Profumo di mare: Terra, mare, natura, cambiamento climatico, biodiversità, transizione ecologica

  1. Pescatori illegali vs pesca virtuosa e sostenibile nel Mediterraneo.
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    Nelle isole Kerkennah, un arcipelago sulla costa orientale della Tunisia, i 15.500 abitanti quasi tutti pescatori non rompono il fragile equilibrio tra uomo e natura praticando la charfia, un tipo di pesca sostenibile.


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    I tradizionali pescatori di charfia (o “charfiya”), una sorta di labirinto fisso costruito sul fondo del mare tradotto letteralmente come “stanza della morte” - costruito allineando migliaia di foglie di palma nel fondale piatto e sabbioso con profondità compresa tra 5 e 15 metri di profondità, a volte meno, nelle isole Kerkennah - stanno lottando per guadagnarsi da vivere poiché la pesca a strascico da parte di pescherecci illegali distrugge habitat marini vitali. Mercoledì 16 settembre 2020, la pesca con la charfia in queste isole - una tecnica di pesca tradizionale e sostenibile che sfrutta passivamente le condizioni idrografiche, il rilievo marino e le risorse naturali in mare e sulla terraferma - è stata classificata iscritta dall'Unesco, nella lista del patrimonio immateriale dell'umanità.

    La charfia circoscrive, grazie a pareti di palme incastrate, un campo triangolare. I pesci, spinti dalla bassa marea, si precipitano nelle camere di cattura e poi nelle reti o nelle trappole. Non possono più uscire a differenza di quelli catturati con reti a strascico che raschiano il fondale, i pesci rimangono vivi e a stomaco vuoto nelle trappole fino a quando non vengono sollevati. Secondo gli usi locali, la charfia viene installata e utilizzata tra l'equinozio d'autunno e il mese di giugno per permettere alla fauna marina di rigenerarsi. Ogni anno, la ricostruzione di questo dispositivo è associata a pratiche sociali, come condividere un pasto o pregare. È quindi un fattore di unità per gli abitanti dell'arcipelago. Questa pesca richiede un'ottima conoscenza della topografia sottomarina e delle correnti marine.

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    La maggior parte dei residenti di Kerkennah impara a pescare fin dalla tenera età dai 7-8 anni. È anche comune che un padre trasmetta questo tipo di pesca al figlio maggiore in modo che la famiglia ne mantenga la proprietà. I centri di formazione professionale forniscono anche l'apprendimento indiretto.

    La particolarità dell'isola di Kerkennah, è quella di essere l'unica eccezione al mondo che dia il diritto di possedere un pezzo del mare. Gli abitanti sono desiderosi di non perdere la loro proprietà marittima vendendo o dividendo l'eredità in modo che rimanga proprietà collettiva della famiglia e non si disintegri, indipendentemente dal numero di proprietari, e i marinai ritengono che preservare le trame marine delimitate dalle fronde di palma consente alla famiglia di ottenere maggiori ritorni finanziari dalla pesca.

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    L’IMPORTANZA DELLE PRATERIE DI POSIDONEA

    La Posidonia Oceanica è una specie di fanerogama marina (tra le piante più evolute del nostro pianeta – note anche come angiosperme marine, anche se spesso sono chiamate erroneamente “alghe”), endemica del Mar Mediterraneo. I suoi semi sono liberamente dispersi e sono conosciuti in Italia come “l'oliva di mare”. È una specie con una presenza particolarmente estesa nel Mediterraneo in generale e sulle coste greche in particolare.

    A Kerkennah le isole sono circondate da una delle praterie di posidonia più estese al mondo che offre un terreno fertile ideale per pesci, polpi e crostacei. La popolazione, 15.500 abitanti, è impiegata nell'industria della pesca, ha imparato a trarre vantaggio dalle risorse del mare, ma questo equilibrio è fragile data la minaccia per l'arcipelago causata dal cambiamento climatico e l'innalzamento delle acque un giorno potrebbero inghiottire queste isole basse.

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    Le praterie di posidonia si trovano intorno a queste isole situate al largo della costa sud-orientale della Tunisia nel Golfo di Gabès – uno dei più importanti vivai di vita marina nel Mar Mediterraneo – sono però sotto assedio dalla pesca illegale. Questa pratica non è solo distruttiva per la natura ma anche per le comunità costiere. Provocando l'erosione costiera, abbassando la qualità dell'acqua e derubando i pescatori di mezzi di sussistenza insostituibili, mina la capacità di comunità già altamente vulnerabile di adattarsi al cambiamento climatico. Il Mar Mediterraneo, che è già pesantemente colpito dalla pesca eccessiva, dal degrado degli habitat, dall'inquinamento, dalle specie aliene invasive, non è immune dagli impatti della pesca a strascico.

    LA PESCA A STRASCICO "KISS" NEL MEDITERRANEO ENTRA IN EUROPA

    Nonostante i progressi compiuti nella creazione di aree protette e altri tipi di chiusure territoriali in cui non dovrebbe essere praticata la pesca a strascico, questa pratica estremamente distruttiva continua anche dove è considerata illegale. L'Atlante online della Med Sea Alliance, che mappa le infrazioni presunte e confermate della pesca a strascico nelle aree in cui è permanentemente vietata per proteggere gli habitat sensibili e gli stock ittici impoveriti lanciato di recente nel 2020, ha registrato prove di casi potenziali e confermati di pesca a strascico nelle aree vietate in tutto il Mediterraneo. Questa pratica conosciuta localmente come “kiss”, in arabo significa “sacco”, che è proliferata nell'ultimo decennio, sta causando la distruzione degli ecosistemi marini e la perdita di mezzi di sussistenza per i pescatori locali.

    Un solo passaggio di questa pesca sul fondo del mare distrugge tutto. Si stima che ci vogliano dai 7,5 ai 15 anni per riprendere lo stato naturale. Il danno a questa vasta zona di riproduzione di alghe non ha solo un impatto sulla vita marina locale, ma ha implicazioni globali. L'erba marina cattura il carbonio fino a 35 volte più velocemente delle foreste pluviali tropicali e, anche se copre solo lo 0,2% del fondale marino, assorbe ogni anno il dieci percento del carbonio dell'oceano, rendendolo uno strumento incredibile nella lotta contro il cambiamento climatico. Le praterie tunisine sono tra le più grandi conosciute e coprono più di 10.000 chilometri quadrati. È stato valutato che circa il 40% della pesca tunisina venga praticata in zone di fanerogame, sempre più spesso con reti a strascico illegali.

    Secondo diverse fonti, la Guardia Costiera Nazionale tunisina è ben consapevole del problema, ma la corruzione è diffusa e, in alcuni casi, gli agenti della Guardia Costiera sarebbero direttamente coinvolti nel commercio illegale di pesce. Le autorità della pesca, che fanno parte del locale Ministero dell'Ambiente, spesso non dispongono delle attrezzature e del personale per far rispettare la legge. La Guardia Costiera deve affrontare altre questioni, come la migrazione verso l'Italia attraverso il Mediterraneo.

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    Poiché la maggior parte del pesce pescato in Tunisia viene esportato, dovrebbe spettare a quei paesi aiutare a regolamentare questo commercio. Circa l'80% si dirige verso l'UE, ma non sono in pochi ad avere atteggiamenti diversi nei confronti dell'applicazione delle norme esistenti. Nel novembre scorso, la EU IUU Coalition, un gruppo di ONG ambientali che comprende la Environmental Justice Foundation , Oceana , la Nature Conservancy, i Pew Charitable Trusts e il WWF, ha pubblicato un rapporto intitolato “Water-tight?”, in cui si rende noto che ciò consente importazioni illegali entrare nell'UE a causa dell'applicazione lassista in alcuni paesi. Sono poche le frontiere rimaste sul nostro pianeta. Forse i più selvaggi e meno compresi sono gli oceani del mondo. Troppo grandi e senza una chiara autorità internazionale, queste immense regioni di acqua purtroppo ospitano criminalità e sfruttamento dilaganti.

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    Ad esempio, l'Italia, uno dei maggiori importatori dell'UE in termini di volume, avrebbe ricevuto più di 96.000 certificati di cattura per importare prodotti ittici da paesi terzi, tra cui la Tunisia, durante il periodo di riferimento 2018-19. Tuttavia, non è stata contestata una sola spedizione. In confronto, nello stesso periodo, il Regno Unito avrebbe ricevuto 54.278 certificati di cattura da paesi extra UE e ha inviato 43 richieste di verifica su documentazione sospetta.

    Nel Regno Unito occorre dimostrare che il pescato è legale e sicuro per il consumo quando si importa pesce. Ma come, quando e perché è necessario un certificato di cattura INN? Un certificato di cattura è un documento che viene fornito alle autorità sanitarie per confermare che la spedizione è legale e sicura da importare. Nel Regno Unito, durante l'importazione, deve essere presentato al “Department for Environment, Food, and Rural Affairs - (DEFRA)" (Dipartimento per l'ambiente, l'alimentazione e gli affari rurali).

    Il motivo per cui l'industria è strettamente regolamentata è perché la pesca illegale ha un effetto devastante sulle comunità, le economie e l'ambiente. Le comunità di pescatori fanno affidamento sul commercio per il reddito e la popolazione ittica deve essere controllata per sostenere i propri mezzi di sussistenza e la fonte di cibo. I certificati di cattura INN sono forniti dall'autorità che controlla l'area o la nave, garantendo che le quote non siano esaurite e che le navi dichiarino i valori corretti per le catture. Essi devono includere il nome della nave, bandiera e numero di licenza, data di cattura, il nome dell'autorità di convalida, descrizione della cattura: specie, codice merceologico, peso netto stimato, e tipo di lavorazione del pesce consentita a bordo.

    LA LOTTA ALLA PESCA (INN) ILLEGALE, NON DICHIARATA E NON REGOLAMENTATA, SI PUÒ E SI DEVE FARE!

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    Comunque, i pescherecci devono essere dotati di dispositivi elettronici, o "scatole blu", che fanno parte del sistema di monitoraggio dei pescherecci via satellite (VMS), uno strumento fondamentale per aiutare i gestori della pesca a conformarsi alle disposizioni di gestione, in particolare quando l'attività di pesca dev’essere limitata in determinate aree o zone. La scatola blu invia regolarmente dati sulla posizione della nave al “Fisheries Monitoring Centre (FMC)” (Centro di monitoraggio della pesca) che indica l'autorità o l'agenzia governativa di uno Stato di bandiera responsabile della gestione del VMS per i suoi pescherecci. Le navi sono inoltre dotate di trasmettitori GPS che tracciano la velocità e la posizione della nave. Il regolamento (CE) n. 1005/2008 e il regolamento sul controllo 1224, adottato nel 2009, hanno lo scopo di garantire che solo i prodotti ittici catturati legalmente da stock sani e gestiti in modo sostenibile raggiungano il mercato unico. Il trasbordo è tipico della pesca INN. I paesi extra UE che non fanno abbastanza per prevenire e scoraggiare la pesca illegale possono essere spinti a fare miglioramenti emettendo loro un ammonimento formale con decisione e introducendo rapidamente misure efficaci. Purtroppo sono pochissimi i paesi che possono permettersi strutture di controllo della pesca efficaci.

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    La pesca INN si verifica ovunque, dalle acque costiere o interne poco profonde fino ai tratti più remoti dell'oceano. Colpisce in particolare le nazioni del sud del mondo dove la gestione della pesca può essere poco sviluppata o dove ci sono risorse limitate per sorvegliare le loro acque o far rispettare le normative. Si stima che l'Africa occidentale e il Pacifico centro-occidentale abbiano i più alti tassi di pesca illegale, seguiti dal Mare di Bering e dall'Atlantico sud-occidentale. Anche nel Mediterraneo, nel Mar Nero e – (se cambia il colore … ) - il Mar Rosso) - non c’è pace ovunque per i pesci e pescatori!

    ACCORDO SUI SUSSIDI ALLA PESCA: PROBLEMI E POSSIBILI SOLUZIONI

    I sussidi dannosi che i governi versano agli operatori della pesca commerciale sono uno dei fattori chiave della pesca eccessiva e, sebbene l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) ha adottato al culmine di oltre 20 anni di negoziati, un tanto atteso accordo sui sussidi alla pesca il 17 giugno del 2022 al termine della sua 12a Conferenza ministeriale (MC12), l'accordo, che deve ancora essere accettato formalmente dai due terzi dei membri dell'OMC prima che possa entrare in vigore. Questi devono depositare i propri “strumenti di accettazione” presso l'OMC. I membri hanno inoltre concordato alla 12a Conferenza ministeriale a Ginevra il 17 giugno di proseguire i negoziati sulle questioni in sospeso, al fine di formulare raccomandazioni da parte della 13a conferenza ministeriale dell'organizzazione (MC13) la settimana del 26 febbraio 2024 a Dhabi, la capitale degli Emirati Arabi Uniti ad Abu Dhabi per elaborare ulteriori disposizioni che rafforzerebbero ulteriormente le discipline dell'accordo e che rappresenterebbe una grande vittoria per tutti coloro i cui i mezzi di sussistenza dipendono dalla pesca.

    Questi dannosi sussidi finanziano, ad esempio, la costruzione di nuovi pescherecci o riducono il costo del carburante. Aumentano la capacità di pesca riducendo i costi, il che aumenta il rischio di pesca eccessiva, praticamente limitano la capacità di una gestione sostenibile delle attività. Molti di questi pescherecci provengono da paesi ricchi ma pescano nelle acque dei paesi più poveri, trasferendo il rischio di pesca eccessiva su quelli che meno se lo possono permettere. Da studi recenti si stima che un terzo delle sovvenzioni fornite dalle più grandi nazioni di pesca sia destinato alla pesca nelle acque di altri paesi.

    GLI SDG DELLE NAZIONI UNITE

    Gli SDG delle Nazioni Unite, sottoscritti il 25 settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite, sono stati istituiti per affrontare molti di questi problemi globali e raggiungere un futuro più sostenibile. Ma, alcuni studi precisano che i sussidi alla pesca renderebbero difficile, se non impossibile, raggiungere gli SDG sulla sostenibilità degli oceani, la povertà e la fame. Obiettivi probabilmente troppo ambiziosi già dalla pubblicazione. Questi gli obiettivi in sintesi:

    - Obiettivo 14: Vita sott’acqua. Conservare e utilizzare in modo sostenibile e durevole gli oceani, i mari e le risorse marine. Entro il 2025, prevenire e ridurre in modo significativo l’inquinamento marino di tutti i tipi. Entro il 2030, aumentare i benefici economici derivanti dall’uso sostenibile delle risorse marine per i piccoli Stati insulari e i paesi meno sviluppati;

    - Obiettivo 1: Porre fine a qualunque povertà nel mondo. Entro il 2030 ridurre almeno della metà la percentuale di uomini, donne e bambini di ogni età che vivono in povertà in tutte le sue forme in base alle definizioni nazionali. Costruire la resilienza dei poveri e di quelli in situazioni vulnerabili e ridurre la loro esposizione e vulnerabilità ad eventi estremi legati al clima e ad altri shock e disastri economici, sociali e ambientali;

    - Obiettivo 2: Porre fine alla fame, migliorare la nutrizione, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare l'alimentazione e promuovere l'agricoltura sostenibile. Entro il 2030 eliminare la fame e assicurare a tutte le persone, in particolare i poveri e le persone in situazioni vulnerabili, tra cui i bambini, l’accesso a un’alimentazione sicura, nutriente e sufficiente per tutto l’anno. Eliminare tutte le forme di malnutrizione, incluso il raggiungimento, entro il 2025, degli obiettivi concordati a livello internazionale sull’arresto della crescita e il deperimento dei bambini sotto i 5 anni di età. Raddoppiare la produttività agricola e il reddito dei produttori di alimenti su piccola scala, in particolare le donne, le popolazioni indigene, le famiglie di agricoltori, pastori e pescatori, anche attraverso l’accesso sicuro e giusto alla terra, ad altre risorse e stimoli produttivi. Garantire sistemi di produzione alimentare sostenibili e applicare pratiche agricole resilienti che aumentino la produttività e la produzione, che aiutino a conservare gli ecosistemi, che rafforzino la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, alle condizioni meteorologiche estreme, alla siccità, alle inondazioni e agli altri disastri, e che migliorino progressivamente il terreno e la qualità del suolo.

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    LE SOVVENZIONI DANNOSE ALLA PESCA PORTANO ALLA PESCA ECCESSIVA E A PRATICHE ILLEGALI

    I sussidi dannosi alla pesca danneggiano gli stock ittici, minano la sostenibilità economica dei piccoli produttori e mettono a repentaglio i mezzi di sussistenza e la sicurezza alimentare delle comunità costiere. Comunque c’è da sottolineare che alcuni sussidi incentrati sulla conservazione possono ancora essere vantaggiosi. Ad esempio, le sovvenzioni possono essere utilizzate per ripristinare gli stock impoveriti rilasciando pesci di allevamento o per finanziare l'adozione di metodi di pesca più favorevoli. Pertanto è fondamentale che i negoziati dell'OMC abbiano successo.

    Secondo uno studio dell'Università della British Columbia, i sussidi dannosi alla pesca stanno inducendo un numero maggiore di pescherecci a cacciare meno pesce, con conseguenti impatti negativi sull'ambiente e sulla società. Lo studio ha quantificato il numero di sussidi che sostengono la pesca in alto mare, acque interne ed estere e ha scoperto che tra il 20% e il 37% dei sussidi ha finanziato la pesca in acque al di fuori delle giurisdizioni della loro nazione d'origine.

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    "I sussidi dannosi spesso portano una flotta peschereccia a poter uscire a pescare anche se [la pesca] non è redditizia", afferma Anna Schuhbauer, autrice dello studio e ricercatrice post-dottorato presso l’Università della Columbia Britannica, Istituto per gli Oceani e la Pesca. “E queste navi possono andare dove vogliono – possono andare in altri paesi, in altre zone economiche. E quindi, eravamo davvero interessati all'impatto di questi sussidi sui paesi in cui queste barche effettivamente pescano", precisa Schuhbauer.

    Secondo lo studio, i sussidi provengono principalmente dalle nazioni sviluppate, ma danneggiano in modo sproporzionato le acque dei paesi in via di sviluppo. Le sovvenzioni possono incoraggiare altresì le capacità di pesca insostenibili, aumentando il rischio di sfruttamento denunciano gli scienziati. Sussidi dannosi possono incoraggiare capacità di pesca insostenibili, aumentando il rischio di sfruttamento,

    L'INTERVENTO DELL'OMC

    L'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) lo scorso anno ha parzialmente vietato le sovvenzioni alla pesca, ma solo per la pesca illegale e per la pesca di stock sovra sfruttati. I membri dell'OMC si incontreranno nuovamente nel febbraio 2025 per negoziare le parti dell'accordo che non sono state incluse, compreso il divieto di tutte le sovvenzioni dannose. Secondo i dati dell'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), gli stock ittici rischiano di crollare in molte parti del mondo a causa dell'eccessivo sfruttamento. Si stima che, al momento, il 34% delle riserve mondiali sia sovra sfruttato rispetto al 10% nel 1974.

    RIFLESSIONE DI: DAVIDE MANCINI, SARA MANISERA E ARIANNA POLETTI
    Chi conosce il mare, come loro, (riferito ai pescatori di Kerkennah ndr) sa che il fragile equilibrio tra uomo e natura si è rotto: Ed è anche per questo, perché non c’è futuro su queste isole, che i nostri giovani partono”. Tratto da (IrpiMedia testata giornalistica non-profit online) “La zona grigia dello strascico: il pesce illegale del Mediterraneo nei supermercati europei”. Entrambi gli autori scrivono su “Journalism Fund Europe", una organizzazione senza scopo di lucro che si dedica alla promozione del giornalismo investigativo e indipendente in tutta Europa con sede a Bruxelles.

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