PROFUMODIMARE: TERRA, MARE, NATURA, CAMBIAMENTO CLIMATICO, BIODIVERSITÀ, TRANSIZIONE ECOLOGICA

Profumo di mare: Terra, mare, natura, cambiamento climatico, biodiversità, transizione ecologica


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DISCUSSIONI RECENTI

 






  1. Balene e cambiamento climatico.
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    Grandi rischi per le specie più grandi degli oceani. Quando si tratta di salvare il pianeta una balena, nella sua vita, vale migliaia di alberi assorbendo circa 33 tonnellate di carbonio.


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    Il cambiamento climatico, causato soprattuto dall'attività dell'uomo, sta avendo un impatto sugli ecosistemi oceanici e comporta molte sfide per una varietà di specie marine, comprese le balene. Com'è noto, il carbonio si combina con l'ossigeno per produrre anidride carbonica (CO2) e talvolta è usato come ripiego per riferirsi alla CO2. Gli impatti del cambiamento climatico si stanno intensificando a livello globale, influenzando in modo significativo la vita marina e gli ecosistemi. Stiamo già assistendo a cambiamenti ambientali, tra cui il riscaldamento degli oceani, l'innalzamento dei mari, l'acidificazione degli oceani e un aumento della frequenza e dell'intensità degli eventi meteorologici estremi. I modelli di distribuzione di molte specie marine stanno cambiando a causa di queste mutevoli condizioni oceanografiche.

    Il cambiamento climatico è considerato, ad esempio, una delle minacce più significative per le balene franche (derivazione storica: giuste da cacciare) del Pacifico presso il loro habitat più settentrionale e del Nord-Atlantico, e sono una delle specie più rare di grandi dimensioni. Si nutrono di zooplancton, ma la variabilità della copertura del ghiaccio marino dovuto al riscaldamento delle temperature oceaniche influenzando la distribuzione e la disponibilità, determina dove e quando si può trovare il prezioso foraggiamento, la cui mancanza porta a stress nutrizionale e riduzione della loro riproduzione.

    Stessa cosa per le balene beluga costrette a migrare. Quando ciò accade, i beluga possono soffrire di mancanza di prede ed essere più vulnerabili ai predatori. Nei casi più gravi, possono non trovare accesso alle aree in superficie per potere respirare a causa della copertura del ghiaccio marino. Anche il comportamento di foraggiamento dei Beluga è cambiato a causa dell'alterata distribuzione delle prede dovuta al riscaldamento degli oceani. I beluga devono immergersi più a lungo, più in profondità e più frequentemente per trovare cibo. L'aumento dello stress,

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    Last Post by Filippo Foti il 22 Feb. 2022
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  2. Il metano nell'atmosfera ha raggiunto livelli record nel 2021

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    L'aumento dell'attività nelle zone umide e gli sfiati prodotti dalle compagnie petrolifere e del gas hanno fatto sì che la concentrazione di metano nell'atmosfera raggiunga livelli record.


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    Secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) degli Stati Uniti, le concentrazioni di metano nell'atmosfera
    hanno raggiunto il record di 1.900 parti per miliardo nel 2021, un numero che è quasi tre volte i livelli preindustriali.



    Il metano è un gas serra che è almeno 28 volte più potente dell'anidride carbonica e le emissioni sono in preoccupante aumento dal 2007, contribuendo ed esacerbando gli effetti del cambiamento climatico. Il marcato aumento è evidente dai recenti dati diffusi dalla NOAA a gennaio scorso, con alcuni che temono che il riscaldamento globale rischi di creare un meccanismo di feedback, ovvero il processo per cui l'effetto risultante dell'azione del sistema si riflette sul sistema stesso, che causerà ancora più emissioni di metano rilasciate nell'atmosfera.

    L'aumento dell'attività nelle zone umide e gli sfiati prodotti delle compagnie petrolifere e del gas (nel corso di completamento e manutenzione di pozzi, tubazioni, serbatoi, ecc.), durante il processo produttivo, è responsabile di enormi quantità di gas metano che possono sfociare nell'atmosfera. Ciò, tra l’altro, ha fatto sì che la concentrazione di metano nell'atmosfera stia raggiungendo livelli record. Le zone umide, che coprono il 6% della superficie mondiale e sono punti caldi della biodiversità, sono minacciate dal cambiamento climatico che potrebbe cambiarle per sempre; ma a loro volta a causa dell'accennato meccanismo di feedback, le zone umide possono anche aiutare a mitigare l'impatto del cambiamento climatico.

    Laghi, stagni, lagune, paludi, acquitrini e torbiere rappresentano tutta una varietà di habitat naturali che vengono riuniti sotto la definizione di zone umide. Esse regolano, catturano e immagazzinano i gas serra e alcuni tipi potrebbero essere più efficienti nel catturare il carbonio atmosferico rispetto alle foreste pluviali. La più grande zona umida tropicale del mondo nel “Pantanal”, in Sud America, è anche uno dei più importanti pozzi di carbonio terrestre. Ma, con la deforestazione, gli incendi boschivi, l'edilizia e il drenaggio agricolo, questi preziosi depositi di carbonio vengono degradati con un conseguente aumento delle emissioni di carbonio.

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    Last Post by Filippo Foti il 16 Feb. 2022
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  3. Il cambiamento climatico priverà le creature marine dell'ossigeno prezioso per continuare ad esistere.

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    L'umanità, con l'inarrestabile cambiamento climatico, continua ad accelerare il metabolismo degli organismi marini aumentando la loro richiesta di ossigeno, con conseguenze davvero preoccupanti per gli ecosistemi.



    Quando si parla di cambiamento climatico, ci sono cattive notizie ed anche peggiori. In quest'ultima categoria rientra un nuovo studio in cui alcuni scienziati prevedono che più di due terzi degli oceani del pianeta, entro il 2080, saranno privi di ossigeno a sufficienza a causa dell’aumento delle temperature.

    Quella mancanza di ossigeno decimerà gli stock ittici in tutto il mondo, portando probabilmente a carenze alimentari in molte parti del nostro pianeta. La tendenza si fa già sentire poiché l'aumento della perdita di ossigeno causata dal riscaldamento planetario ha superato una soglia critica nel 2021. Infatti, una deossigenazione significativa e potenzialmente irreversibile delle profondità medie dell'oceano, che supporta gran parte delle specie pescate nel mondo, probabilmente colpirà la pesca in tutto il mondo.

    I risultati sono stati pubblicati sulla rivista "AGU Geophysical Research Letters", che divulga i rapporti ad alto impatto con le implicazioni immediate che abbracciano tutte le scienze della Terra e dello spazio. Secondo il nuovo studio, le profondità medie dell'oceano (da circa 200 a 1.000 metri), chiamate zone mesopelagiche, saranno le prime a perdere quantità significative di ossigeno a causa del cambiamento climatico. Negli oceani, a livello globale, la zona mesopelagica ospita molte delle specie pescate, il che rende la nuova scoperta un potenziale presagio di difficoltà economiche, carenza di pesce e disordini ambientali.

    Map_GlobalLowOxygen


    In scenari ideati da scienziati cinesi nella ricerca che è la prima a utilizzare modelli climatici per prevedere come la deossigenazione (la riduzione del contenuto di ossigeno disciolto nell'acqua oceanica in tutto il mondo al di fuori della sua variabilità naturale), "si prevede che oltre il 72% dell'oceano globale sperimenterà un'emergenza della deossigenazione prima del 2080 per tutte e tre le zone verticali", spiegano i ricercatori.

    LE TRE ZONE VERTICALI

    Dette zone, in base alla distanza dalla costa e sulla quantità di luce che penetra nelle acque oceaniche, sono la zona intertidale (l'habitat di numerosi tipi di piccoli organismi), la neritica (habitat di organismi come cozze, lattughe di mare, isopodi, alghe verdi, chitoni, anemoni e cirripedi) e la oceanica che si estende dal bordo della piattaforma continentale ...

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    Last Post by Filippo Foti il 11 Feb. 2022
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  4. Umani, non smettete mai di stupire!

    Tags
    Mare a 360°
    Natura
    Storie
    By Filippo Foti il 8 Feb. 2022
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    L'intensità con cui i super pescherecci pescano in tutti i mari ed oceani non è compatibile con la sicurezza alimentare e il benessere umano.


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    Sofocle, antico drammaturgo greco.


    Lo sterminio di circa 100.000 pesci al largo delle coste francesi, accende l'indignazione in tutto il mondo per i super pescherecci di alcune aziende leader nella pesca e nella lavorazione delle risorse ittiche che, in barba al rispetto dell'ecosistema marino, fanno proclami di gestire in modo sostenibile il loro pescato. Queste fabbriche ittiche galleggianti possono elaborare ogni giorno pesci della stessa specie e dimensione equivalenti a centinaia di tonnellate, esercitando un'enorme pressione sulle popolazioni ittiche che riducono la capacità di potersi riprendere. Non solo, con un impatto micidiale sui predatori del mare, come i delfini e squali, i cosiddetti dis - umani, non smettendo mai di sorprendere, fondamentalmente li stanno portando alla fame. Il flagello degli oceani, ovvero l'Annelies Ilena ex Atlantic Dawn, di proprietà olandese, è solo una delle tante navi di questo tipo che devastano gli oceani del mondo. Ma c'è di più, il 26 luglio del '21, l'Atlantic Dawn Group con sede a Killybegs, un centro portuale molto importante del Donegal in Irlanda, ha accolto nella flotta peschereccia locale il suo nuovo peschereccio pelagico/coregone di 27 metri, ELLA G.233 sotto nella foto.

    Age

    Annelies_Ilena_650

    Lo skipper del super peschereccio Annelies Ilena, sopra in piccolo nella foto, avvicinato da una pattuglia congiunta del servizio navale e dell'Agenzia per la protezione della pesca marittima il 22 novembre 2013, è stato poi condannato per violazione delle norme di pesca dell'UE dal tribunale irlandese del Donegal.

    Secondo "Food and Agriculture Organization - (FAO)" - (l'Organizzazione per l'Alimentazione e l'Agricoltura) del Bollettino delle statistiche della flotta peschereccia delle Nazioni Unite, nel mondo, ci sono circa 38.400 pescherecci da traino con un dislocamento di 100 tonnellate o superiore che usano reti lunghe oltre un chilometro che si trascinano sui fondali. Sebbene l'A...

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    Last Post by Filippo Foti il 8 Feb. 2022
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  5. La natura nella politica dell'UE

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    Il ripristino della natura su larga scala, basato su principi di rinaturalizzazione, è in Europa e in tutto il mondo uno dei modi migliori per affrontare le attuali emergenze climatiche e di biodiversità.


    Public-health


    Il ruolo dell’Unione Europea nella risoluzione delle non poche problematiche che, al momento, la vedono molto concentrata sull’ambiente, è fondamentale per circa 447,7 milioni di abitanti che insistono su una superficie di 4 milioni di Km2. Uno dei più importanti problemi è quello di costruire un'Europa verde, equa, sociale e ad impatto climatico zero.

    Vitale per la nostra salute, l’ambiente naturale protetto rappresenta un importante punto di riferimento ed un riparo per la nostra economia, che stimola nuovi investimenti e crea altresì nuovi posti di lavoro. Dipendiamo dalla natura per cibo, energia, materie prime, aria e acqua. Ed è anche una preziosa fonte di ispirazione, di conoscenze, una parte importante del nostro patrimonio culturale che alimenta svago e turismo.

    Le coste ed i mari europei sono risorse chiave che contribuiscono in modo significativo all'economia dei Paesi del Mediterraneo e danno un vantaggio competitivo come destinazione turistica attraente. Tuttavia, in quanto mare semichiuso, il Mediterraneo sta diventando sempre più vulnerabile agli impatti delle attività economiche, incluso l’ambiente. È probabile che il cambiamento climatico aggraverà ulteriormente questi effetti.

    Per l’Europa investire in un'economia blu sostenibile - per mantenere il capitale naturale costiero e marino nella strategia di sviluppo della crescita verde dei Paesi, nonché nelle sue risposte di adattamento e mitigazione del clima - diventa pertanto essenziale. La "crescita blu" implica lo sviluppo di politiche integrate che promuovano un quadro ambientale sostenibile. Le innovazioni ambientali possono essere implementate ed esportate, rendendo l'Europa più competitiva e migliorando la qualità della vita dei cittadini europei.

    Un modello di economia blu, è bene ribadirlo, prevede l'uso sostenibile delle risorse marittime per la crescita economica e il miglioramento dei mezzi di sussistenza e dei posti di lavoro, preservando al contempo il capitale naturale degli oceani, dei mari e delle coste. Il modello "Blue Economy" è in prima linea nell'agenda della sostenibilità a livello globale e fa parte del "Green Deal europeo" (Accordo verde europeo), volto ad aiutare i membri dell'Unione a soddisfare i loro bisogni economici mentre affrontano i loro obiettivi di sostenibilità, compreso l'adattamento al cambiamento climatico.

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    Last Post by Filippo Foti il 3 Feb. 2022
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  6. Azioni per il clima dagli anni ’50 al 2021. Seconda parte.

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    Malgrado da oltre 3 decenni si sono succeduti parecchi ammonimenti da parte di uomini di scienza liberi, i "buoni" propositi di ridurre l'emissione antropica di CO2 e di altri gas ad effetto serra che provocano il cambiamento climatico, per adesso sonoalo


    cop_trasp


    Questa pubblicazione segue il primo segmento già proposto qui. Ci occuperemo della COP25/CMP 15/CMA 4 del 2019 che ha visto la inutile partecipazione di più di 26.700 persone, inclusi oltre 13.600 delegati dei governi, quasi 10.000 osservatori e oltre 3.000 membri dei media.

    Dopo il cambio di sede, dovuto alla precaria situazione politica in Cile, all’ultimo momento la Conferenza sul Cambiamento Climatico è stata spostata da Santiago (Cile) a Madrid (Spagna). È stata denominata Cile/Madrid e si è aperta il 2 dicembre con l'aspettativa che i delegati concludessero i negoziati su alcune questioni chiave, tra gli altri, la revisione del meccanismo internazionale di Varsavia sulle perdite e i danni associati agli impatti del cambiamento climatico. Nonostante la conferenza si è conclusa il 15 dicembre dopo quasi 44 ore di straordinario, tutto ciò non si verificherà. Evidenti sono state le disconnessioni - tra le richieste delle persone e della scienza e ciò che il processo avrebbe potuto offrire ai Paesi che vogliono guardare al futuro - e quelle delle nazioni concentrate sul passato.

    ANALISI DELLA CONFERENZA SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI CILE/MADRID

    Era impossibile negare l'atmosfera di delusione che ha seguito i delegati fuori dalla sala plenaria semivuota dopo la chiusura della conferenza Cile/Madrid. Molti hanno potuto solo indicare i risultati sostanzialmente come se avessero vinto "perdite e danni". Altri hanno affermato che nessun risultato, che riguarda i meccanismi per la mitigazione delle emissioni di gas serra, sarebbe stato migliore di uno con grandi lacune, in particolare sull'integrità ambientale. Ma queste conclusioni sono state, sotto tutti gli standard, al di sotto delle aspettative fissate per questo incontro della Conferenza delle Parti, e certamente molto preoccupanti dal punto di vista della prospettiva globale.

    COP25 aveva ambizioni relativamente modeste nel prosieguo

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    Last Post by Filippo Foti il 11 Jan. 2022
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  7. Un resoconto completo dell'azione per il clima dagli anni ’50 al 2021.

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    I tentativi di ridurre le emissioni di carbonio, responsabili del riscaldamento globale che causano il cambiamento climatico, nonostante oltre 30 anni di avvertimenti da parte di scienziati e “sforzi” globali, al momento sono ancora in aumento.


    Txai_Suru

    Txai Suruí, un'attivista indigena brasiliana, alla conferenza delle Nazioni Unite sul clima a Glasgow.


    Note come COP (Conference of the parties - Conferenza delle Parti), dove le "parti" sono i Paesi che partecipano alle conferenze sul clima, nascono a Rio de Janeiro (Brasile) nel 1992, gli ultimi due passeranno alla storia come un fallimento per concretizzare l'ambizione di ridurre gli effetti del cambiamento climatico. In questo primo post faremo un ampio resoconto dell'azione per il clima dagli anni ’50 al decennio 1970. Seguiranno tutti gli eventi dal 1980, fino alla recente e inconcludente XXVI Conferenza delle Parti dell'UNFCCC che si è svolta a Glasgow dal 31 ottobre al 13 novembre 2021. Conosciuta anche come COP26, la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico si è svolta sotto la presidenza del Regno Unito.

    1958 - Premesso che il concetto di effetto serra, il fenomeno naturale che permette al nostro pianeta di mantenere le condizioni necessarie per ospitare la vita, fu proposto per la prima volta nel 1820 dal matematico e fisico francese Joseph Fourier (1768-1830), è stato Charles David Keeling che nel 1958 effettuò la prima lettura delle concentrazioni di anidride carbonica (CO2) atmosferica alle Hawaii e in Antartide. Tuttavia, l'azione umana ascrivibile all'industria, agricoltura e l'allevamento intensive o ai trasporti, ha aumentato la presenza di questi gas nell'atmosfera - principalmente, anidride carbonica e metano a causa della combustione di combustibili fossili come il carbone, petrolio o gas — inducendo la Terra

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    Last Post by Enrico Franco Amoroso il 11 Jan. 2022
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  8. Non siamo in pace con la natura

    Tags
    Coronavirus
    Natura
    Storie
    By Filippo Foti il 27 Dec. 2021
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    Nel nostro mondo altamente incerto, ora c'è solo una certezza: la natura è su tutte le furie, dicendoci che ne ha abbastanza.


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    Gli ultimi due anni devono essere stati il ​​periodo più surreale della nostra vita. Un bel giorno all'inizio del 2020, ci siamo svegliati per renderci conto che un semplice virus ha fermato il nostro mondo. Abbiamo fatto cose incredibili. Abbiamo chiuso tutto, rinchiusi noi stessi, smesso di socializzare, ha reso le maschere una parte del nostro abbigliamento e abbiamo lavorato online. Il nostro mondo è crollato. Abbiamo vissuto l'inferno negli ultimi due anni, vedendo la morte e la disperazione come mai prima d'ora. L'esperienza è stata universale, sia per i ricchi che per i poveri.

    Poi abbiamo pensato che la fine fosse in vista: abbiamo sperato e pregato che il vaccino funzionasse. Esattamente un anno fa, questo miracolo della medicina moderna è arrivato nel nostro mondo. Sembrava chiaro che il peggio era alle nostre spalle. L'unica domanda era se il vaccino avrebbe raggiunto tutto il mondo. Molto è stato detto (non inteso) anche sulla necessità di garantire che tutti fossero vaccinati, altrimenti sarebbe emersa una nuova variante.

    Nella guerra contro la pandemia, è stata una gara tra la vaccinazione e il virus e le sue varianti. "Nessuno è al sicuro finché tutti non sono al sicuro". Questo slogan ci è arrivato come una rassicurazione di una vittoria. Abbiamo sentito queste sottigliezze dai leader mondiali del G7.

    Mentre ci preparavamo per entrare nel nuovo anno, sperando di tornare ai vecchi modi normali, la nuova variante - Omicron - ha colpito il mondo. Se il 2020 è stato l'anno del nuovo coronavirus e il 2021 della sua variante Delta, il 2022 ora rischia di essere quello di Omicron. Non sappiamo quanto sarà grave; sappiamo solo che questa variante è altamente mutata e altamente infettiva: rompe le barriere immunitarie, compreso ciò che abbiamo acquisito dai vaccini. Quindi, ora l'unica opzione è fornire colpi di "richiamo" ai già vaccinati in modo che Omicron diventi meno pericoloso.

    L'Organizzazione Mondiale della Sanità, che fino a poco tempo fa implorava i paesi "ricchi" di non optare per i booster (richiami dei vaccini) dicendo che dovrebbero invece metterli a disposizione delle nazioni più povere per fermare il virus, ora sta urlando "booster, booster, booster". Siamo stanchi. Temiamo che il 2022 sia una ripetizione dell'anno scorso, che abbiamo accolto con la speranza della normalità, ma che poi abbiamo dovuto sopportare un'altra ondata mortale della pandemia.

    La pandemia non è finita, per niente. Nella sua morsa c'è la nostr...

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    Last Post by Filippo Foti il 27 Dec. 2021
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  9. Cambiamento climatico, aumento del livello del mare e precipitazioni estreme in tutto il mondo.

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    La comunità scientifica di esperti ambientali produce numerosi studi per prevedere l'aumento del livello del mare, delle maree, mareggiate e inondazioni costiere e sulla terraferma. Ma le organizzazioni governative internazionali sono sempre inattive nel prendere provvedimenti, (bla bla bla, COP26 docet in attesa dell'apocalisse, ovvero della incipiente sesta estinzione di massa).


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    Il cambiamento climatico minaccia i popoli in tutto il mondo, ma in particolare nei luoghi in cui è prevedibile che le concentrazioni di persone si sovrappongano alla moltitudine dei rischi fisici, ed è probabile che le zone costiere contengano una quota sproporzionata e crescente di tali rischi. L'innalzamento del livello del mare e una maggiore prevalenza di eventi meteorologici aumentano le possibilità di inondazioni, erosione costiera, salinizzazione delle acque sotterranee e altri pericoli nelle basse aree costiere. Le persone, com’è noto, sono più concentrate in dette aree e ci si può aspettare che l'urbanizzazione aumenti questa concentrazione, a meno che i modelli di sviluppo urbano non cambino sostanzialmente.

    La necessità di continuo prelievo di acqua, può anche contribuire alla subsidenza dei terreni, specialmente nei delta dove spesso è già in atto una subsidenza naturale, in particolare nel fondo di un bacino sedimentario marino, laddove i detriti sono porosi e tendono a dirigersi verso il basso. Infatti, riducendosi di volume, tendono a sprofondare sotto l’azione di carichi forti ed estesi, anche aggravati dal cedimento del suolo ove questo si verifichi, dovuti all’attività dell’uomo che aggiunge ed amplifica i rischi associati all'innalzamento del livello del mare e agli eventi meteorologici estremi che sposteranno le coste dell'oceano e degli estuari inondando le pianure, smuovendo le zone umide e alterando l'escursione delle maree nei fiumi e nelle baie. Le mareggiate derivanti da eventi meteorologici più estremi possono aumentare le aree soggette a inondazioni periodiche.

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    Le inondazioni distruggono la biodiversità, le vite, i mezzi di sussistenza, le infrastrutture e altri beni. Possono anche aggravare i rischi per la salute, come il colera. In alcuni luoghi l'acqua stagnante può favorire la riproduzione di zanzare portatrici della malaria. Le ricorrenti inondazioni costiere possono causare impatti frequenti come chiusure di strade, ridotta capacità di drenaggio delle acque piovane e deterioramento delle infrastrutture non progettate per resistere a frequenti inondazioni o esposizione all'acqua salata. Le inondazioni costiere possono anche influire sulla salute umana, ad ese...

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    Last Post by Filippo Foti il 27 Dec. 2021
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  10. Stoccaggio del carbonio nel sottosuolo: C'è chi dice no, chi dice sì, chi dice nì.

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    Uno dei sistemi più discussi per rimuovere l'anidride carbonica dall'atmosfera è pomparla nel sottosuolo. Però, c'è chi dice no, chi dice sì, chi dice nì.


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    C'è chi dice no, chi dice sì, chi dice nì... .


    Nello stoccaggio del carbonio nel sottosuolo l'anidride carbonica può reagire con alcune rocce, convertendo il gas in minerali solidi. Infatti, l’esperimento che più sotto accenneremo è lo studio di come alcuni tipi di rocce, come il granito del mantello terrestre, possono combinarsi con la CO2 per formare minerali di carbonato che, a temperatura ambiente, si presentano come dei solidi bianchi poco solubili in acqua. Tuttavia, gli scienziati devono ancora rispondere a molte domande prima di implementare questa pratica su larga scala. Una di queste, a cui la ricerca deve fornire una risposta, è cosa succede mentre il processo di mineralizzazione del carbonio progredisce. I minerali di nuova formazione ostruiscono i pori della roccia e impediscono un ulteriore ingresso di anidride carbonica (CO2)? O altri minerali romperanno le rocce circostanti, aprendo nuove aree in cui può entrare più anidride carbonica, reagire ed essere immagazzinata?

    Probabilmente i risultati di nuovi studi condotti in laboratorio e presentati lunedì 13 dicembre 2021 alla conferenza dell'American Geophysical Union (AGU), che si è tenuta virtualmente a New Orleans (Los Angeles), dal 13 al 17 dicembre 2021, potrebbero aver risolto il caso. Infatti dalle prove e valutazioni condotte in laboratorio, si è potuto constatare che nel tempo, mentre si verificano intasamenti significativi, si formano anche crepe e la reazione può continuare a procedere in un ciclo autosufficiente. Gli studi sono stati condotti dalla ricercatrice Catalina Sancheth-Roa della “Associate Research Scientist at LDEO - Columbia University”, esperta nel valutare la resistenza e la stabilità meccanica delle rocce in condizioni fisico-chimiche mutevoli e, in particolare, verificare i cambiamenti dei minerali che si verificano a seguito di gradienti di temperatura e pressione nelle faglie e nelle zone fratturate.

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    Infatti, secondo la ricercatrice, la cattura e lo stoccaggio del carbonio sono l'unica tecnologia in grado di ridurre le concentrazioni atmosferiche di CO2 che portano al cambiamento climatico, convinta

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    Last Post by Filippo Foti il 24 Dec. 2021
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