PROFUMODIMARE: TERRA, MARE, NATURA, CAMBIAMENTO CLIMATICO, BIODIVERSITÀ, TRANSIZIONE ECOLOGICA

Profumo di mare: Terra, mare, natura, cambiamento climatico, biodiversità, transizione ecologica


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DISCUSSIONI RECENTI

 




  1. Le due isole maggiori italiane “sponsor” del G7 Trasporti.

    By Filippo Foti il 2 July 2017
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    Riscoprire il valore sociale delle infrastrutture confrontandosi sul ruolo primario delle opere pubbliche, è stato il tema che è stato proposto e su cui si è discusso durante il summit a Cagliari nelle giornate di mercoledì 21 e giovedì 22 giugno.


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    Lo scopo dell'incontro è stato quello di confrontarsi sul ruolo primario delle opere pubbliche per la mobilità, per contribuire ad uno sviluppo intelligente, sostenibile e non solo economicamente, ma anche sotto l’aspetto ambientale e sociale, avvalendosi delle più moderne tecnologie di trasporto, con una visione di un sistema di verde protetto, sicuro, innovativo e integrato che sostiene il commercio e la crescita economica, un ambiente più pulito e il benessere dei popoli.

    Hanno preso parte al convegno i Ministri dei Trasporti dei paesi del G7: il Canada (con il Ministro dei Trasporti Marc Garneau), Francia (François Poupard), Germania (Ministro Federale dei Trasporti e delle Infrastrutture Digitali Alexander Dobrindt), Giappone con il responsabile dei Trasporti ed il Turismo Keiichi Ishii), Italia (Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio), Regno Unito (Segretario di Stato per i Trasporti Chris Grayling) e Stati Uniti (Segretario di Stato per i Trasporti Elaine Chao). Alla riunione ministeriale ha partecipato anche il Commissario per i Trasporti Violeta Bulc per la Commissione Europea. Molti sono stati gli interventi da parte degli stessi ministri e delegati.

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    A fare gli onori di casa è stato ovviamente il nostro Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio che nel corso della conferenza stampa conclusiva con i giornalisti ha posto l’accento sulle connessioni come condizione per lo sviluppo, dicendosi favorevole a promuovere le risorse private

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    "Abbiamo bisogno, ha dichiarato Delrio, di più connessioni tra noi, perché le connessioni sono l'elemento principale per uno sviluppo durevole e ricco di opportunità anche per le generazioni che verranno": E' questo il messaggio importante che viene fuori dal G7 di Cagliari. La dichiarazione finale dei ministri contiene elementi di presente e di futuro, il presente sono le infrastrutture esistenti e le persone, il futuro è la guida automatizzata che avrà una rapidissima evoluzione.

    Riferendosi alle risorse private ha dichiarato: "Siamo molto soddisfatti, oggi a Cagliari abbiamo preso l'impegno di promuovere infrastrutture sempre più sicure che distribuiscano più opportunità alle persone. Ognuno ha condiviso il ...

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    Last Post by Filippo Foti il 2 July 2017
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  2. Cambiamento climatico tra iniziative reali e utopia.

    By Filippo Foti il 4 July 2017
    +1   -1    0 Comments   90 Views
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    Se l'umanità vuole raccogliere la sfida di affrontare il cambiamento climatico prima che si verifichino conseguenze catastrofiche, deve convincere i propri decisori politici di non perdere più tempo in summit ed agire con urgenza.


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    L'umanità è costretta a porre in atto misure difensive disperate, e per riuscirci si rivelerà necessario un certo ottimismo. E l'ottimismo non è facile da trovare in un pianeta dove si stanno sciogliendo le calotte polari, il livello del mare che aumenta, la siccità, le ondate di calore e il declino della biodiversità.

    Pensando alle terribili conseguenze del cambiamento climatico causato dall’anidride carbonica detta anche CO2 che è responsabile di circa 15 % dell'effetto serra naturale ed interagisce con l'atmosfera per cause naturali e antropiche, del metano e altri vapori invisibili è come pensare alla fine della Terra. Ma ciò, la maggior parte delle persone preferiscono non farlo.

    Ecco perché la reazione comune di parte della scienza assoldata ai poteri forti è pertanto la negazione che è utile quando una realtà sgradevole sfida un radicale cambiamento dello stile di vita.

    Quindi non è sorprendente venire a conoscenza che le grandi compagnie petrolifere, sembrano aver sentito la notizia sui pericoli climatici dai loro scienziati, o disporre addirittura di altri che addirittura non credono al cambiamento climatico per interessi o piaggeria.

    Le peggiori previsioni, prevedono anche fame di massa da carestie, migrazione, come testimoniano i numeri attuali travolgenti in Europa, scarsità d'acqua, e malattie tropicali mortali. Reagendo con la depressione e il ritiro, naturalmente, non fa nulla per affrontare il problema.

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    Per far fronte ai cambiamenti climatici è necessario effettivamente un movimento sociale globale e prendere la questione seriamente giorno dopo giorno e con l'impegno nel lungo termine. La buona notizia è che i movimenti sociali hanno trasformato la società umana prima, e solo questo potrebbe essere considerato un motivo per essere cautamente ottimisti.

    Non è conveniente per i petrolieri o gli scava carbone ammettere il problema, è più facile invece mobilitare forza politica per sopprimere l'idea. Da qui la strano, altrimenti anti-illuminista, spettacolo anti-scientifico di quasi tutti i repubblicani in America che stanno dalla parte del presidente Trump che negano completamente la scienza del cambiamento climatico. Fortuna che qualche religione, leggasi Papa Francesco, e altri leader trattano seriamente il cambiamento climatico.

    Le riflessioni di cui sopra fanno parte di una lettura di “Climate Contracts”, del professore Eric W. Orts...

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    Last Post by Filippo Foti il 4 July 2017
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  3. Smartflower ammicca il sole e produce energia pulita.

    By Filippo Foti il 6 July 2017
    +1   -1    0 Comments   94 Views
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    Lo Smartflower nella strada da percorrere per avere energia pulita e a basso costo imita ciò che in natura fanno le piante attraverso l’eliotropismo.


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    Avete presente i girasoli (Helianthus annuus)? Sono delle piante, come ortaggi e altri fiori, che più di altri, manifestano in modo eclatante il fenomeno dell’eliotropismo, ovvero la loro risposta di orientamento alla fonte di luce o, per meglio dire alla luce del sole.

    Scoperto per la prima volta nel 1832 dal botanico e micologo svizzero Augustin Pyramus de Candolle, l’eliotropismo - chiamato anche fototropismo - è un fenomeno naturale caratteristico delle piante che soprattutto, all'inizio del loro ciclo vitale, hanno bisogno della luce.

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    Lo Smartflower è un nuovo dispositivo fotovoltaico basato su una tecnologia rivoluzionaria che per mezzo delle sue pale (petali) segue appunto il sole. Praticamente lo Smartflower imita ciò che in natura fanno le piante attraverso l’eliotropismo.

    Il nome del Smartflower deriva dalla sua progettazione in quanto le celle solari sono disposte su singoli “petali” che si aprono all'inizio di ogni giornata. Dopo che il sole tramonta i petali si ripiegano e inizia un processo di auto-pulizia da detriti e polvere.

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    Oltre alle celle solari, il sistema Smartflower contiene un dispositivo “inseguitore” a doppio asse che rende possibile per ai suoi “petali” di seguire il sole nel cielo per tutta la giornata. Grazie a questa capacità di monitoraggio, esso è in grado di produrre molta più energia elettrica rispetto ad un sistema di dimensioni analoghe di pannelli solari disposti sul tetto.

    Il rendimento arriva a essere fino al 51 % in più, secondo il sito di Smartflower, dove si apprende che un singolo sistema produce l’equivalente di uno a pannelli da 4 kilowatt. Il costo di modello base è di circa 14.000 euro.

    "Il sistema è dotato di pannelli monocristallini e una connessione con circuito intelligente che ottimizza i moduli solari spaziali, adattandosi alla posizione del sole. L'obiettivo è di avere sempre una posizione ideale per fornire energia pulita in ogni momento", dice Alexander Swatek, CEO e fondatore della società per il portale WhatsNew.

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    Alexander Swatek


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    Last Post by Filippo Foti il 6 July 2017
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  4. La profonda dipendenza dai combustibili fossili minaccia la sopravvivenza della civiltà.

    By Filippo Foti il 14 July 2017
    +1   -1    0 Comments   100 Views
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    Il pensiero dello storico in campo ambientale Jason W. Moore e di Andreas Malm, professore di Geografia Umana presso l'Università Lund in Svezia, contraddicono la "scienza" dell’Antropocene e mettono in risalto il Capitalocene, ovvero quella che chiamiamo "era geologica distruttiva" del "dio denaro".


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    E' più facile immaginare la fine del mondo rispetto alla fine del capitalismo!? Slavoj Žižek



    L’Antropocene, ne scriviamo da tanto su queste pagine, è stato oggetto di un ampio spettro di interpretazioni. Ma uno è dominante, e cioè quello che ci dice che le origini del mondo moderno, si trovano in Inghilterra, proprio dietro l'alba del 19° secolo. La forza motrice dietro a questo cambiamento epocale? In due parole: carbone e vapore e la loro forza trainante. No di classe, no di capitali! Nulla a che vedere con l'imperialismo e nemmeno la cultura. L'umanità come un tutto indifferenziato.

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    Jason W. Moore ha scritto e pubblicato ampiamente sulla storia del capitalismo, storia ambientale, e le connessioni tra il mondo capitalista e l’ecologia e i suoi articoli sono stati premiati dalla Società Americana per la storia ambientale.

    Nel libro “Anthropocene, Capitalocene, and the Origins of Planetary Crisis”, ovvero “Anthropocene, Capitalocene, e le origini della crisi planetaria”, Jason W. Moore che è anche editore, sono inclusi i contributi di vari scienziati e intellettuali, ognuno dei quali da un contributo per cercare di spiegare in che mondo viviamo, ovvero se è l’umanità che sta distruggendo il nostro pianeta, oppure è il capitalismo dei pochi ricchi.

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    Come dalla rappresentazione della copertina del libro “Anthropocene or Capitalocene” i contributi sono di:

    - Christian Parenti ( giornalista americano esperto in cambiamenti climatici);
    - Eileen Crist (docente americana del “Department of Science and Technology in Society at Virginia Tech”, esperta in cambiamenti climatici, crisi biologica ed etica della terra;
    - Andreas Malm Andreas Malm (della Lund University, autore di Fossil Capital: The Rise of Steam Power and the Roots of Global Warming, ovvero “L'ascesa del potere del vapore e le radici del riscaldamento globale”);
    - Donna J. Haraway (importante studiosa americana nel campo delle scienze e degli studi tecnologici);
    - Elmar Altvater (professore universitario presso l'Istituto Otto Suhr di Scienze Politiche presso l'Università libera di Berlino ed esperto di crisi ambientali globali e politiche ambientali, in particolare di politica climatica);...

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    Last Post by Filippo Foti il 14 July 2017
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  5. Decadimento della biodiversità e apocalisse biologica sulla Terra malata terminale.

    By Filippo Foti il 19 July 2017
    +1   -1    0 Comments   59 Views
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    Gli esseri umani stanno causando il cosiddetto “annientamento biologico” della fauna selvatica. Gli uomini che stanno distruggendo la Terra si stanno preparando a garantire alle loro future generazioni lo sbarco su un nuovo pianeta. La sesta estinzione di massa della terra è già in corso!?


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    La Terra nel corso della sua travagliata storia ha già attraversato cinque estinzioni di massa, eliminando un'alta percentuale di vita, ma il sesto evento di estinzione è il primo a essere guidato dall'attività umana e può essere l'ultimo!

    Dietro questa nuova estinzione c’è la sopravvivenza umana e l'avidità di molti popoli alla faccia della diffusa povertà. Detti fattori guida stanno dietro la distruzione delle specie sulla Terra, che hanno un impatto negativo sugli ecosistemi.

    La sesta estinzione di massa della terra è dunque già in corso, il che significa che se non vengono intraprese misure entro i prossimi 20 anni per arrestare “gli attacchi potenti sulla biodiversità”, provocheranno "annientamenti biologici" di migliaia di specie che sono a rischio di scomparire per sempre. Un terzo delle 27.600 specie si sta riducendo in termini di numero e di area territoriale.

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    Lo studio, che coinvolge scienziati sia dell’Università di Stanford che di Città del Messico, ha rilevato che l'attuale tasso di estinzione dei vertebrati durante il secolo scorso è stato due specie all'anno, in confronto con due specie ogni 100 anni negli ultimi due milioni di anni.

    L'avvertimento triste, è stato pubblicato recentemente nel “Proceedings of the National Academy of Sciences”, ed afferma che il tasso della popolazione delle specie diminuisce continuamente e significativamente. Gerardo Ceballos, professore di ecologia presso l'Universidad Nacional Autónoma de México e i suoi co-autori, tra cui il noto biologo Paul E. Ehrlich dell'Università di Stanford, citano infatti nuove prove che le popolazioni di specie che abbiamo pensato essere comuni, stanno ora soffrendo in modo invisibile.

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    Gerardo Ceballos


    I loro risultati fondamentali: quasi un terzo delle 27.600 specie di mammiferi, uccelli, anfibi e rettili che si sono studiati si stanno riducendo in termini di numero e di area territoriale. I ricercatori lo hanno definito come “un alto grado di declino della popolazione".

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    Paul E. Ehrlich


    Gli scienziati hanno anche esaminato un gruppo ben studiato di 177 specie di mammiferi ...

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    Last Post by Filippo Foti il 19 July 2017
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  6. Le città costiere e le piccole isole della Terra scompariranno a causa del cambiamento climatico?

    By Filippo Foti il 26 July 2017
    +1   -1    0 Comments   49 Views
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    Spesso la stampa riporta dettagliatamente notizie sul clima e sulla scienza del clima, dando più spazio alle notizie catastrofiche, ignorando le buone (troppo rare) sul clima e dell’ambiente. Le città costiere e le piccole isole della Terra scompariranno a causa del cambiamento climatico? Vero o falso? Proviamo a sentire più pareri!

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    Senza dubbio, il mare sta salendo: in un rapporto del 2013 {AR5}, il gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ha previsto che i livelli globali del mare saliranno fino a 1 metro entro il 2100. Ma recenti studi geologici suggeriscono che le barriere coralline, a sostegno delle isole sabbiose, cresceranno in tandem con il mare. Le persone che dovranno spostarsi, e lo stanno già facendo, devono farlo per lo stesso motivo di quanto dovranno fare milioni di persone su altri continenti perché vivono troppo vicino alla costa.

    Paul Kench, è un geomorfologo che dirige la Scuola di Ambiente dell'Università di Auckland in Nuova Zelanda e che si occupa di ricerche geomorfologiche della barriera corallina e dei processi costieri, nel 1999 ha ricevuto un incarico dalla World Bank che gli ha chiesto di valutare i costi economici per proteggere i paesi delle isole del Pacifico a causa dell’innalzamento del livello del mare e del cambiamento climatico.

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    Paul Kench


    Kench, che ha già studiato come le isole dell'atollo si evolvono nel tempo, ha affermato che il livello delle acque dell’oceano in aumento avrebbe inghiottito le isole che sono costituite da sabbia arroccata sulle barriere coralline. "Questo è ciò che tutti pensavano, e che nessuno lo ha messo in discussione", ha detto Kench. Malgrado ciò non si riusciva a trovare un solo studio per sostenere tale scenario. Così Kench ha chiesto la collaborazione a Peter Cowell, un geomorfologo dell'Università di Sydney in Australia, per modellare ciò che effettivamente potrebbe accadere.

    Kenck e Cowell hanno scoperto che durante gli eventi di El Niño - il fenomeno climatico che si verifica mediamente ogni cinque anni nei mesi che vanno tra dicembre e gennaio (ma che però oscura le tendenze a lungo termine), si verifica un forte riscaldamento delle acque e si localizza nelle acque dell’Oceano Pacifico al largo dell’America Latina – si verificano delle onde di tempesta che si abbattono sulle sezioni più alte degli atolli. Ma detti frangenti, invece di erodere la terra, aumenterebbero l'elevazione dell'isola depositando sabbia prodotta da coralli rotti, alghe coralline, molluschi e foraminiferi.

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    Kench nota che le barr...

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    Last Post by Filippo Foti il 26 July 2017
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  7. Puntiamo il faro su due dei più belli e storici: il Tourlitis e il Minot's Ledge Light.

    By Filippo Foti il 28 July 2017
    +1   -1    0 Comments   652 Views
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    I fari costieri furono costruiti per la prima volta tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo per avvertire i marinai della presenza di rocce pericolose, barriere coralline e correnti.


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    Risalendo però ai prodromi della storia, i fari prendono il nome dall'isola di Pharos, posta di fronte ad Alessandria d'Egitto, dove già nel III° secolo a.C. fu costruita una torre in cui veniva alimentato costantemente una grande fiamma, che consentiva ai naviganti di evitare la grande palude di Meotide, da identificare coll'attuale Mare d'Azov .

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    L'incantevole piccolo faro di Tourlitis è arroccato su un pezzo di roccia opposto al porto di Chora, sull'isola di Andros. È il primo faro moderno della Grecia e il più pittoresco. Il faro si trova a circa 200 metri dal mare. Una scalinata scavata nelle rocce porta al faro.

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    Il faro di Tourlitis è come una sentinella rocciosa esposta alle imponenti onde del mare. Questo è il primo faro automatico del sistema di illuminazione greca, in quanto il custode del faro in realtà non risiede sul posto. E’ il più suggestivo della Grecia, appollaiato com’è su una roccia e sono in tanti che lo vedono assomiglia alla torre di un mago, come Merlino.

    Costruito nel 1887 sulle falesie rocciose, il faro fu distrutto durante la seconda guerra mondiale, ma restaurato negli anni '90. Una scalinata scavata nelle rocce porta al faro. Come tutti i fari questo guida le navi sicuramente in porto durante la notte o durante una tempesta.

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    Nel 1900, solo negli Stati Uniti, erano stati costruiti quasi 1.000 fari, e oggi, ne esistono quasi 50.000. "I fari servono a ricordare che la nostra nazione è stata costruita sul commercio marittimo", ha detto lo storico dei fari Jeremy D'Entremont. "Senza fari, non avremmo potuto avere il movimento sicuro di quel commercio nei mari e ci ricordano anche i loro custodi e le famiglie che vivevano in questi luoghi nel passato".

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    E mentre i fari hanno aiutato i marinai a navigare sulle coste pericolose durante le tempeste, sono stati anche colpiti dalle forze della natura. "I costruttori hanno fatto del loro meglio per renderli impermeabili al tempo e ai mari, ma a volte le forze erano troppo grandi", ha detto D'Entremont, che ha anche scritto molti libri sui fari di New England . "Alcuni fari, come il Minot's L...

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    Last Post by Filippo Foti il 28 July 2017
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  8. La Zealandia: una terra sotto l'oceano da riscoprire

    By Filippo Foti il 30 July 2017
    +1   -1    0 Comments   61 Views
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    Scienziati da ieri in missione nell'Oceano Pacifico, intorno alla Nuova Zelanda, a bordo di una delle più importanti navi di ricerca scientifica del mondo. Si troveranno a est dell'Australia, per studiare una terra persa sotto le acque e per tentare di capire alcune delle grandi questioni della scienza della terra del ventunesimo secolo.


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    La Joides Resolution, lunga 140 metri, gestita da “International Ocean Discovery Program” (IODP) di 23 nazioni, ha intrapreso ieri la prima di sei spedizioni che la vedranno impegnata per circa 18 mesi e coinvolgerà squadre di scienziati provenienti da tutto il mondo.

    La Zealandia non è una nuova scoperta, infatti, l'idea di un ottavo continente è stata proposta per la prima volta nel 1995 da Bruce Luyendyk, un geofisico professore emerito di scienza della terra dell'Università Santa Barbara in California.

    La nave dei ricercatori, la Joides Resolution, contiene attrezzature di perforazione per aiutare i geologi a rispondere a domande continue riguardanti la Zealandia, tipo come e quando si è formata e cosa è accaduto nel corso del tempo.

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    Zealandia, circa 5 milioni di metri quadrati di dimensioni nell’Oceano Pacifico, almeno 2/3 di dimensioni della vicina Australia - il paese della natura per eccellenza, degli immensi deserti, della Gran Barriera Corallina etc. - è rimasta nascosta sotto il naso di tutti, o più precisamente sotto le onde, per milioni di anni. Ora, gli scienziati stanno iniziando a navigare per fare ricerche e tentare di risolvere finalmente il mistero che avvolge la perdita di questa terra precipitata sotto il mare e che viene considerata come l'ottavo continente del mondo.

    Fu parte dell'Australia fino a circa 75 milioni di anni fa, quando cominciò a rompersi e a muoversi verso nord-est. Quel movimento si è poi arrestato circa 53 milioni di anni fa, e gli scienziati hanno scoperto lentamente questa grande terra, quasi interamente sommersa, negli ultimi due decenni.

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    "È molto lontano da qualsiasi luogo", ha detto Rupert Sutherland, un professore della “Victoria University” di Wellington, che si trova a bordo della Joides Resolution, e che per un mese effettuerà studi in navigazione dall'Australia alla Zealandia, e che ha avuto inizio ieri. "È molto eccitante, questa esplorazione di Zealandia. Abbiamo da studiare un intero continente che non è stato ancora mai esplorato".

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    Gli scienziati che fanno parte della spedizione di perforazioni e car...

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    Last Post by Filippo Foti il 30 July 2017
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