Profumo di mare: Terra, mare, natura, cambiamento climatico, biodiversità, transizione ecologica

  1. Le piante sono destinate all'estinzione, ma c’è ancora tempo per proteggerle.
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    Nei prossimi decenni la maggior parte delle specie vegetali che si sono evolute per vivere dovranno affrontare un clima che non le sottoporrà allo stesso tipo di stress in cui si sono evolute, ma sarà il cambiamento climatico che potrebbe causare la loro scomparsa con la proliferazione dei parassiti che le uccideranno.


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    È arrivato dunque il momento di evitare questo genocidio della natura, che continua imperterrito, e cercare di identificare le condizioni che causano la morte delle piante. “Ciò ci consentirà di proteggerle meglio scegliendo obiettivi di conservazione in modo più strategico”. È quanto sostengono Leonie Schönbeck, Marc Arteaga, Humera Mirza, Mitchell Coleman, Denise Mitchell, Xinyi Huang, Haile Ortiz, e Louis S. Santiago, botanici della “University of California, Riverside"-UCR-. In un recente articolo del 12 settembre 2023 pubblicato su "Conservation Physiology", con il titolo “Plant physiological indicators for optimizing conservation outcomes” (Indicatori fisiologici delle piante per ottimizzare i risultati di conservazione), gli autori documentano come gli scienziati possono conoscere i limiti oltre i quali le funzioni vitali delle piante si interrompono, sostenendo che non agire è un errore in quest’epoca di crescente siccità ed incendi.

    Louis S. Santiago, coautore dello studio e professore di botanica dell'UCR, dichiara: "Possiamo misurare la quantità di perdita d'acqua che le piante possono tollerare prima che inizino ad appassire, e possiamo conoscere la temperatura alla quale la fotosintesi si ferma per diversi tipi di piante. È molto importante misurare i limiti critici di quando ciò avverrà, e non solo determinare come stanno andando ora. L'avvizzimento, ovvero la perdita di ‘pressione del turgore cellulare’ quando la pianta perde acqua, non è sempre fatale ma è ad un passo verso la sua fine”.

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    Secondo Santiago, tutto è iniziato dopo l'ultima siccità quando si è assistito alla sofferenza delle piante. Giova ricordare che gli scienziati del "Goddard Institute of Space Studies" - l'Istituto Goddard per gli studi spaziali della NASA a New York è dedicato Robert Goddar, uno dei pionieri della missilistica moderna ed uno dei maggiori laboratori che riguardano le scienze dello spazio - hanno accertato che l’estate del 2023 è stata la più calda sulla Terra da quando sono iniziate le registrazioni globali nel 1880. I cambiamenti sono stati più evidenti in tre aree specifiche della Terra, vale a dire il Mediterraneo, il Sud America sud-occidentale e il Nord America occidentale, dove l’aridificazione, il processo a lungo termine anticamera della desertificazione, ha superato l’entità del cambiamento osservato nell’ultimo millennio. Santiago, paragona l’evento a ciò che può succedere ad altri esseri viventi (gli umani), e sostiene l'evento è simile: “Proprio come le persone con una pressione sanguigna estremamente alta potrebbero morire se non riescono ad abbassarla”.

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    Gli studiosi avrebbero voluto fare queste misurazioni per vedere se sarebbe stato possibile prevedere le morie che avevano visto. In generale, secondo gli autori dello studio, si è in grado di individuare le specie rare e più vulnerabili e di concentrarsi su di esse a causa del cambiamento climatico, ma ci vorrà la collaborazione di fisiologi vegetali, biologi ambientalisti, e gestori del territorio. “Lavorando assieme, sostiene Santiago, in modo più intelligente potremo farcela”. Secondo l’Agenzia meteorologica giapponese e del Servizio europeo per i cambiamenti climatici Copernicus, luglio è stato il mese più caldo degli ultimi 120.000 anni, il tutto durante l’estate più calda conosciuta dall’umanità.

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    Il team dell’UCR ritiene che comprendere l’attuale stato fisiologico di una specie di pianta durante lo stress – che molti sperimentano più spesso con temperature più calde e secche in molti luoghi – possa essere molto utile per mostrare quanto alcune piante siano già vicine all’estinzione locale. In combinazione con i dati sui limiti critici, i fondi limitati per la conservazione potrebbero essere spesi in modo ancora più saggio, rivelando i segnali di allarme delle piante prima che diventino visibili. Tuttavia, secondo gli autori, questi limiti critici di stress non vengono spesso presi in considerazione quando si valuta la salute delle popolazioni vegetali, in parte perché questa soglia ancora non esiste per la maggior parte delle specie.

    Estinzioni


    Ad oggi, il grande database delle piante elenca circa 700.000 specie presenti sulla Terra, ma sono solo circa 1.000 quelle di cui si conoscono i limiti. Le piante possono, in alcuni casi, superare i propri limiti per un breve periodo e riprendersi. Ad esempio, le piante d'appartamento appassiscono quando non ricevono abbastanza acqua e si riprendono quando finalmente la ricevono. Tuttavia, se rimangono appassiti troppo a lungo, probabilmente moriranno. Analizzando nello specifico le piante da fiore, i ricercatori affermano che il 45% di tutte le specie conosciute potrebbe essere a rischio di estinzione.

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    Come sostiene ‘Euronews.green’, in un articolo apparso il 10 ottobre scorso, secondo il quinto rapporto "Lo stato delle piante e dei funghi nel mondo" di Kew (Londra), dove si trova il “Kew Gardens” uno dei giardini botanici più belli al mondo, e redatto da aprile a marzo 2023, stima che ci sono circa il 77% delle piante vascolari non rappresentato e il 45% di quelle a fioritura conosciuta che sono in procinto di scomparire. Sulla base di questi risultati, si rende necessario proteggere le aree in cui si trovano queste specie per mantenere la biodiversità delle regioni in cui vivono. Molte di queste regioni sono considerate (hotspot) 'punti caldi' della biodiversità, ovvero delle regioni geografiche con una significativa riserva di biodiversità che sono a rischio a causa dell'attività umana che rappresenta una minaccia per un gran numero di specie. Dal 2016 si sono succeduti cinque rapporti e il nuovo si basa sul lavoro di oltre 200 ricercatori internazionali e su 25 articoli scientifici all’avanguardia che riunisce tutte le ricerche più recenti e delinea le aree in cui permangono lacune critiche in quelle che già si conoscono.

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    L’IMPORTANZA DI DARE UN NOME E DESCRIVERE LE SPECIE

    Tutte le specie finora incontrate devono essere formalmente nominate e descritte. Ma l’enorme numero di nuove piante che vengono ancora scoperti ogni anno – e la duplice crisi della perdita di biodiversità e del cambiamento climatico – significa che preziosi organismi stanno scomparendo. C’è da aggiungere che più di 18.800 nuove specie di piante e funghi, dall’inizio del 2020, sono state denominate dalla scienza.

    Santiago si concentra sulla fisiologia vegetale e sui processi chimici e fisici associati. Tuttavia, negli ultimi anni gran parte dell’attività nel suo laboratorio si è spostata sullo studio dei limiti critici. Per questa pubblicazione, già sopra descritta, lui e i suoi studenti hanno misurato i punti di avvizzimento delle foglie di sei specie di Chapparal - una comunità vegetale speciale di arbusti aromatici semilegnosi e semidecidui resistenti alla siccità della California meridionale, tra cui il Lillà un arbusto del quale si conoscono 30 specie, che può diventare anche un piccolo albero con tronchi alti fino a 4 metri e due tipi di salvia. Il loro lavoro dimostra che esistono molteplici mezzi per ottenere i limiti critici e come le informazioni potrebbero aiutare i risultati di conservazione.

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    Nei prossimi decenni la maggior parte delle specie vegetali dovrà affrontare un clima che non le sottoporrà allo stesso tipo di stress in cui si sono evolute per vivere. Per gli appassionati di piante che desiderano aiutarli a sopravvivere, Santiago consiglia di impegnarsi con le specie vegetali autoctone, grazie alla creazione delle banche dei semi. A livello globale, quasi due specie vegetali su cinque sono a rischio di estinzione, con l’uso del territorio e il cambiamento climatico come fattori principali.

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