PROFUMODIMARE: TERRA, MARE, NATURA, CAMBIAMENTO CLIMATICO, BIODIVERSITÀ, TRANSIZIONE ECOLOGICA

Profumo di mare: Terra, mare, natura, cambiamento climatico, biodiversità, transizione ecologica


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DISCUSSIONI RECENTI

 




  1. La competizione a conquistare il mare profondo è già avviata, ma gli scienziati sono preoccupati.

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    Mare a 360°
    By Filippo Foti il 1 Sep. 2018
    +1   -1    0 Comments   488 Views
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    Alcuni dei maggiori depositi di zinco, piombo, argento, ferro e rame si trovano nel mezzo del Pacifico. Gli scienziati però sono preoccupati per il danno che potrebbe essere causato ai fondali e ai suoi abitanti durante l'estrazione.


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    Non bastavano le reti a strascico...!


    Noduli polimetallici come questo, scoperti nei fondali marini sin dall'anno 1873 da una spedizione oceanografica, fatti di strati di ferro e manganese, siedono sui fondali profondi. Le compagnie minerarie operanti nelle acque profonde stanno cercando questi noduli da utilizzare nel settore tecnologico, ma gli scienziati sono preoccupati per il danno che potrebbe essere causato ai fondali e ai suoi abitanti durante l'estrazione.

    Il fondo marino della Terra è la dimora di creature ultraterrene che si addicono a un film di fantascienza. Il loro habitat remoto ha catturato l'attenzione degli umani, che si stanno allineando per iniziare a scavare il fondo del profondo mare blu.

    Mentre le moderne tecnologie e infrastrutture guidano la domanda di minerali e le risorse terrestri diventano più difficili da reperire, i materiali nelle profondità oceaniche stanno diventando sempre più attraenti per le attività umane.

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    Un campione naturale di minerale polimetallico. I componenti principali sono zinco, piombo e argento.


    "L'estrazione in acque profonde potrebbe finire per avere l'impronta più grande di ogni singola attività umana sul pianeta, in termini di area di impatto", afferma l'oceanografo dell'Università delle Hawaii Craig Smith.

    Sono già in corso gli scavi in Papua Nuova Guinea e in Giappone che stanno sfruttando i progressi compiuti nei veicoli sottomarini manovrati a distanza, nella robotica e nelle tecnologie. E aziende come la controllata di Lockheed Martin, UK Seabed Resources, sono ansiose di imbarcarsi per la ricerca delle miniere d'alto mare.

    PROTEGGERE GLI ULTIMI LUOGHI SELVAGGI DELL'OCEANO

    Il dr. Enric Sala del National Geographic che vediamo sotto nella foto con Leonardo DiCaprio, sta lavorando per trovare, sondare e proteggere l'ultimo dei mari incontaminati. Nell’oceano Pacifico, esteso 161.800.000 km² si trovano più di 1.609.344 km² di ...

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    Last Post by Filippo Foti il 1 Sep. 2018
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  2. Madre Terra sempre più deficitaria di falde acquifere.

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    Natura
    By Filippo Foti il 4 Sep. 2018
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    Le falde acquifere a secco, sono ormai un un problema di tutto il "locus mundus" sempre più sporco e con i gestori dei servizi idrici che ormai succhiano a dismisura.


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    Le aziende produttrici di acqua in bottiglia stanno esaurendo le falde acquifere in tutto il mondo. Questo è quanto emerge da un recente rapporto a Bloomberg, la multinazionale operativa nel settore dei mass media con sede a New York e filiali in tutto il mondo. Bloomberg ha rivelato che Nestlé, uno dei maggiori produttori mondiali di acqua in bottiglia, con sede a Vevey, in Svizzera, sta sfruttando le aree economicamente depresse con normative sull'acqua che gli consentono di prosciugare le falde acquifere pagando, in cambio, molto poco.

    È stato anche scoperto che l'azienda multinazionale Nestlé estraeva acqua dalle falde acquifere della California colpita dalla siccità, 27 anni dopo la scadenza del suo permesso. L'azienda ha circa 100 fabbriche che imbottigliano acqua in 34 paesi in tutto il mondo e lo ha fatto fin dal 1843.

    L'acqua in bottiglia è un prodotto fondamentale in paesi con scarso accesso all'acqua potabile. Secondo un rapporto congiunto pubblicato dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dall'UNICEF, paesi come il Messico, il Congo, il Pakistan e l'Uganda hanno la qualità dell'acqua più bassa del mondo.

    L'acqua in bottiglia, tuttavia, è anche ampiamente distribuita nei paesi con i più alti livelli di qualità dell'acqua ed è il secondo liquido imbottigliato più popolare, dopo le bevande gassate, con un consumo di 30 litri per persona all'anno.

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    Per soddisfare la domanda, le aziende di acqua in bottiglia devono perforare più in profondità, setacciare le risorse sotterranee pulite. Questo può contaminare ed esaurire acquiferi inestimabili lungo il percorso, ovvero le falde acquifere che forniscono il 35 per cento dell'acqua all'uomo in condizioni normali e fino al 60 % in periodi di siccità.

    Secondo Peter Gleick, l'autore di Bottled and Sold: La storia dietro la nostra ossessione per l'acqua in bottiglia. Il boom dell'industria delle acque in bottiglia nel mondo si è sviluppata in parte dalla profonda paura di bere l'acqua del rubinetto.

    Gleick pensa che l'industria stia sfruttando questa paura per il profitto. Nel 2015, i fornitori di acqua in bottiglia hanno intascato profitti enormi per circa 232 miliardi di dollari, mentre i problemi dell'acqua "potabile&...

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    Last Post by Filippo Foti il 4 Sep. 2018
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  3. Ghost Fishing Foundation e Global Ghost Gear Initiative per ridurre le trappole mortali nei mari.

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    Mare a 360°
    By Filippo Foti il 7 Sep. 2018
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    Squadra internazionale di subacquei in azione in varie parti del pianeta blu per eliminare gli attrezzi da pesca abbandonati in fondo al mare che continuano a intrappolare la fauna marina.


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    Un gruppo di esperti subacquei internazionali si sta adoperando per bonificare le coste di molti Paesi del mondo dalle attrezzature da pesca che minacciano la vita marina. E proprio in questi giorni sono stati impegnati sei subacquei della “Ghost Fishing Foundation”, ai quali si sono aggiunti anche sub della Gesellschaft zur Rettung der Delphine (GRD), la Società per la protezione dei delfini che sta combattendo in tutto il mondo per la sopravvivenza dei delfini selvatici e la protezione dei loro habitat, che hanno pulito, dal 3 al 6 settembre scorso, un tratto di costa che si affaccia sulla spiaggia di Co Galway, una contea situata sulla costa occidentale della Repubblica d'Irlanda, nelle cui acque esiste una ricca biodiversità che ospita 24 specie di balene e delfini.

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    MISSIONE GLOBALE DELLA GHOST FISHING

    Questa organizzazione non profit, guidata da tecnici subacquei, promuove iniziative e avvia interventi per la rimozione di attrezzi da pesca persi nei mari in tutto il mondo, che successivamente vengono riciclati. La Ghost Fishing, mantenendo un flusso costante di informazioni attraverso i social media e il loro sito web, informa un vasto pubblico aumentando la consapevolezza sociale di questo grave insulto al mare che è grave quanto l'inquinamento da plastica.

    IL PROBLEMA

    Ghost Fishing rappresenta una soluzione a ciò che gli attrezzi da pesca fanno quando sono stati persi, scaricati o abbandonati. Reti, palangari, trappole per pesci o qualsiasi altro tipo di marchingegno progettato per catturare pesci o organismi marini, sono considerati capaci della cosiddetta Ghost Fishing, ovvero la "pesca fantasma" quando non presidiati e, senza che nessuno approfitti delle catture, stanno influenzando gli stock ittici commerciali già esauriti. Infatti i pesci catturati muoiono e, a loro volta, attraggono altri pesci “spazzini” che vengono successivamente catturati nella stessa rete, creando così un circolo vizioso.

    Mentre negli ultimi anni l'attenzione si è concentrata sull'impatto della plastica sulla vita nei nostri mari, gli habitat marini sono per lo più minacciati dalle attività di pesca, compresa la “Ghos...

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    Last Post by Filippo Foti il 8 Sep. 2018
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  4. Come gli umani stanno modellando il pianeta. Stage sulla Terra 20 - 23 settembre 2018 a Londra.

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    Natura
    By Filippo Foti il 9 Sep. 2018
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    New Scientist Live è un festival di idee e scoperte per tutti coloro che sono curiosi di conoscere le novità sul nostro Pianeta nel campo scientifico. Per quattro giorni Londra si trasformerà nel luogo più eccitante dell'universo.


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    Per quattro giorni, dal 20 al 23 settembre a Londra, una delle capitali più eccitanti del mondo, si terrà la manifestazione (festival) “New Scientist Live” allo scopo di consentire al pubblico il piacere di esplorare la nostra Terra e la vita che essa contiene. Noi vi anticipiamo qualche notizia, soprattutto in merito alla presunta era geologica: l'Antropocene!

    C'è un accordo scientifico generale sul fatto che l'attività umana sta, di recente ma profondamente, modificando geologicamente il Sistema Terra. Gli umani sono infatti diventati una superpotenza geologica alla pari della tettonica a placche (la teoria che tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta ha spiegato la deriva dei continenti) o dell'impatto di un meteorite. È stato pertanto proposto di fare riferimento al presente, non come l'epoca dell’Olocene, ma come l'epoca dell’antropocene.


    Per alcuni l'Antropocene simboleggia un futuro di controllo superlativo del nostro ambiente. Per altri è l’apice della tracotanza, l'illusione del nostro dominio sulla natura. Qualunque sia il nostro punto di vista di questa strana parola scientifica, l'Antropocene, è un inebriante mix di scienza, filosofia, religione e politica legato alle nostre più profonde paure e visioni utopistiche.

    Tracciando lo sviluppo della società umana attraverso le sue cinque fasi principali e documentando l'aumento drammatico e significativo dell'impatto degli esseri umani sulla Terra, Mark Maslin mostrerà ciò che la nuova epoca significa per il futuro dell'umanità, del pianeta e della vita stessa.

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    Mark Maslin


    Mark Maslin è uno scienziato di primo piano del Sistema Terra presso l'University College di Londra con una particolare esperienza nel cambiamento climatico globale e regionale e ha pubblicato oltre 165 articoli su riviste come Science, Nature, The Lancet e Nature Climate Change. I suoi libri più recenti sono “The Cradle of Humanity” (La culla dell'umanità) e il best seller “The Human Planet” (Il pianeta umano), in collaborazione di Simon Lewis del “Dipartimento di Geografia Uni...

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    Last Post by Filippo Foti il 9 Sep. 2018
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  5. Riscaldamento globale e cambiamento climatico. La drammaticità dell'ignoranza!

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    Cambiamento climatico
    By Filippo Foti il 12 Sep. 2018
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    Nuove ricerche ci aiutano a comprendere la drammaticità del riscaldamento attuale del nostro Pianeta.


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    Intanto facciamo una brevissima precisazione: Il riscaldamento globale e il cambiamento climatico sono due eventi diversi. Il primo si riferisce al recente e continuo aumento della temperatura media globale vicino alla superficie terrestre ed è causato principalmente dalle concentrazioni sempre più crescenti di gas ad effetto serra nell'atmosfera causate dall’uomo con l’eccessivo utilizzo di combustibili fossili come carbone e petrolio, allevamenti intensivi e deforestazioni selvagge, che producono CO2 e metano. Il riscaldamento globale sta causando modelli climatici che cambiano, e in sé rappresenta solo un aspetto del cambiamento climatico.

    Il cambiamento climatico è invece una conseguenza del riscaldamento globale e si riferisce a qualsiasi cambiamento significativo nelle misure del clima che durano per un periodo prolungato nel tempo provocando lo scioglimento dei ghiacciai e il conseguente innalzamento del livello dei mari, l’inaridimento dei terreni (desertificazione dovuto all’evaporazione dell'umidità dei terreni) unitamente alla perdita degli habitat che minaccia la sopravvivenza di numerose specie di animali e vegetali. In altre parole, il cambiamento climatico comprende dunque grandi variazioni di temperatura, precipitazioni, venti e altri effetti, che si verificano nell'arco di diversi decenni o molto più a lungo. Da qui la Conferenza sul clima di Parigi, la COP 21, che non ha prodotto finora nulla di significativo.

    Cinquantasei milioni di anni fa, la Terra ha vissuto un episodio eccezionale di riscaldamento globale. La temperatura media aumentò infatti di cinque-otto gradi in un tempo molto breve su scala geologica (tra 10.000 e 20.000 anni), tornando al suo livello originale poche centinaia di migliaia di anni dopo.

    La ricerca, condotta da Sébastien Castelltort dell'Université de Genève - Ginevra -(UNIGE) che vediamo sotto nella foto di fronte alla parete rocciosa di un conglomerato risalente all’Eocene, vicino a Roda de Isabena, in Spagna, si è basata sull'analisi dei sedimenti provenienti dal versante meridionale dei Pirenei. I ricercatori dell'UNIGE hanno misurato l'impatto di questo riscaldamento sulle inondazioni dei fiumi e sui paesaggi circostanti.
    Le loro conclusioni inquietanti, da scoprire solamente nei rapporti scientifici, mostrano che le conseguenze di tale riscaldamento globale potrebbero essere state molto maggiore di quanto previsto dagli attuali modelli climatici.

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    Last Post by Filippo Foti il 12 Sep. 2018
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  6. Anche le popolazioni indigene del Pianeta battono i pugni al "Global Climate Action Summit 2018".

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    Cambiamento climatico
    By Filippo Foti il 17 Sep. 2018
    +1   -1    0 Comments   199 Views
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    Le popolazioni indigene rappresentano solo il 5% della popolazione mondiale, ma le terre in cui vivono ospitano circa l'80% della biodiversità mondiale e sono molto ricche di risorse naturali.


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    Donne guerriere di Sarayaku: S/D:Osprey Orielle Lake, Patricia Gualingua, Nina Gualingua, amica comune non meglio identificata e Leila Salazar-López.


    Il "Global Climate Action Summit 2018" per l'azione sul clima che si è svolto dal 12 al 14 settembre a San Francisco, nel nord della California, apporta nuove iniziative e ha messo in evidenza un'ondata di azioni per il clima e impegni da parte di regioni, città, imprese, investitori, società civile e persino celebrità ed invitano i governi di tutto il mondo a intensificare i loro sforzi per affrontare i cambiamenti climatici.

    Quest'anno, dunque, il vertice si chiude con più ottimismo che disperazione. Futuro a emissioni zero!?

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    Del summit ne descriveremo successivamente proposte e commenti, in questo post ci occupiamo invece delle popolazioni indigene - e di una in particolare, Sarayaku una piccola comunità in Ecuador - che rappresentano solo il 5% della popolazione mondiale, ma le terre in cui vivono ospitano circa l'80% della biodiversità mondiale e sono molto ricche di risorse naturali.

    KICHWA DI SARAYAKU (ECUADOR) TRA I GUARDIANI DELLE MAGGIORI BIODIVERSITÀ DELLA TERRA.

    Sarayaku è un villaggio indiano situato nella regione amazzonica dell'Ecuador. Ospita circa 1.500 abitanti che hanno conservato uno stile di vita tradizionale basato sulla caccia, la pesca e l'agricoltura.

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    Ragazze di Sarayaku


    Si chiama "Nazione Kichwa di Sarayaku" e il suo popolo vive sulle rive del fiume Bobonaza nella provincia di Pastaza. Il loro territorio ancestrale copre circa 135.000 ettari per i quali sono stati dati atti di proprietà collettiva dal governo dell'Ecuador. Con le foreste situate in Perù, la foresta ecuadoriana è probabilmente la più ricca del mondo in termini di biodiversità vegetale con le sue 10.000 specie vegetali originali. Inoltre ospita una grande diversità in termini di fauna.

    Dagli anni '60 i governi sudamericani, contando sul sostegno della Banca Mondiale e di altri organismi internazionali, hanno...

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    Last Post by Filippo Foti il 17 Sep. 2018
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  7. La stella marina e i racconti di un ragazzo nel mare d'autunno.

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    Mare a 360°
    By Filippo Foti il 20 Sep. 2018
    +1   -1    0 Comments   191 Views
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    La vita marina nel mare d'autunno, riacquista anche se parzialmente il possesso del suo elemento naturale. Breve storia immaginifica di una stella marina.


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    Dopo un'estate rovente che ha fatto registrare temperature da record, tra poco sarà autunno e speriamo che la vita nel mare riprenda più vigore con meno aggressioni di gente "distratta" che ha insultato le dimore degli abitanti del mare, gettando bottiglie di plastica, spazzatura e mozziconi di sigarette nelle acque e sulle spiagge.

    Le spiagge ricominceranno a essere vuote e i primi segnali di raffreddamento del tempo, con venti più freschi e persino qualche goccia di pioggia che sono già evidenti. Una nuova stagione arriverà anche per gli abitanti del mare e sarà il periodo in cui la fauna marina potrà godersi il proprio ambiente naturale e, per alcuni saltare con i loro amici delfini.



    STORIA IMMAGINARIA DI UNA STELLA MARINA SENSIBILE PUR SENZA CERVELLO

    "Puoi sentire l'arrivo dell'autunno!" disse un pesce gatto, agitando la sua pinna dorsale velenosa e con un sorriso a denti stretti, a una stella marina. Uno sgombro se la rideva: "Scommetto che qualcuno ti ha detto che sei bella! Sei davvero vanitosa!

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    Tutta la vita marina sembrava contenta, tutta, tranne quella stella marina, che sembrava un po' triste: "Sentirò ora la mancanza di un bambino", disse.

    La stella marina, non è un pesce, bensì appartiene alla stessa famiglia dei ricci di mare e viene tacciata per non avere un cervello ma un sistema sensoriale complesso e che ha la capacità di pianificare le sue azioni. Ciò nonostante essa aveva i suoi ricordi. Ogni giorno, durante l'estate, un ragazzo si recava sulla spiaggia a trovarla e le raccontava molte storie. Le aveva detto dei posti che frequentava, di come fosse la sua scuola, dei suoi amici e soprattutto di quanto amava studiare la vita nel mare. Senza lasciare lo stesso posto, il fortunato echinoderma per tutta l'estate aveva ascoltato le "storie" di quel ragazzo.

    ...

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    Last Post by Filippo Foti il 20 Sep. 2018
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  8. Salvare i nostri oceani è una delle priorità per il prosieguo della nostra esistenza.

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    Mare a 360°
    By Filippo Foti il 26 Sep. 2018
    +1   -1    0 Comments   147 Views
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    La moderna scienza del mare, impegnata su più fonti a lanciare appelli e promuovere incontri e dibattiti per sostenere la vita del mare, incoraggia il "mondo" a prendere concrete iniziative per salvare gli oceani.


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    L'Università di Newcastle non è nuova a diffondere studi per dare forma a una comprensione globale di come le materie plastiche minacciano i nostri mari. L'anno scorso quell'ateneo, tramite uno studio condotto dal dr. Alan Jamieson, si è occupato di come la plastica ha inquinato anche la Fossa delle Marianne, scoprendo che gli organismi marini, a undici chilometri di profondità ingeriscono frammenti di plastica.

    Anche recentemente Alan Jamieson e i suoi collaboratori hanno scoperto che anche le parti più profonde del nostro pianeta sono inquinate. Animali di sei degli oceani più profondi sulla Terra sono stati trovati con fibre artificiali e plastica nello stomaco. Il team ha testato campioni di crostacei trovati, ad est delle isole Marianne, tra Giappone, Filippine e Nuova Guinea. Il team utilizza "lander" d'alto mare (apparecchiature robotizzate progettate per tollerare profondità estreme), sviluppate da Jamieson, che vengono poste sul fondo dell'oceano e svolgono una serie di compiti di monitoraggio e campionamento.

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    "I risultati sono stati immediati e sorprendenti, ha affermato Jamieson. Questa è una scoperta molto preoccupante. L'isolamento delle fibre di plastica dagli animali da una profondità di quasi 11 chilometri mostra l'estensione del problema. Pensiamo ancora all'oceano profondo come a un regno remoto e incontaminato, al sicuro dall'impatto umano, ma la nostra ricerca mostra che, purtroppo, questo non è vero".

    In definitiva, il degrado e la frammentazione della plastica si tradurrà in un affondamento del materiale negli habitat sottostanti, dove le opportunità di dispersione diventano sempre più limitate: "Gli organismi delle acque profonde, ha ribadito Jamieson, dipendono dal cibo che cade dalla superficie e che a sua volta porta con esso componenti negativi, come plastica e sostanze inquinanti. Il mare profondo non è solo l'ultimo posto per qualsiasi materiale che discenda dalla superficie, ma è abitato da organismi ben adattati a un ambiente a basso contenuto alimentare e che spesso mangiano qualsiasi cosa".

    Le scoperte del team sono st...

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    Last Post by Filippo Foti il 26 Sep. 2018
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  9. La biodiversità potrebbe rivelarsi il problema determinante della nostra epoca.

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    Natura
    By Filippo Foti il 29 Sep. 2018
    +1   -1    0 Comments   49 Views
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    Il cambiamento climatico antropogenetico e la perdita di biodiversità stanno pericolosamente convergendo.


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    Quando alcuni marinai europei nel 1845 scoprirono i ratti sulla minuscola isola di Bramble Cay, un minuscolo puntino di terra nella Grande Barriera Corallina, si divertirono a colpirli con archi e frecce. Allora, c'erano diverse dozzine di topi sull'isola, all'estremità settentrionale della Grande Barriera Corallina, dove vivevano un'esistenza solitaria. Questi piccoli animali appartenevano alla famiglia dei Muridi, una specie endemica dell'isola nello "Torres Strait", tra l'Australia e la Nuova Guinea. Questa famiglia oggi comprende 100 generi distribuiti nelle zone temperate e tropicali e i ratti e i topi, che ben conosciamo, ne sono i più tipici esempi.

    Si stima che nel 1978, sulla piccola isola, ce ne fossero poco meno di un migliaio, poi sono stati visti per l'ultima volta nel 2009 e, dopo una lunga ricerca dell'animale nel 2014, un rapporto ha raccomandato di cambiare il suo stato da "in pericolo di estinzione" a "estinti". L'indagine è stata condotta da Ian Gynther del Dipartimento dell'Ambiente e della Tutela del Patrimonio del Queenslan in collaborazione con la locale Università pubblica, una istituzione ad alta intensità di ricerca collocata tra le prime 50 università di tutto il mondo.

    Gynther, che si è avvalso della collaborazione di Luke Leung e Natalie Waller, nel 2011, ha infatti fatto predisporre 150 trappole sull'isola per sei notti e due volte nel 2014 per catturare il piccolo roditore e avviare un programma di riproduzione in cattività per salvarlo dall'estinzione. Ma ormai era troppo tardi: non riuscivano a trovare alcuna traccia dell'animale. C'è comunque una piccola possibilità che una popolazione ancora sconosciuta possa sopravvivere in Papua Nuova Guinea ma gli scienziati hanno giudicato che quella specie è quasi certamente estinta.

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    Ian Gynther


    DAI PINGUINI IN ANTARTIDE, ALLE FARFALLE IN SPAGNA, AI RODITORI E AI CORALLI NELLA GRANDE BARRIERA CORALLINA, MENTRE IL MONDO SI SCALDA, QUESTE SPECIE STANNO SCOMPARENDO.



    Nel mese di giugno del 2016, gli scienziati dell'Università del Queensland, hanno affermato che la "causa principale" dell'estinzione è stato il cambiamento climatico antropogenetico, cioè causato dall'uomo. Come risultato dell'innalzamento dei mari, l'isola è stata inondata i...

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    Last Post by Filippo Foti il 29 Sep. 2018
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