PROFUMODIMARE: TERRA, MARE, NATURA, CAMBIAMENTO CLIMATICO, BIODIVERSITÀ, TRANSIZIONE ECOLOGICA

Profumo di mare: Terra, mare, natura, cambiamento climatico, biodiversità, transizione ecologica


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DISCUSSIONI RECENTI

 




  1. È ormai imminente l'uso dell'elettricità anche per governare le eliche delle navi.

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    Mare a 360°
    Storie
    By Filippo Foti il 9 Feb. 2021
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    Mentre l’Europa si è fermata durante il primo blocco del Covid-19, i media hanno iniziato ad informare le persone, molto più di quanto non l’avessero fatto prima, di una riduzione dell’inquinamento nelle aree urbane e, solo successivamente, anche degli effetti positivi degli oceani e dei corsi d’acqua.


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    La nave totalmente elettrica "Yangtze River Three Gorges 1", un ennesimo gioiello della tecnologia cinese.


    Con le navi da crociera in banchina ed una generale riduzione del traffico marittimo, i mari e i fiumi non solo sono stati meno inquinati dalle emissioni dei motori a combustibili fossili, ma anche meno disturbati dal traffico marittimo, con conseguente minore abbandono dei sedimenti nel fondale marino e con il risultato di avere acque più limpide. Ciò ha permesso alla luce del sole di raggiungere la vita vegetale sottomarina, vitale per la catena alimentare acquatica. Il Copernicus Sentinel-2 dell’Esa ha catturato immagini di acque limpide come non sono state mai viste da decenni.

    La “United Nations Conference on Trade and Development”, ovvero la (Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo), il principale organo sussidiario permanente dell'Organizzazione delle Nazioni Unite operante nei settori del commercio, sviluppo, finanza, tecnologia, imprenditoria e sviluppo sostenibile, in un suo recente rapporto, ha riferito che tutte le navi cargo, di qualsiasi forma e dimensione, trasportano circa l'80% delle merci mondiali. E il trasporto attraverso gli oceani continuerà ad aumentare nei prossimi anni, del

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    Last Post by Filippo Foti il 9 Feb. 2021
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  2. Ambiente e transizione ecologica

    La transizione ecologica consiste nell'attuazione del concetto di sviluppo sostenibile. Il futuro della natura, il nostro futuro, è nelle mani di una società globale che deve trovare l'equilibrio con la natura.


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    Di fronte ad una crisi ecologica, ai cambiamenti climatici e all'esaurimento delle risorse naturali, si stanno sviluppando alternative per garantire la resilienza della nostra società. La transizione ecologica è un movimento di iniziative che cercano di garantire la resilienza di una comunità, vale a dire la sua capacità di continuare a funzionare nonostante la crisi economica e i puntuali disastri.

    Il primo a teorizzare il concetto di "transizione ecologica" nel 2005 è stato l'insegnante britannico Rob Hopkins, co-fondatore del movimento delle Transition Towns, insieme a Naresh Giangrande, molto attivo nell'educazione allo sviluppo sostenibile. Transition Town Totnes (TTT) è un ente di beneficenza locale gestito dalla comunità che esiste per rafforzare l'economia locale, ridurre il nostro impatto ambientale e costruire la nostra resilienza per un futuro con meno energia a basso costo e un clima che cambia, rappresenta la prima Città di Transizione. Iniziative di Transition Town sono iniziate nel 2006 e Totnes, un centro del sud del Devon nel sud-ovest dell'Inghilterra, è stata una delle prime città a dichiararsi in transizione. Sulla base di esperimenti volti a perseguire l'autonomia e la resilienza locale, Rob Hopkins ha sviluppato una serie di principi e pratiche che ha esposto nel suo libro "The Transition Handbook: From Oil Dependency to Local Resilience", (Manuale di transizione: dalla dipendenza dal petrolio alla resilienza locale) pubblicato nel 2008.

    Partendo da città disposte ad affrontare i cambiamenti climatici e il picco del petrolio, il concetto di transizione ecologica si è progressivamente diffuso in diversi ambiti economici e sociali. La transizione ecologica si riferisce

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    Last Post by renatoponzzo il 24 Feb. 2021
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  3. Come va il destino degli oceani, così va il nostro. 'A brave news ocean' per un punto di svolta.

    Reinventare il nostro rapporto con gli oceani è questa la rivoluzione che il decennio degli oceani (2020-2021) desidera portare avanti con l’ONU. Occorre l'inclusività per raggiungere l'oceano che vogliamo nel 2030, ovvero la tendenza ad estendere a quanti più soggetti possibili il godimento di un bene prezioso.


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    Coraggiosi amanti degli oceani, tra i protagonisti di "A brave news ocean", insomma 'braves' come si vuole che sia il nuovo pianeta blu.

    Secondo l'UNESCO l'Ocean Decade (2021-2030) fornirà alle nazioni un'opportunità unica nella vita di lavorare insieme per dare alla scienza globale di oceani e mari il “nuovo coraggio” che serve per sostenere lo sviluppo sostenibile del nostro oceano globale condiviso. Gli oceani possono sembrare vasti, indomabili e “brave” come, seppure con molta enfasi e come leggeremo tra poco (The brave news ocean), l’ONU attribuisce questo termine agli oceani trattandoli alla stregua di un’entità definita da molti vivente.

    Paragonare gli oceani ad esseri senzienti potrebbe sembrare eccessivo, ma invece non lo è! Eppure l'umanità ha trovato il modo per diffondere la sua influenza su di loro. Nuove scoperte mostrano che gli oceani del mondo sono sempre più insultati da sporcizie di ogni genere, numerosissime movimentazioni con infrastrutture umane fisse e mobili.

    L'area di copertura delle attività umane è così ampia che l'impronta delle nostre infrastrutture oceaniche è equivalente all'impronta delle città sulla terraferma ed è destinata a crescere nei prossimi decenni, creando un quanto mai bizzarro mondo acquatico nella vita reale.

    L’espansione umana verso il mare offre alcuni vantaggi per gli ecosistemi naturali, ma il messaggio che perviene dalla sostenibilità è chiaro: il mondo deve essere programmato o ci sarà il rischio di un ulteriore giro di vite sopra i mari.

    Recenti ricerche, le prime nel loro genere, sono riuscite a mappare l'impronta dell'umanità su oceani e mari. I ricercatori hanno mappato una serie di attività umane che si svolgono sia in prossimità delle coste che in mare aperto, tra cui piattaforme petrolifere, oleodotti, cavi, allevamenti ittici, porti e parchi eolici offshore. I risultati mostrano che 12.355 miglia quadrate (32.000 chilometri quadrati) di fondale marino - un'area delle dimensioni come la Catalogna la regione autonoma della Spagna - sono state colonizzate direttamente dalle attività umane e dalle infrastrutture. Ma quell'impronta fisica racconta solo una parte della storia. Nel complesso, fino a 1,3 milioni di miglia quadrate (3,4 milioni di chilometri quadrati) di paesaggi marini sono stati influenzati dalle attività umane.

    L'impronta complessiva delle infrastrutture umane nell'oceano rappresenta l'1,5% di tutte le zone o aree economiche esclusive che si trovano generalmente entro 230 miglia (370 chilometri) dalle coste dei paesi. Quell'impronta è alla pari con la quantità di terra sulla Terra “consegnata”

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    Last Post by Filippo Foti il 26 Feb. 2021
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