sociali, politici ed economici (91,2%), mentre la maggior parte anche con forza, concordano sulla necessità di cambiamenti significativi nei comportamenti personali e nello stile di vita (83,5%). Quasi il doppio degli scienziati in maniera molto convinta si sono detti contrari al fatto che la tecnologia risolverà in gran parte i problemi causati dal cambiamento climatico (43,5%) rispetto a coloro che hanno affermato con forza di essere contrari (27,5%). La maggioranza degli scienziati concorda sul fatto che i gruppi di attivisti ambientali possono guidare un cambiamento positivo riguardo al cambiamento climatico (69,2%), con pochissimi scienziati in disaccordo (9,3%).

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    LA PERCEZIONE DEL RUOLO DEGLI SCIENZIATI A PORRE UN FRENO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO

    Per quanto riguarda la percezione del ruolo degli scienziati, il 35,4% degli intervistati si è sentito abbastanza a disagio e il 33,1% una grande responsabilità come scienziato nel ridurre il cambiamento climatico. Ancora di più (83,4%) ritiene che le istituzioni scientifiche abbiano una responsabilità sufficiente (32,3%) o considerevole (51,1%) nel ridurre il cambiamento climatico.

    Molti scienziati sono (fortemente) d’accordo (51,0%) sul fatto che questi dovrebbero impegnarsi maggiormente nella difesa dei diritti, e il 34,5% non è né d’accordo né in disaccordo. Meno scienziati sono (fortemente) d’accordo (36,7%) sul fatto che dovrebbero impegnarsi maggiormente nelle proteste legali che richiedono una maggiore azione per il clima, e il 40,1% non è né d’accordo né in disaccordo. Molti scienziati erano in disaccordo (38,1%) o fortemente in disaccordo (27,0%) sul fatto che la partecipazione a proteste legali legate al cambiamento climatico avrebbe diminuito la loro credibilità, mentre ancora di più erano in disaccordo (42,3%) o fortemente in disaccordo (35,2%) sul fatto che la partecipazione al cambiamento climatico il sostegno diminuirebbe la credibilità.

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    Non sono pochi gli scienziati hanno dichiarato di aver intrapreso cambiamenti di stile di vita ad alto impatto, tra cui:

    . La riduzione dell'uso dell'automobile (69,0%);
    . La riduzione dell'uso dell'aereo (51,4%);
    . L'aumento dell'efficienza energetica domestica o il passaggio all'energia rinnovabile (46,2%);
    . L’avere meno figli (36,2%) e seguire una dieta vegetariana o vegana (39,2%).

    Molti hanno anche riferito di aver intrapreso comportamenti di sostegno - ovvero all’azione di supporto attivo con l'obiettivo di influenzare le politiche e/o le procedure nei sistemi e nelle istituzioni politiche, economiche e sociali, che d’ora in poi chiameremo “advocacy” termine che può assumere forme diverse, da qualcosa di più simile alla diplomazia ai metodi tipici degli attivisti politici - fino ad un approccio scientifico e attivismo, tra cui:

    . Aver parlato di cambiamenti climatici con altri (77,5%);
    . Fatto donazioni a organizzazioni che si occupano di cambiamenti climatici (31,2%);
    . Partecipato ad attività di advocacy (29,3%);
    . Essere stato parte attiva a proteste legali legate al cambiamento climatico (23,4 %);
    . Aderito, in modo significativo, alla disobbedienza civile (9,7 %).

    Per entrambi i comportamenti, advocacy e attivismo, le variabili chiave associate ad una minore volontà d’impegnarsi da parte degli scienziati sono: (a) una mancanza di conoscenza sul cambiamento climatico per impegnarsi in tali azioni; (b) non essere convinti dell'impatto dei comportamenti (in particolare per protesta); (c) credere che il comportamento diminuirebbe la credibilità degli scienziati (in particolare per la protesta); (d) non avere un difensore del clima o un attivista nella propria cerchia di “peccatori” (in particolare per la protesta); (e) non credere che gli accademici debbano impegnarsi maggiormente nell'advocacy/protesta. Pur preoccupandosi del cambiamento climatico e credendo che gli attivisti possano guidare il cambiamento fossero importanti per la protesta, la sensazione di responsabilità accademica è stata associata a una maggiore disponibilità a impegnarsi per la difesa.

    L’advocacy è probabilmente la strada giusta per chi piace rimanere dietro le quinte. Un sostenitore generalmente corre molti meno rischi di una persona impegnata nell’attivismo che sono generalmente in prima linea nella lotta per il bene sociale. Uno dei principali vantaggi dell’attivismo rispetto all’advocacy è che gli attivisti hanno più opzioni, in quanto non sono limitati nelle loro tattiche come lo sono i sostenitori. Praticamente un’attivista, può fare quello che fa un sostenitore; al contrario, è meno probabile che un sostenitore indossi il “cappello” di un’attivista.

    JOHAN ROCKSTRÖM E IL QUADRO DEI CONFINI PLANETARI (PLANETARY BOUNDARIES)

    Il superamento dei molteplici confini planetari, come sostiene anche Fabian Dablander, ha implicazioni sul modo in cui organizziamo la scienza, con la psicologia che potrebbe svolgere un ruolo chiave in questa nuova era. La psicologia, dopo tutto, è la scienza della mente e del comportamento umano che causa le nostre molteplici crisi interconnesse. Ciò non significa, tuttavia, che gli psicologi siano particolarmente preparati per impegnarsi in questo tipo di lavoro. Si fanno pochi progressi all’interno di dipartimenti universitari isolati su questioni che trascendono i confini disciplinari e la consueta formazione accademica non fornisce agli psicologi gli strumenti necessari per parlare con campi più matematizzati, ovvero, formulare in termini rigorosamente razionali e valutare la realtà in termini esclusivamente matematici. Detto questo, ribadisce Dablander: “C’è ampio spazio per il lavoro psicologico empirico, ma non sono a conoscenza di una frazione considerevole di psicologi che si impegnano con questi argomenti a un livello commisurato alle minacce che ci attendono. Affrontare la crisi climatica ed ecologica richiede un approccio attivo e quindi necessariamente interdisciplinare”.

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    "1,5°C di riscaldamento globale non è una linea di demarcazione netta tra sicuro e pericoloso, ma è una sorta di indicatore di ciò in cui diventiamo sempre più preoccupati. L’innalzamento del livello del mare associato al collasso della calotta glaciale della Groenlandia è compreso tra i cinque e i sei metri. Se perdessimo tutto il ghiaccio. Ci vorranno secoli o millenni perché ciò accada, ma ciò non è ancora molto rassicurante per i paesi e le isole pianeggianti che sono preoccupati per la loro stessa esistenza.[Professore Richard Betts MBE, Responsabile degli impatti climatici, Met Office del Regno Unito e Università di Exeter.]

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    QUANDO IL DENARO FA LA DIFFERENZA

    Le compagnie petrolifere e del gas sono state accusate di essere le maggiori colpevoli dell’attuale crisi ambientale. Secondo un rapporto del marzo 2023 del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC), è necessario un azzeramento netto delle emissioni di anidride carbonica (CO2) per limitare il riscaldamento globale causato dall’uomo. Tuttavia, “le emissioni di CO2 previste dalle infrastrutture esistenti per i combustibili fossili, senza ulteriori abbattimenti, supererebbero il budget di carbonio rimanente di 1,5°C”.

    Ciò indica le società di combustibili fossili che producono enormi quantità di emissioni di CO2 ogni anno. Secondo un rapporto del 2021 del World Economic Forum, “le emissioni fossili di CO2 rappresentano oltre il 90% delle attuali emissioni globali”. Tuttavia, pur essendo responsabili della maggior parte delle emissioni globali, le aziende produttrici di combustibili fossili rappresentano anche un’importante fonte di reddito per le agenzie.

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    Il riscaldamento dell’oceano abissale – acque profonde da 3.000 a 6.500 metri – potrebbe far sì che la circolazione capovolta dell’Antartide diminuisca di oltre il 40% entro il 2050. Infatti, l'agitazione dell'oceano viene interrotta dallo scioglimento dei ghiacci. Ci sono segnali preoccupanti che i torrenti di acqua dolce che si sciolgono al largo dell’Antartide stanno interrompendo i flussi di acqua fredda, salata e ricca di ossigeno che guidano le cruciali correnti oceaniche profonde. Queste potenti correnti immagazzinano e trasportano enormi quantità di calore e carbonio in tutto il mondo e sostengono la vita marina agitando l’acqua ricca di sostanze nutritive dalle profondità alla superficie. Un rallentamento di questa “circolazione ribaltata” potrebbe portare a un ulteriore scioglimento e spostare i modelli delle precipitazioni in tutto il mondo.

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    In conclusione citiamo una riflessione del prof. Anderson che ci trova pienamente d’accordo: "Siamo sulla buona strada per 4°C di riscaldamento. "Un futuro a 4°C è incompatibile con una comunità globale organizzata, rischia di andare oltre l'"adattamento", è devastante per la maggior parte degli ecosistemi e ha un'alta probabilità di non essere stabile". [Prof. Kevin Anderson, scienziato del clima britannico.]

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    Se questa lettura è stata di tuo gradimento continua a seguirci qui troverai elencati tutti i miei post. Tra gli argomenti: il nostro pianeta, mare, natura, cambiamento climatico, biodiversità e tanto altro. Come si evince dalle nostre "Statistiche", con oltre 6.000 articoli e commenti!

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    Edited by Filippo Foti - 27/1/2024, 21:34
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    L'era dell'intelligenza artificiale si sta consolidando e la gente sta andando fuori di testa per paura che distruggerà il mondo. Ma non dovrebbe essere così, anzi potrebbe salvarlo.


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    Lo sviluppo dell'intelligenza artificiale, che da qui in poi chiameremo (IA), iniziò negli anni '40, contemporaneamente all'invenzione del computer. Il primo articolo scientifico sulle reti neurali, un metodo artificiale che insegna ai computer ad elaborare i dati in un modo ispirato al cervello umano, fu pubblicato nel 1943. Intere generazioni di scienziati dell’(IA), negli ultimi 80 anni, sono nate, andate a scuola, lavorato e in molti casi non esistono più per vedere il profitto che stiamo ricevendo ora.

    Il primo passo verso le reti neurali artificiali (RNA) avvenne nel 1943 quando Warren McCulloch, un neurofisiologo e un giovane matematico, Walter Pitts, svilupparono i primi modelli di (RNA). Nel 1949, uno psicologo canadese Donald Olding Hebb, uno dei primi scienziati ad approfondire il legame tra il sistema nervoso e il comportamento, scrisse "The Organization of Behavior" (L'organizzazione del comportamento), un lavoro in cui sottolineava il fatto che i percorsi neurali vengono rafforzati ogni volta che vengono utilizzati, un concetto fondamentalmente essenziale per il modo in cui gli esseri umani apprendono. Oggi, legioni sempre più numerose di ingegneri – molti dei quali sono giovani e potrebbero aver avuto nonni o addirittura bisnonni coinvolti nella creazione delle idee alla base dell’IA – stanno lavorando per renderla una realtà, contro un muro di allarmismo e catastrofe che sta tentando di dipingerli come cattivi spericolati.

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    Sopra da S/D:Warren McCulloch, Walter Pitts e Donald Olding Hebb.


    L’intelligenza artificiale che, d’ora in poi, chiameremo semplicemente (IA) è un programma per computer come qualsiasi altro: funziona, riceve input, elabora e genera output. I risultati dell'IA sono utili in un'ampia gamma di campi, dalla programmazione alla medicina, dal diritto alle arti creative ed è posseduta e controllata dalle persone, come qualsiasi altra tecnologia. È un modo per migliorare tutto ciò a cui teniamo. Pertanto non si tratta di un software killer o di un robot, come sotto documenteremo, che prenderanno vita e decideranno di uccidere la razza umana o altrimenti rovinare tutto come si vede in alcuni film. La conclusione fondamentale più convalidata delle scienze sociali in molti decenni e migliaia di studi è quella che l’intelligenza umana migliora un’ampia gamma di risultati della vita.

    PERCHÉ LA (IA) PUÒ MIGLIORARE TUTTO CIÒ A CUI TENIAMO

    Inoltre, l’intelligenza umana è la leva che usiamo da millenni per creare il mondo in cui viviamo oggi: scienza, tecnologia, matematica, fisica, chimica, medicina, energia, edilizia, trasporti, comunicazione, arte, musica, cultura, filosofia, etica, moralità. Senza l’applicazione dell’intelligenza a tutti questi ambiti, vivremmo ancora tutti in capanne di fango, strappando una misera esistenza di agricoltura di sussistenza. Invece abbiamo usato la nostra intelligenza per aumentare il nostro tenore di vita nell’ordine di 10.000 volte negli ultimi 4.000 anni. Ciò che l’IA ci offre è l’opportunità di aumentare profondamente l’intelligenza umana per rendere migliore, ad esempio, la creazione di nuovi farmaci, ai modi per risolvere il cambiamento climatico e alle tecnologie per raggiungere nuovi pianeti.

    L’aumento dell’intelligenza umana da parte dell’IA è già iniziato intorno a noi sotto forma di sistemi di controllo computerizzato di vario tipo. Ora si sta rapidamente intensificando con modelli linguistici di grandi dimensioni come ChatGPT (è un nuovo strumento di OpenAI che mira a rendere l’interazione con i sistemi dell’IA più naturale e intuitiva). OpenAI, un laboratorio di ricerca dell’IA che ha sede presso il Pioneer Building nel Mission District di San Francisco, è deputata a promuoverla e svilupparla amichevolmente in modo che l'umanità possa trarne beneficio. Non è un caso che tra i fondatori c’è Elon Musk con i suoi notevoli contributi.

    ALLORA PERCHÉ IL PANICO SE POTREMMO VIVERE MEGLIO?

    In contrasto con la visione positiva, il dibattito pubblico sull’IA è attualmente attraversato da paura paranoide. Sentiamo affermare che ci ucciderà tutti in vari modi, rovinerà la nostra società, ci porterà via tutti i posti di lavoro, causerà disuguaglianze paralizzanti e consentirà alle persone spietate di fare cose orribili. Pertanto: Cosa spiega questa divergenza nei potenziali risultati dalla quasi speranza utopica al terrificante prefigurare situazioni, sviluppi, assetti politico-sociali e tecnologici altamente negativi, ovvero un mondo o una società immaginaria in cui le persone conducono vite miserabili, disumanizzate e paurose che equivale quindi a dire distopia (utopia negativa)?

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    Storicamente, ogni nuova tecnologia importante, dall’illuminazione elettrica alle automobili, dalla radio ad internet, ha scatenato un panico morale, ovvero, un contagio sociale che convince le persone che la nuova tecnologia distruggerà il mondo, la società, o entrambi. Però è anche il caso di dire che è certamente vero che molte nuove tecnologie hanno portato a risultati negativi come perdita di posti di lavoro, comportamenti aggressivi e alla dipendenza dalla tecnologia. Da non trascurare inoltre per i bambini: basso rendimento scolastico, mancanza di attenzione, scarsa creatività, ritardi nello sviluppo del linguaggio, ritardi nello sviluppo sociale ed emotivo, inattività fisica e obesità e scarsa qualità del sonno, quanto per citarne alcuni.

    COME LA TECNOLOGIA PUÒ DANNEGGIARE L'AMBIENTE

    Molte tecnologie possono danneggiare l’ambiente come: Inquinamento dell'aria, dell'acqua, del calore e del rumore; consumo di risorse non rinnovabili come combustibili fossili, carbone, petrolio, gas naturali, combustibili nucleari, uranio, plutonio, minerali terrestri e minerali metalliferi, compresi i metalli preziosi come l’oro, vengono utilizzate per produrre tecnologia. Molti altri, come appunto il carbone, vengono consumati per generare elettricità necessaria per utilizzare la tecnologia. Anche risorse come l’acqua possono essere contaminate durante la produzione della tecnologia. E che dire dei rifiuti, in quanto la tecnologia di produzione crea grandi quantità e i componenti elettronici usati vengono gettati via.

    La deforestazione dei terreni, dove un tempo vivevano gli animali, per costruire fabbriche o quant'altro può influenzare notevolmente i cicli naturali dell’ambiente; l'uso di materiali tossici che possono danneggiare la nostra salute può causare il cancro e la dipendenza dalla tecnologia può portare ad altri problemi di salute come l'obesità e la sindrome del tunnel carpale. Le stesse tecnologie che altrimenti sarebbero state enormemente benefiche per il nostro benessere. Quindi non è che la semplice esistenza di un panico morale significhi che non ci sia nulla di cui preoccuparsi.

    Ma il panico morale è per sua stessa natura irrazionale: prende quella che potrebbe essere una preoccupazione legittima e la gonfia ad un livello di isteria che, ironicamente, rende più difficile affrontare preoccupazioni realmente serie. E, meraviglia, in questo momento abbiamo un panico morale in piena regola riguardo all’IA. Ciò viene già utilizzato come forza motivante da una varietà di attori per richiedere azioni politiche: nuove restrizioni, regolamenti e leggi. Questi personaggi, che stanno facendo dichiarazioni pubbliche estremamente drammatiche sui pericoli dell’IA – alimentando e infiammando ulteriormente il panico morale – si presentano tutti come paladini altruisti del bene pubblico. Ma lo sono? E, hanno ragione o torto?

    I RISCHI: L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE CI UCCIDERÀ TUTTI?

    Il primo e originale rischio catastrofico dell’intelligenza artificiale potrebbe essere che decida di uccidere letteralmente l’umanità. La paura che la tecnologia da noi creata possa insorgere e distruggerci è profondamente radicata nella nostra cultura. I Greci espressero questa paura nel "Mito di Prometeo": Prometeo portò all’uomo il potere distruttivo del fuoco, e più in generale della tecnologia “techne”, che permette all'uomo, in mancanza di mezzi naturali di difesa, di sopravvivere all'interno del cosmo. Per questo Prometeo fu condannato alla tortura perpetua da parte degli dei.

    Mary Shelley (Londra, 30 agosto 1797 – Londra, 1º febbraio 1851) ha dato a noi moderni la nostra versione di questo mito nel suo romanzo Frankenstein, o Il Prometeo moderno. Pubblicato per la prima volta del 1818 in maniera anonima e poi con il nome dell'autrice nel 1823, è un romanzo che esplora i temi dell'isolamento in cui sviluppiamo la tecnologia per la vita eterna, che poi si ribella e cerca di distruggerci. E, naturalmente, nessuna storia di panico sui giornali sull'IA è completa senza un'immagine fissa di uno scintillante robot assassino dagli occhi rossi dei film Terminator di James Cameron.

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    Il presunto scopo evolutivo di questa mitologia è quello di motivarci a considerare seriamente i potenziali rischi delle nuove tecnologie: dopo tutto, il fuoco può effettivamente essere utilizzato per bruciare intere città. Ma proprio come il fuoco è stato anche il fondamento della civiltà moderna poiché veniva utilizzato per mantenerci al caldo e al sicuro in un mondo freddo e ostile, questa mitologia ignora il lato positivo ben più grande della maggior parte – di tutte? – le nuove tecnologie in pratica infiammano l’emozione distruttiva piuttosto che l’analisi ragionata. Solo perché l'uomo premoderno è andato fuori di testa in questo modo non significa che dobbiamo farlo anche noi; possiamo invece applicare la razionalità.

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    Marc Andreessen, cofondatore di A16Z e Martin Casado socio accomandatario - di questa società di venture capital che sostiene imprenditori audaci che costruiscono il futuro attraverso la tecnologia - sotto raffigurati nello screenshot, hanno mirato a dissipare i timori sui rischi dell'intelligenza artificiale per la nostra umanità, sia reali che immaginari, anzi, Marc spiega come l’IA può “rendere migliore tutto ciò a cui teniamo e aggiunge come questa tecnologia massimizzerà il potenziale umano, perché il suo futuro dovrebbe essere deciso dal libero mercato e, soprattutto, perché l'IA non distruggerà il mondo. In effetti, potrebbe salvarlo”.

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    L’intelligenza artificiale non è un essere vivente preparato da miliardi di anni di evoluzione a partecipare alla battaglia per la sopravvivenza del più adatto, come lo sono gli animali e come lo siamo noi. È matematica (codici e computer), costruiti, posseduti, usati e controllati da persone. L’idea che ad un certo punto svilupperà una mente propria e deciderà di avere motivazioni che lo portano a cercare di ucciderci è un'ondata di credenze irrazionali e superstiziose. Le considerazioni sono di Andressen in risposta a Casado che abbiamo ascoltato e letto in questo simpatico “siparietto” nel podcast pubblicato il 16 giugno scorso, e da cui abbiamo estrapolato una sintesi in questo post. Vale la pena riportare una domanda che pone Casado: “Ti riporto alcune lamentele più comuni contro le tue risposte, di come l’IA ci ucciderà tutti"? Andressen gli risponde: “L’IA non ucciderà ogni persona sul pianeta”. Comunque, per chi è curioso di seguire questo video traducibile in italiano.


    Ora, ovviamente, ci sono i veri credenti nell’intelligenza artificiale assassina - Andressen, nel podcast cita la metafora del libro “Baptists & Bootleggers” (B&B) (Contrabbandieri e Battisti): ‘How Economic Forces and Moral Persuasion Interact to Shape Regulatory Politics’ (Come le forze economiche e la persuasione morale interagiscono per modellare la politica di regolamentazione), scritto nel 2014 dagli economisti Adam Smith e Bruce Yandle. Nel libro, che è diventato famoso per le sue intuizioni sulla politica della regolamentazione governativa in America, gli autori esplorano ulteriormente questo argomento

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    Yandle, nel 1983, sviluppò appunto il modello politico (B&B) con la sua teoria sui gruppi “contrabbandieri e battisti”. I contrabbandieri che intraprendono azioni politiche alla ricerca di un guadagno economico, ovvero le forze economiche; mentre i “battisti” (ovvero i protestanti e persuasori morali) sono altre parti che partecipano ad azioni di gruppo guidate da uno scopo morale più elevato dichiarato o dal desiderio di servire l’interesse pubblico.

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    L’IA rappresenta una “minaccia esistenziale per l’umanità”? Notizie delle ultime ore: ieri, venerdì 8 dicembre, l’Unione Europea ha approvato delle regole fondamentali per l’intelligenza artificiale, in quella che probabilmente diventerà la prima grande regolamentazione che governerà la tecnologia emergente nel mondo occidentale. C’è da dire che alcuni scienziati informatici hanno lanciato l'allarme sul pericolo della creazione di macchine potenti e altamente intelligenti che potrebbero minacciare l'umanità.

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    Comunque, i punti critici includevano, tra l'altro, l’uso di strumenti di identificazione biometrica, come il riconoscimento facciale e la scansione delle impronte digitali. Germania, Francia e Italia si sono opposte alla regolamentazione diretta dei modelli di intelligenza artificiale generativa, noti come “modelli di base”, favorendo invece l’autoregolamentazione da parte delle aziende dietro di loro attraverso codici di condotta introdotti dal governo. La loro preoccupazione è che una regolamentazione eccessiva possa soffocare la capacità dell’Europa di competere con i leader tecnologici cinesi e americani. Germania e Francia ospitano alcune delle startup IA più promettenti d'Europa.

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    Sarà un’umanità in cambiamento? Il genere umano ha sempre affrontato minacce alla sua sopravvivenza globale, come gli impatti degli asteroidi e i super vulcani. Eppure ora i maggiori rischi che affrontiamo potrebbero essere il risultato del nostro progresso scientifico e di civiltà. Stiamo sviluppando tecnologie di potenza senza precedenti, come le armi nucleari e gli organismi ingegnerizzati. Stiamo anche spazzando via le specie, cambiando il clima e bruciando le risorse della Terra a un ritmo insostenibile mentre la popolazione globale aumenta vertiginosamente. Tuttavia, le scoperte del prossimo secolo nel campo della scienza e della tecnologia forniranno anche soluzioni efficaci a molte delle più grandi sfide che dobbiamo affrontare.

    È il caso di dire: Chi vivrà vedrà!

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    Grazie Guido, sottopongo alla tua attenzione questo video.



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    Il pianeta Terra. Dalla sua genesi, il creazionismo non è necessariamente in conflitto con le credenze religiose, alla terraformazione di Elon Musk. Contrastare l’avidità umana e prevenire il suo fatale futuro, si può?


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    LA TEORIA DEL BIG BANG

    La fisica, che appartiene alle Scienze Naturali e studia i fenomeni che si verificano in natura, non si applica alla creazione dell'universo. Dalle fasi iniziali del Big Bang, l'universo ora contiene un'enorme collezione di galassie, stelle, pianeti e altri ‘frammenti’ della “Grande Esplosione”; ovvero, come sostenuto da alcuni scienziati, si riferisce all'espansione dell'universo da uno stato estremamente caldo e denso. Sebbene la teoria del Big Bang sia la spiegazione più ampiamente accettata per le origini dell'universo, tuttavia non spiega tutto e non esclude il creazionismo e pertanto non è necessariamente in conflitto con le credenze religiose.

    Molte cose le conosciamo in quanto le osserviamo utilizzando il telescopi spaziali come Kepler e la sua scoperta di 2662 pianeti, lanciato nel marzo del 2009 e operativo fino al 2018; e Hubble lanciato il 24 aprile 1990. Il più grande progresso dell'astronomia dai tempi di Galileo ha entusiasmato gli esseri umani con immagini spettacolari. Hubble continua ancora oggi ad esplorare lo spazio profondo, girando intorno alla Terra ogni novantacinque minuti.

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    L'ESPANSIONE DELL'UNIVERSO

    L'universo, che ha dimensioni incommensurabili, si sta espandendo verso l'ignoto e, per quanto ne sappiamo, lo sta facendo indefinitamente verso confini illimitati. La Terra appartiene alla galassia della Via Lattea, ospita oltre 200 miliardi di stelle e la nostra stella più vicina alla Terra è il Sole, la cui distanza media dalla Terra è pari a una unità astronomica (UA), vale a dire circa 149.597.870,69999998808 km. Le galassie - vaste isole cosmiche di stelle, gas, polvere e materia oscura tenute insieme dalla gravità – quando ruotano assumono una forma rotonda e appiattita, un po’ come il modo in cui lanciare e far girare l’impasto della pizza la rende rotonda e piatta. Anche le galassie ruotano attorno ad un punto nello spazio. Probabilmente è proprio qui che si è verificato il Big Bang. In ordine di distanza dal Sole, la Terra è il terzo pianeta e, fino a prova contraria, è l'unico pianeta noto che ospita la vita a causa della porzione sana di raggi UV che la riscalda.

    LA TERRA È UNA BIGLIA ROSSA.

    Quattro miliardi di anni fa la Terra, era ovviamente un pianeta completamente diverso e la scienza lo indica allo stato fuso, con fiumi di lava che scorrevano e con temperature torride per il calore secco e ardente. Ruotava con una velocità incredibilmente elevata, quasi 3 volte più veloce di oggi. Come in una scena del film apocalittico del 2021 “Don’t Look Up” (Non guardare in alto) con Leonardo DiCaprio, un'allegoria del riscaldamento globale di Adam McKaym - regista, produttore, sceneggiatore e attore statunitense - in cui meteore e asteroidi colpirono la Terra per milioni di anni.

    IL SISTEMA SOLARE

    Il nostro sistema solare si è formato circa 4,5 miliardi di anni fa ed è composto dal nostro sole e da otto pianeti principali: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno. La radiazione solare è l'energia emessa dal Sole, che viene inviata in tutte le direzioni attraverso lo spazio sotto forma di onde elettromagnetiche e da essa dipende la vita sulla Terra. Oltre a determinare le dinamiche e le tendenze atmosferiche e climatologiche, rende possibile, tra gli altri processi, la fotosintesi delle piante.

    Il nostro sole, una gigantesca sfera di gas, tra il 99,8 e il 99,9% costituisce la maggior parte della massa del sistema solare, il resto è diviso tra i pianeti e i loro satelliti, le comete, gli asteroidi, la polvere e il gas che circondano la nostra stella ed è formato da gas ionizzato noto come plasma (materia surriscaldata), ed è questa energia che riscalda la Terra. Senza la radiazione solare non ci sarebbe appunto vita sulla Terra; inoltre, attualmente, ci consente di produrre energia fotovoltaica, fondamentale nella lotta al cambiamento climatico. Tuttavia, può anche essere dannosa per la salute umana, ad esempio a causa dei suoi effetti sulla nostra pelle, effetti che negli ultimi anni sono diventati più pericolosi a causa dell'effetto serra, che influenza anche l'aumento delle temperature sul nostro pianeta.

    LA TERRA È NELLA ZONA DEI RICCIOLI D'ORO

    Gli scienziati affermano che la Terra si trova nella zona cosiddetta "Riccioli d'oro", ne abbiamo già accennato qui. E, poiché il nostro pianeta riceve una buona parte dei raggi solari, può sostenere la vita nella cosiddetta “zona abitabile” in cui può esistere acqua liquida. Questa zona può sostenere la vita in quanto le condizioni, al momento, sono perfette, né troppo calde né troppo fredde, così come nel caso della Terra.

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    La scienza si pone spesso alcune domande: È possibile "terraformare" il pianeta Marte? La sua orbita, ad esempio, cade in questa zona dei Riccioli d'oro, ma Marte attualmente non ha acqua liquida sulla sua superficie. Sebbene l’attuale atmosfera marziana sia costituita principalmente da anidride carbonica, è troppo sottile e fredda per supportare l’acqua liquida, un ingrediente essenziale per la vita. Su Marte, la pressione dell'atmosfera è inferiore all'1% della pressione dell'atmosfera terrestre. Qualsiasi acqua liquida sulla superficie evaporerebbe o congelerebbe molto rapidamente. La Terra, pertanto, è l’unico pianeta del nostro sistema solare ad avere acqua liquida in superficie. Anche se oggi Marte non ha acqua liquida in superficie, in passato ne aveva, quando la pressione atmosferica era molto più alta. Ma Marte è così sterile nonostante si trovi nella zona dei Riccioli d'oro.

    Poiché un tempo Marte era così simile alla Terra, è considerata la migliore opzione per la "terraformazione". Ma solo perché la zona dei Riccioli d’oro è la migliore per sostenere l’acqua liquida superficiale non significa che i corpi celesti al di fuori di questa zona non possano essere "terraformati" per ospitare acqua liquida sulle loro superfici. La Terra è l'unico pianeta del sistema solare con una quantità significativa di ossigeno nella sua atmosfera e uno strato protettivo di ozono (O3). Questo strato aiuta a proteggere il nostro pianeta dalle dannose radiazioni UV. L'atmosfera terrestre assorbe anche tutti i raggi X e i raggi gamma che il Sole ci spara costantemente e le sue molecole assorbono i fotoni ad alta energia impedendo che qualcuno raggiunga la terra. Pertanto, se vogliamo osservare gli oggetti cosmici che emettono in queste lunghezze d'onda, dobbiamo posizionare i nostri telescopi e rilevatori sopra gran parte dell'atmosfera terrestre. La prima missione per lo studio dei raggi X è stata lanciata il 30 aprile 1996 da Cape Canaveral, mentre il primo telescopio per lo studio dei raggi gamma è stato portato in orbita sul satellite Explorer 11 nel 1961. Un'altra cosa che ha reso possibile la vita sulla Terra è il fatto che è geologicamente attiva. Tutti i mondi terrestri (Mercurio, Venere, Terra e Marte) sono cambiati sin dalla loro nascita, ma la Terra è unica nella misura in cui continua a cambiare oggi.


    LA TERRAFORMAZIONE

    Elon Musk, a detta di qualche fonte che lo definisce un pazzo, per altri non lo è per aver iniziato così presto ad affrontare il progetto della terraformazione. Non sono in pochi a definire brillante questo progetto visionario, nel dare all’umanità una chance su un problema estremamente difficile. Musk, che è l'amministratore delegato di SpaceX, ha ampiamente dichiarato che intende utilizzare le risorse naturali di Marte per trasformare la sua atmosfera, modificando il pianeta in un luogo più caldo e umido come la Terra. Questo processo, chiamato appunto terraformazione, si basa sulla premessa che Marte abbia abbastanza anidride carbonica (CO2) per farlo. Musk ha fondato SpaceX nel 2002 con l'obiettivo di ridurre i costi di trasporto e colonizzare Marte. Musk ritiene appunto che rendere la vita multi-planetaria faciliterà l'esistenza su una Terra sovraffollata.

    Il volo inaugurale del veicolo Starship, avvenuto in aprile ‘23, si è concluso in modo "spettacolare" quando ha perso il controllo ed è esploso quattro minuti dopo aver lasciato il suolo in Texas. Secondo l’azienda di Elon Musk il volo è stato comunque un successo e un passo avanti nel progetto: l’astronave ha raggiunto un’altezza di circa 150 chilometri, coprendo metà del percorso previsto dal test. Da allora, gli ingegneri della società SpaceX hanno apportato molte modifiche ai sistemi di Starship per cercare di rendere il veicolo più affidabile.

    Sabato 18 novembre scorso si è verificato il secondo test del veicolo spaziale che ha raggiunto un'altitudine di circa 144,841 km sopra la Terra prima che perdesse il contatto, potenzialmente a causa di una detonazione (autodistruzione) automatizzata. Il razzo ha superato la piattaforma di lancio e si è separato dal suo booster, superando il primo tentativo. Ma pochi minuti dopo, i controllori hanno perso il contatto con il veicolo, presumibilmente a causa di un problema a bordo che ha attivato il sistema di autodistruzione dello Starship. I detriti del razzo alto 120 metri sono caduti nel Golfo del Messico. Nonostante il fallimento, il volo di circa otto minuti è durato il doppio del test di aprile. Con un'altezza di quasi 121 metri, Starship è il razzo più grande e potente mai costruito, con l'obiettivo di traghettare le persone sulla Luna e su Marte. Un inciso: E come dargli torto a questo testardo e grande visionario? Comunque, se vi fa piacere, di questo argomento, la terraformazione, potremmo discuterne successivamente.

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    I NOSTRI PRIMI OCEANI

    Il nostro primo oceano si è formato nel corso di lunghi periodi di tempo. L'acqua rimase allo stato gassoso finché la Terra non si raffreddò al di sotto i 100° C. causando la formazione di una crosta fragile, mentre la gigantesca energia termica che si propagò dall'interno provocò processi dinamici come: la convezione delle rocce del mantello, ovvero il processo di risalita del materiale caldo del mantello e di affondamento del materiale più freddo; la tettonica delle placche che modella le morfologie e gli ambienti globali attraverso il ciclo delle rocce, la formazione delle montagne, il vulcanismo e la distribuzione dei continenti e degli oceani. In questo periodo, circa 3,8 miliardi di anni fa, l’acqua si condensò trasformandosi in pioggia che riempì i bacini che oggi conosciamo come il nostro oceano globale.

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    La maggior parte degli scienziati concorda sul fatto che l'atmosfera e l'oceano si sono immagazzinati gradualmente nel corso di milioni e milioni di anni con il continuo "degassamento" dell'interno della Terra. Secondo questa teoria, l'oceano si formò dalla fuoriuscita di vapore acqueo e altri gas dalle rocce fuse della Terra nell'atmosfera che circondavano il pianeta in via di raffreddamento. Dopo che la superficie terrestre si raffreddò, appunto, ad una temperatura inferiore al punto di ebollizione dell'acqua, la pioggia cominciò a cadere per secoli. Quando l'acqua defluì nelle grandi cavità della superficie terrestre, avvenne la formazione dell'oceano primordiale. Le forze di gravità impedirono all'acqua di lasciare il pianeta.

    Le acque primordiali figurano fortemente nei miti della creazione provenienti da tutti gli angoli del mondo. Le acque parlano della metafora più ampia della creazione come nascita. Siamo tutti nati dalle acque materne e quindi, nella mitologia della creazione, i mondi nascono tipicamente dalle acque. All'inizio, quando Dio creò i cieli e la Terra, questa era un vuoto informe e le tenebre coprivano la faccia dell'abisso, mentre un vento creato da Dio spazzava la superficie delle acque. Allora Dio disse: "Sia la luce", e la luce fu. E Dio vide che la luce era buona; e separò la luce dalle tenebre chiamando la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina, il primo giorno (Libro della Genesi 1.2.3.5)

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    LA TERRA NON È UNA SFERA PERFETTA, MA NON È PIATTA

    La Terra ha una forma di un ellissoide. Mentre ruota attorno al proprio asse, si appiattisce ai poli e si allarga all’equatore. Sir Isaac Newton propose che la forza centrifuga provocasse un rigonfiamento del pianeta all'equatore e uno schiacciamento ai poli. Ma non è neanche lontanamente piatta. Comunque, non è solo la rotazione che provoca l'appiattimento della Terra ai poli, ma anche l'attrazione gravitazionale della Luna, poiché essendo vicina alla Terra, “allunga” il pianeta verso cui è rivolta.

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    LA TERRA SI SALVERÀ DALL’AVIDITÀ UMANA?

    Abbiamo danneggiato seriamente Madre Natura a causa della nostra propensione ad accumulare ricchezza per vivere una vita materialistica. Tagliamo le nostre foreste per nutrire la nostra avidità. Gli alberi vengono abbattuti per essere trasportati e venduti per profitti osceni, nelle foreste che rendono il suolo più vulnerabile all’erosione. L'avidità dell'uomo lo porta a comprare quante cose vuole, il che aumenta lo spreco e lo sfruttamento della Terra. Il nostro pianeta può degradare parte del materiale di scarto biodegradabile, ma quando si tratta di rifiuti non biodegradabili, tossici ed elettronici non può farlo. Anche la Terra stessa ne è colpita.

    "Ce n'è abbastanza per i bisogni di tutti e non per l'avidità di tutti". Il Mahatma Gandhi ha affermato che: "Madre Natura ha fornito risorse sufficienti per tutti, ma le persone, a causa della loro natura avida, cercano di trattenere molto di più di quanto è necessario per se stesse, creando disparità socio-economiche". Voleva anche dire che se le risorse fossero condivise equamente, nessuna persona soffrirebbe la fame o la sete.

    È POSSIBILE SANARE I DANNI CHE ABBIAMO GIÀ ARRECATO ALLA TERRA?

    A volte può sembrare che gli esseri umani abbiano alterato la Terra in modo irreparabile. Ma il nostro pianeta è un sistema incredibile in cui energia, acqua, carbonio e molto altro fluiscono e alimentano la vita. In alcuni momenti della storia della Terra, gli incendi hanno bruciato vaste aree, in altri, gran parte era ricoperta di ghiaccio. Ci sono state anche estinzioni di massa che hanno spazzato via quasi ogni essere vivente sulla sua superficie. Il clima della Terra è variato da periodi estremamente caldi senza calotte polari a fasi in cui gran parte del pianeta era ghiacciato; ma, il nostro pianeta vivente è incredibilmente resistente e può guarire sé stesso nel tempo. Il problema è che i suoi sistemi di autoguarigione sono molto, molto lenti. La Terra andrà bene, ma i problemi degli esseri umani sono più immediati.

    Le persone hanno danneggiato i sistemi che ci sostengono in molti modi. Abbiamo inquinato l’aria e l’acqua, sparso plastica e altri rifiuti sulla Terra, negli oceani e nei fiumi e distrutto gli habitat di piante e animali. Ma sappiamo come aiutare i processi naturali a ripulire molti di questi disordini. E ci sono stati molti progressi da quando le persone hanno iniziato a rendersi conto di questi problemi 50 anni fa. Ci sono però ancora problemi da risolvere come alcuni inquinanti e la plastica che durano migliaia di anni, quindi è molto meglio smettere di rilasciarli piuttosto che cercare di raccoglierli in seguito. E l’estinzione è permanente, l’inquinamento da plastica negli oceani è destinato a quadruplicare entro il 2050 e la quantità di microplastiche nei mari potrebbe essere 50 volte superiore. L’inquinamento causato dalla plastica sta spingendo alcune specie sull’orlo dell’estinzione.

    Un ecosistema è l'equilibrio naturale tra organismi, piante e animali in un luogo particolare. A volte si verificano eventi che fanno sì che un ecosistema non sia più in equilibrio. Alcune specie di fauna selvatica dipendono da particolari specie di piante, insetti e organismi per la sopravvivenza. Anche un piccolo pezzo di foresta può avere un proprio ecosistema completo. Così possono essere un ruscello, uno stagno, un lago e un mare. In ogni dato paesaggio possono esserci numerosi ecosistemi. Questa è quella che viene chiamata biodiversità. Mai prima d’ora la biodiversità si è trovata ad affrontare forze così distruttive come negli ultimi tempi derivanti dalle attività umane. Quasi la metà di ciò che ha impiegato milioni di anni per prendere forma ed evolversi è stato distrutto dall’uomo in brevissimo tempo. L’inquinamento provocato dall’uomo è una delle principali minacce all’habitat della fauna selvatica. Gli esseri umani hanno considerato l’aria, l’acqua e il suolo come contenitori di rifiuti, prestando poca considerazione alle conseguenze ecologiche dell’inquinamento. Le popolazioni selvatiche sono costantemente confrontate con una vasta gamma di sostanze inquinanti rilasciate nell’ambiente. Quindi l’unico modo efficace per ridurli è prestare maggiore attenzione alla protezione degli animali, delle piante e delle altre specie.

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    INVERTIRE IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

    Il danno più grave che l’uomo sta arrecando alla Terra deriva principalmente dalla combustione di carbone, petrolio e gas, che sta riscaldando drammaticamente il clima. Bruciare questi combustibili a base di carbonio sta cambiando la chimica e la fisica fondamentali dell’aria e degli oceani. Ogni pezzo di carbone o litro di benzina che viene bruciato rilascia anidride carbonica nell'atmosfera un gas serra che intrappola il calore nella nostra atmosfera, causando il riscaldamento globale. Ovviamente la superficie terrestre si riscalda, provocando appunto inondazioni, incendi e siccità.

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    LE BARRIERE CORALLINE COME PUNTI CALDI DELLA BIODIVERSITÀ

    Per la vita oceanica - comprese piante marine, pesci, rettili e mammiferi, habitat, riproduzione e le loro difese - le barriere coralline sono punti caldi di biodiversità. Sorprendentemente, circa 1/4 delle specie marine risiedono nelle barriere coralline. Sono come le foreste pluviali degli oceani. Da un punto di vista ambientale, c'è stata una corsa per proteggerli. Non solo la pesca eccessiva minaccia la salute delle barriere coralline, ma lo stress derivante dall’aumento delle temperature, l’acidità appunto degli oceani e persino le creme solari possono danneggiare le barriere coralline. Gli scienziati sostengono che le barriere coralline rischiano l’estinzione entro 50 anni. Quindi i riflettori sono puntati sulle barriere coralline. Ad esempio, il reimpianto è solo uno dei modi in cui gli scienziati stanno ripristinando questi punti caldi della biodiversità sottomarina. Il cambiamento climatico è un problema che peggiorerà fino a quando gli esseri umani non smetteranno di aggravarlo. Un ecosistema è l'equilibrio naturale tra organismi, piante e animali in un luogo particolare. Alcune specie di fauna selvatica dipendono da particolari specie di piante, insetti e organismi per la sopravvivenza. Anche un piccolo pezzo di foresta può avere un proprio ecosistema completo. Così possono essere un ruscello, uno stagno, un lago ed un mare. In ogni dato paesaggio possono esserci numerosi ecosistemi. Questa è quella che viene chiamata appunto biodiversità.

    Mai prima d’ora la biodiversità si è trovata ad affrontare forze così distruttive come negli ultimi tempi derivanti dalle attività umane. Quasi la metà di ciò che ha impiegato milioni di anni per prendere forma ed evolversi è stato distrutto dall’uomo in brevissimo tempo. L’inquinamento provocato dall’uomo è una delle principali minacce all’habitat della fauna selvatica. Gli esseri umani hanno considerato l’aria, l’acqua e il suolo come contenitori di rifiuti, prestando poca considerazione alle conseguenze ecologiche dell’inquinamento. Le popolazioni selvatiche devono costantemente fare i conti con una vasta gamma di sostanze inquinanti rilasciate nell’ambiente. – e poi ci vorranno molti secoli prima che il clima ritorni a quello che era prima della rivoluzione industriale, quando le azioni umane iniziarono ad alterarlo su larga scala. L’unico modo per evitare di peggiorare le cose è smettere di dare fuoco al carbonio. Ciò significa che le società devono lavorare duro per costruire un sistema energetico che possa aiutare tutti a vivere bene smettendo di bruciare le cose. La buona notizia è che sappiamo come produrre energia senza rilasciare anidride carbonica e altri tipi di inquinamento. L’elettricità prodotta dall’energia solare, eolica e geotermica è oggi l’energia più economica della storia. Ripulire la fornitura elettrica globale e poi elettrificare tutto può impedire molto rapidamente il peggioramento dell’inquinamento da carbonio.

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    Ciò richiederà auto e treni elettrici, riscaldamento e cucina elettrici e fabbriche elettriche. Avremo bisogno anche di nuovi tipi di sistemi di trasmissione e stoccaggio per trasportare tutta l’elettricità pulita da dove viene prodotta a dove viene utilizzata. Il resto del disordine del carbonio può essere ripulito attraverso una migliore gestione agricola e forestale che immagazzini il carbonio nel terreno e nelle piante invece di rilasciarlo nell’atmosfera. Anche questo è un problema che gli scienziati sanno come risolvere. La Terra guarirà sicuramente, ma potrebbe volerci molto tempo. Il modo migliore per iniziare è che ognuno faccia la propria parte per evitare di aggravare il danno.

    DIO PERMETTEREBBE AGLI ESSERI UMANI DI DISTRUGGERE LA TERRA?

    Perché Dio permette terremoti, tornado, uragani, tsunami, tifoni, cicloni, frane, incendi e altri disastri naturali? Tragedie come il terremoto del 2023 in Turchia e Siria inducono molte persone a mettere in dubbio la bontà di Dio. È angosciante che i disastri naturali siano spesso definiti “atti di Dio” mentre a Dio non viene dato alcun “credito” per anni, decenni o addirittura secoli di clima pacifico. Dio creò l'intero universo e le leggi della natura [Genesi 1:1]. La maggior parte dei disastri naturali sono il risultato di queste sistema in atto. Uragani, tifoni e tornado sono il risultato della collisione di modelli meteorologici divergenti, ovvero quando si verifica che un vento più forte si allontana da un vento più debole o quando le correnti d'aria si muovono in direzioni opposte. Quando si verifica una divergenza nei livelli superiori dell’atmosfera, l’aria sale. I terremoti sono il risultato dello spostamento della struttura delle placche terrestri. Uno tsunami è causato da un terremoto sottomarino.

    Negare l'esistenza del riscaldamento globale citando le scritture bibliche secondo cui Dio non permetterebbe che la terra fosse distrutta è il tipico concetto dei negazionisti “credenti”. Nello specifico: “Ed egli manderà i suoi angeli con un forte squillo di tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un'estremità all'altra dei cieli. La terra finirà solo quando Dio dichiarerà che il suo tempo è finito. L'uomo non distruggerà questa Terra. Questa Terra non sarà distrutta da un diluvio”[Dal vangelo di Matteo 24, 1-51]. Esiste però un consenso scientifico schiacciante di scienziati più o meno credenti, sul fatto che, nel perseguire una crescita incessante, l’uomo sta davvero distruggendo la Terra. Il problema è che diventerà dolorosamente evidente solo quando sarà ormai irreparabile.

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    Scienza e religione sono due facce dello stesso profondo impulso umano a comprendere il mondo, a conoscere il nostro posto in esso ed a sbigottirsi della meravigliosa vita che si svolge nel cosmo infinito da cui siamo circondati. Manteniamoli così e non lasciamo che i due dogmi, che possono essere considerati complementari, tentino di usurpare l’uno il ruolo dell'altro.

    Se questa lettura è stata di tuo gradimento continua a seguirci qui troverai elencati tutti i miei post. Tra gli argomenti: il nostro pianeta, mare, natura, cambiamento climatico, biodiversità e tanto altro. Come si evince dalle nostre "Statistiche", con oltre 6.000 articoli e commenti!

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    Stare vicino al mare può renderci veramente più calmi e creativi? La teoria della 'Mente Blu' è un concetto reso popolare dallo scrittore e ricercatore Wallace J. Nichols nel suo libro 'Blue Mind' del 2014. Perché la Natura è così seducente nelle menti ingombre di pensieri?


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    Nella famosa “teoria della mente blu” Wallace J. Nichols, biologo marino e autore del libro "Blue Mind" pubblicato per la prima volta il 10 giugno 2014, ritiene che tutti noi abbiamo un rapporto particolare con il colore blu. L’autore descrive in dettaglio come la mente entra in uno stato meditativo quando si è vicini, dentro, sott'acqua o sull'acqua, soffermandosi sugli straordinari effetti dell’acqua sulla nostra salute e sul nostro benessere. Blue Mind è diventato da allora un importante fondamento per le informazioni disponibili sul modo in cui gli esseri umani interagiscono con l’acqua a livello psicologico. È stato un passo fondamentale per comprendere il motivo per cui molti di noi si sentono istintivamente più calmi quando si trovano in prossimità della "materia blu", una teoria che Nichols da allora ha coniato appunto "mente blu".

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    Le nostre vacanze sulla spiaggia, i nostri sport acquatici come le immersioni subacquee, il surf, il nuoto la vela e la ricerca di un affitto o l’acquisto di una casa vicino al mare attorno alla vicinanza all’acqua, è tanto dire. La nostra affinità con l’acqua si riflette anche nell’attrazione quasi universale per il colore blu. Siamo naturalmente attratti dalle tonalità marine dove vivono animali e piante e, dove la vita ha avuto origine. Le persone associano questo colore a proprietà come calma, apertura, profondità e saggezza.

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    TEORIA DELLA MENTE BLU

    Abbiamo una "mente blu"ed è perfettamente confacente per renderci felici in tutti i modi che vanno ben oltre il semplice relax tra le onde, l'ascolto del mormorio di un ruscello o il galleggiamento tranquillo in una piscina. La pressione sanguigna e i battiti del cuore si abbassano, la nostra concentrazione aumenta e il nostro umore migliora. Ciò fornisce un contesto per ambienti più sicuri e migliori in cui lavorare ed esercitarsi e sono solo alcuni dei concetti fondamentali di Nichols. Tuttavia, descrive anche come serva da antidoto alla, come lui la definisce "mente rossa", uno stato di ansia e sovraccarico sensoriale e alla "mente grigia", una sensazione di distacco, insoddisfazione e ad un completo rilassamento muscolare e una totale scomparsa della sensibilità.

    Wallace J. Nichols, nel suo libro, si intrattiene sugli straordinari effetti dell'acqua sulla nostra salute e sul nostro benessere. Perché siamo attratti dal mare ogni estate? Perché stare vicino all’acqua mette a proprio agio la nostra mente e il nostro corpo? A queste domande l’autore rivela la straordinaria verità sui benefici di trovarsi dentro, sopra, sott'acqua o semplicemente vicino all'acqua. Blue Mind non solo illustra l'importanza fondamentale della nostra interconnessione con l'acqua, ma fornisce una intenzione che cambia paradigma per una vita migliore sulla “biglia blu”, o Blue Marble - così chiamata in seguito ad una fotografia della Terra scattata il 7 dicembre 1972 dall’equipaggio dell’Apollo 17 ad una distanza di circa 45000 km – e che, in fin dei conti, chiamiamo casa.

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    Così Wallace J. Nichols descrive la ‘biglia blu’: “Remember, the ocean isn’t an issue or a cause, it’s the basis of all life here on this little blue marble we call home”, (Ricorda, l'oceano non è un problema o una causa, è la base di tutta la vita qui su questa piccola biglia blu che chiamiamo casa). Stare vicino all'acqua dà al nostro cervello e ai nostri sensi un periodo di riposo dagli eccessivi stimoli del nostro quotidiano vivere.

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    Il suono intorno a noi, nel nostro vivere quotidiano, dal punto di vista uditivo non è tranquillo, ma il suono dell'acqua è molto più semplice del suono delle voci, del suono della musica o del suono di una città. E le informazioni visive sono semplificate quando, ad esempio, ci si trova nei pressi di una spiaggia e si guarda l'orizzonte, rispetto alla stanza in cui siamo seduti in questo momento, o nel luogo dove stiamo raccogliendo milioni di informazioni ogni secondo davanti al computer.

    Di continuo, secondo Wallace J. Nichols:"Quando siamo vicini, sopra, dentro o sott'acqua, abbiamo una pausa cognitiva perché semplicemente arrivano meno informazioni. Il nostro cervello non si spegne: continua a funzionare, ma in un modo diverso. Quando si ha questo nello spazio ‘blu’ semplificato e più silenzioso, il nostro cervello migliora in un diverso insieme di processi. Non è una coincidenza, quindi, che molti dei momenti più romantici della vita si svolgano in riva all'acqua: fidanzamenti, matrimoni e lune di miele si svolgono prevalentemente in luoghi in riva al mare”.

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    L'ESERCIZIO FISICO IN ACQUA FA BENE AL NOSTRO CORPO E AL NOSTRO CERVELLO

    L’esercizio fisico, in qualsiasi contesto, può migliorare la nostra salute fisica e mentale a diversi livelli e può essere un ottimo modo per ridurre lo stress. Ma si potrebbero ottenere ancora più benefici dalla nostra attività abbandonando la palestra e facendo invece una corsa in riva al mare o una nuotata.

    Sappiamo che l'acqua, essendo circondati dallo spazio blu, ci aiuta a rilassarci, e sappiamo che l'esercizio fisico fa bene al nostro corpo e al nostro cervello. Se qualcuno sta riscontrando una serie di problemi, la riduzione dello stress con il movimento possono aiutarli, remare su una barca è una buona aggiunta. Stare all'aperto vicino al mare o ci si allena ci darà potenzialmente una spinta mentale maggiore rispetto all'allenamento in una palestra affollata e frenetica con la TV davanti e le persone tutt'intorno.

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    Gli esseri umani non sono destinati ad essere sedentari, ma il nostro mondo moderno è strutturato in modo tale da incoraggiarci a sederci e a rimanere fermi più di quanto siamo attivi. Ciò può causare problemi con depressione, ansia e gestione dello stress. L’esercizio rilascia fattori neurotrofici chiamati endorfine, sostanze chimiche prodotte dal cervello dotate di una potente attività analgesica ed eccitante che aiutano a contrastare questi problemi. Per non dire che le condizioni di salute mentale non richiedano altre forme di trattamento, ma il nuoto può aiutare a gestire tali condizioni.

    L'ATTIVITÀ AEROBICA PUÒ CURARE IL CERVELLO

    Uno stress significativo, danneggia inevitabilmente il cervello e questo assume la forma di neuroni persi, le unità cellulari che costituisce il tessuto nervoso. Tuttavia, l’attività aerobica promuove lo sviluppo di nuovi neuroni nel cervello, in particolare quelli nella regione dell’ippocampo la preziosa struttura cerebrale, che contribuisce alla memoria a breve e a lungo termine, alla memoria spaziale e all'orientamento. Ciò probabilmente aumenta l’ossigeno che il cervello riceve quando un individuo è impegnato in un’attività aerobica.

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    Dopo che le acque reflue radioattive, ma trattate e diluite, hanno iniziato ad essere rilasciate vicino alla centrale nucleare di Fukushima, Russia e Cina vietano l'importazione di prodotti ittici.


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    Gli ispettori delle Nazioni Unite dell'IAEA "International Atomic Energy Agency" (Agenzia internazionale per l'energia atomica), di cui fanno parte scienziati provenienti da Cina, Corea del Sud e Canada, giovedì 19 ottobre, vicino alla centrale nucleare di Fukushima, hanno prelevato campioni di pesce in un mercato ittico vicino alla centrale nucleare danneggiata dallo tsunami del 2011, che ha rilasciato liquami in agosto. L’esame è stato effettuato presso l’Istituto di ricerca sull’ecologia marina nella città costiera di Onjuku vicino a Tokyo.

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    Altri ispettori addetti al laboratorio hanno confezionato campioni di pesce per misurare la quantità di cesio, che secondo gli esperti è importante monitorare perché tende a rimanere nei muscoli dei pesci. Il lavoro di campionamento del 16 -23 ottobre sarà seguito da una task force separata dell'IAEA che esaminerà la sicurezza dello scarico dell'acqua. Ma il Giappone stesso afferma che il pesce è sicuro ed è stato confermato subito dopo dagli stessi ispettori.

    La Russia sta limitando le importazioni di prodotti ittici giapponesi come "misura precauzionale" in seguito al rilascio di acqua radioattiva trattata dalla centrale nucleare. Lo hanno dichiarato lunedì 16 ottobre le autorità russe, innescando una forte opposizione da parte di Tokyo. Il Servizio federale russo per la sorveglianza veterinaria e fitosanitaria "Rosselkhoznadzor” ha affermato che la Russia, a partire dal 16 ottobre scorso, ha aderito alle misure restrittive temporanee della Cina riguardanti l'importazione di pesce e altri frutti di mare dal Giappone.

    Lo stesso giorno, il ministero degli Esteri giapponese Yoshimasa Hayashi ha affermato di "chiedere con forza" che la Russia ritiri la restrizione, definendo la decisione "estremamente umiliante" in quanto priva di fondamento scientifico. Il governo russo ha affermato che le misure sono entrate in vigore il 16 ottobre e rimarranno in vigore fino a quando non sarà possibile verificare che i prodotti ittici soddisfino gli standard di sicurezza russi e quelli dell’Eurasian Economic Union(Unione economica eurasiatica), un gruppo di stati post-sovietici.

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    L'organo esecutivo del Ministero dell'Agricoltura russo ha annunciato a settembre che stava valutando la possibilità di implementare le stesse restrizioni della Cina per le preoccupazioni relative alla potenziale contaminazione radioattiva dei frutti di mare giapponesi. Al 22 settembre, secondo le autorità russe, quest’anno il Giappone ha esportato un totale di 118 tonnellate di prodotti ittici in Russia.

    Il governo giapponese ha tenuto una videoconferenza con l’agenzia russa “Rosselkhoznadzor”, all’inizio del mese di ottobre per spiegare i suoi metodi di ispezione e test di sicurezza per le sostanze radioattive incluso il trizio, un isotopo radioattivo dell'idrogeno con periodo di decadimento di 12 anni. L’agenzia russa ha comunque affermato che le restrizioni rimarranno in vigore finché Tokyo non fornirà a Mosca “informazioni complete” che confermino la sicurezza del pesce e dei prodotti ittici giapponesi.

    Paul McGinnity ricercatore dell’IAEA, ha dichiarato che è probabile aspettarsi un piccolo aumento dei livelli di trizio nei campioni di acqua di mare prelevati molto vicino al punto di scarico o livelli molto simili a quelli che sono stai misurati nel 2022. Comunque recenti ricerche hanno indicato che “le conseguenze biologiche del trizio sono probabilmente maggiori di quanto presuppongono gli standard di sicurezza nucleare dominanti”. C'è da aggiungere che il trizio è prodotto anche naturalmente, anche se in minime quantità, nell'alta atmosfera dall'interazione dei raggi cosmici con l'azoto atmosferico, per poi ricadere sul pianeta attraverso le precipitazioni.

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    La Cina ha imposto un divieto generale sulle importazioni di prodotti ittici giapponesi dichiarando che il Giappone sta trattando l’Oceano Pacifico come una fogna privata. Il secondo ciclo di scarichi idrici è iniziato ai primi di ottobre, nonostante le persistenti preoccupazioni dei pescatori locali.

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    Il Giappone afferma che l'acqua è stata filtrata dalla sua speciale tecnologia ALPS di sostanze radioattive, un processo che permetterebbe di rimuovere parte delle sostanze radioattive presenti in essa - tranne il trizio - e diluita con acqua di mare. Però precisa che i test hanno dimostrato che i livelli di trizio rientrano nei limiti di sicurezza.

    Lo sversamento delle acque di Fukushima è realmente pericoloso?
    Un video che probabilmente potrebbe ridimensionare, anche se in parte, il problema.



    PERCHÉ LE PERSONE SONO PREOCCUPATE?

    La pesca, il turismo e l'economia del dopo Fukushima, gravemente colpiti, si stanno ancora riprendendo dal disastro. I gruppi di pescatori temono un ulteriore danno alla reputazione dei loro prodotti ittici. Le catture attuali dei pescatori di Fukushima circa 287.000 abitanti distante circa 60 km di distanza in linea d'aria dal luogo dell'incidente, sono solo circa un quinto del livello precedente al disastro, a causa del calo della popolazione di pescatori e delle minori dimensioni delle catture. Intanto una notizia, secondo un portavoce della “Tokyo Electric Power Company” (Tepco) - la più grande compagnia elettrica del Giappone - e diffusa dall’agenzia di France-Presse di venerdì 27 ottobre 2023, ha precisato che cinque lavoratori mentre stavano pulendo i tubi del sistema di filtraggio delle acque reflue da rilasciare in mare sono rimasti schizzati dopo che un tubo si è staccato accidentalmente.

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    Altri due sono stati contaminati mentre stavano pulendo la fuoriuscita e portati in ospedale. I livelli di radiazioni nei due uomini ricoverati erano pari o superiori a 4 becquerel per centimetro quadrato, la soglia considerata sicura. Il portavoce della Tepco ha affermato che entrambi sarebbero rimasti in ospedale a scopo precauzionale per "circa due settimane" per gli esami di follow-up e che la società avrebbe analizzato come si è verificato l'incidente mentre ha esaminato le misure per evitare che ciò si ripeta. Il becquerel è l’unità di misura del Sistema Internazionale per l’attività di un campione radioattivo: 1 becquerel equivale ad una disintegrazione al secondo.

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    Tepco ha iniziato a pompare più di un milione di tonnellate di acqua in mare il 24 agosto scorso, attirando le critiche della Cina e delle comunità di pescatori locali preoccupate per il danno alla reputazione delle loro catture. L'acqua viene trattata per rimuovere la maggior parte delle sostanze radioattive, ma contiene trizio, che ribadiamo è un isotopo dell'idrogeno, ma c’è da aggiungere, che non può essere facilmente separato dall'acqua.

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    Masanobu Sakamoto, capo della Federazione nazionale delle cooperative di pesca.


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